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Legami doppi e tripli

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La rappresentazione di molte molecole tramite la struttura di Lewis che si basa sulla regola dell’ottetto non appare possibile se si costruiscono solo legami semplici.

La regola dell’ottetto non viene quindi soddisfatta se ogni coppia di atomi legati tra loro condivide due soli elettroni.

Ad esempio consideriamo la molecola di etene C2H4 costituita da due atomi di carbonio e da quattro atomi di idrogeno. Ogni atomo di carbonio ha quattro elettroni di legame e ogni atomo di idrogeno ha un solo elettrone di legame pertanto vi sono: (2 ∙ 4) + (4 ∙ 1) = 12 elettroni di legame.

La rappresentazione della molecola di etene, rispettando la regola dell’ottetto e considerando che tra gli atomi siano presenti solo legami semplici è la seguente:

formula sbagliata etene

Appare tuttavia evidente che tale struttura è da scartare in quanto sono presenti 14 elettroni.

Peraltro la struttura che presenta 12 elettroni potrebbe essere quella rappresentata in figura:

ottetto non rispettato

Anche questa formula è tuttavia da scartare in quanto non rispetta la regola dell’ottetto.

La struttura dell’etene che invece rispetta sia la regola dell’ottetto che il numero di elettroni di legame è quella in cui è presente un doppio legame carbonio-carbonio

etene

Ragionamento analogo può essere fatto con l’etino C2H2 in cui sono presenti (2 ∙ 4) + (2 ∙ 1) = 10 elettroni di legame per il quale l’unica struttura rispetta sia la regola dell’ottetto che in numero di elettroni di legame è quella in cui è presente un triplo legame carbonio-carbonio

etino

Secondo la teoria del legame di valenza i legami multipli si formano dalla sovrapposizione di più di un orbitale atomico. Il secondo, così come l’eventuale terzo legame, si forma dalla sovrapposizione di orbitali non ibridati tramite la formazione di un legame π.

Sia il doppio che il triplo legame possono essere spiegati in termini di orbitali ibridi.

Nel caso dell’etene ogni atomo di carbonio ha tre ibridi sp2 e un orbitale p. I tre orbitali ibridi si dispongono planarmente secondo un angolo di 120° e l’orbitale p perpendicolarmente al piano.

Dalla sovrapposizione di due orbitali ibridi sp2 si forma un legame di tipo σ tra i due atomi di carbonio mentre dalla sovrapposizione dei due orbitali p si forma un legame di tipo π.

Nel caso dell’etino ciascun atomo di carbonio ha due orbitali ibridi sp che sono disposti linearmente secondo un angolo di 180°.

Gli orbitali p si trovano perpendicolari all’asse y e all’asse z. Dalla sovrapposizione di due legami ibridi si forma un legame di tipo σ mentre dalla sovrapposizione dei due orbitali py e dei due orbitali pz si formano due legami di tipo π.

Dai valori dell’entalpia di legame ovvero dell’energia necessaria a rompere il legame tra due atomi si ricava che il triplo legame ha l’entalpia maggiore rispetto al doppio legame ed infine al legame semplice quindi il triplo legame è quello più forte mentre il legame singolo è quello più debole.

Per quanto attiene la lunghezza di legame essa diminuisce all’aumentare dei legami: ad esempio la lunghezza di un legame C-C è di 154 pm, quella di un legame C=C è di 134 pm mentre quella di un legame C≡C è di 120 pm.

I doppi legami non sono presenti solo tra due atomi di carbonio ma sono presenti in numerosi composti: da quello più semplice in O2 a quelli presenti tra gli altri nel gruppo carbonilico, imminico e negli azocomposti.

Analogamente il triplo legame è presente in molecole semplici come N2  e CO ma anche, ad esempio, nei cianuri e isocianuri.


Solfuri inorganici

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Il solfuro è rappresentato dall’anione S2- in cui lo zolfo presenta il suo numero di ossidazione più basso -2.

Molti solfuri sono agenti riducenti e pertanto reagiscono con agenti ossidanti, compresi ossidi, acidi inorganici, perossidi organici ed epossidi

Essi reagiscono con l’ossigeno ad elevate temperature per dare specie in cui lo zolfo ha numero di ossidazione maggiore come il biossido di zolfo. Ad esempio lo zinco reagisce con l’ossigeno per dare ossido di zinco e biossido di zolfo secondo la reazione:

ZnS(s)+ O2(g)→ ZnO(s) + SO2(g)

I solfuri reagiscono con gli alogeni, ad eccezione del fluoro, per dare zolfo e un alogenuro metallico secondo la reazione:

8 MgS + 8 I2 → S8+ 8 MgI2

Metodi di preparazione

I solfuri metallici possono essere ottenuti tramite varie metodologie:

  • Reazione tra gli elementi:

Be + S → BeS

CaO + H2S → CaS + H2O

  • Reazione tra un carbonato metallico e solfuro di idrogeno:

Li2CO3 + H2S → Li2S + H2O + CO2

  • Riduzione di un solfuro con un metallo ad alto numero di ossidazione con un idruro:

2 Ce2S3 + 2 CeH3 → 6 CeS + 3 H2

  • Reazione tra un idruro e solfuro di idrogeno:

2 UH3 + 4 H2S → 2 US2 + 7 H2

  • Riduzione di un solfato

BaSO4 + 4 C → BaS + 4 CO

  • Reazione tra un alogenuro metallico e solfuro di idrogeno:

2 LaCl3 + 3 H2S → La2S3 + 6 HCl

Molti solfuri sono sali poco solubili come, ad esempio CdS, CoS, CuS, FeS, PbS, MnS, HgS, NiS, Ag2S e ZnS.

I solfuri sono basi forti a seguito dell’idrolisi dello ione solfuro secondo gli equilibri:

S2- + H2O ⇌ HS+ OH

HS + H2O ⇌ H2S + OH

La solubilità dei solfuri metallici poco solubili è influenzata dal pH infatti aumenta al diminuire del pH ovvero all’aumentare della concentrazione dello ione H+

Legame C-glicosidico

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Il legame glicosidico è un legame covalente che si forma tra un carboidrato e un’altra molecola che può essere anch’essa un carboidrato o una molecola diversa.

Il carboidrato come ad esempio un monosaccaride reagisce nella sua forma semiacetalica  che si forma a seguito della ciclizzazione dello stesso: il monosaccaride contiene infatti un gruppo aldeidico e più gruppi alcolici.

Si ha quindi una reazione di ciclizzazione con formazione di un anello in cui è presente un carbonio anomerico come si può vedere in figura dove è rappresentata la ciclizzazione del glucosio

glucosio

Il legame glicosidico detto C-glicosidico si può quindi formare dalla condensazione tra il gruppo –OH del carbonio 1 di una unità con il carbonio 4 dell’altra unità con eliminazione di una molecola di acqua e formazione di un legame 1,4 glicosidico.

Vi sono tuttavia due tipi di legame 1,4 glicosidico ovvero il legame α-1,4 glicosidico e il legame β-1,4 glicosidico a seconda se la prima molecola di carboidrato è in forma α o in forma β.

Ad esempio dalla condensazione di due molecole di α-D-glucosio si forma il maltosio in cui è presente un legame α-1,4 glicosidico

maltosio

Invece dalla condensazione del β-D-galattosio con l’α-D-glucosio si forma il lattosio in cui è presente un legame β-1,4 glicosidico

lattosio

Analogamente al legame 1,4-glicosidico i carboidrati possono legarsi per formare un legame 1,6-glicosidico in cui il carbonio 1 di un’unità si lega al carbonio 6 di un’altra unità.

Ad esempio l’amilopectina, polimero ramificato del glucosio che è uno dei componenti dell’amido è costituito da unità legate in modo lineare per mezzo di legami α-1,4 glicosidici e ramificazioni di tipo α-1,6 glicosidico.

amilopectina

Eliminazione riduttiva

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L’eliminazione riduttiva è, insieme all’addizione ossidativa, una importante reazione della chimica dei complessi.

Nella eliminazione riduttiva il metallo diminuisce di due unità sia il suo numero di ossidazione che il suo numero di coordinazione ed in tal caso si ha una reazione mononucleare mentre nel caso di reazione binucleare dove sono presenti due metalli ciascuno di essi diminuisce di una unità sia il suo stato di ossidazione formale che il suo numero di coordinazione

eliminazione riduttiva

Affinché si abbia una eliminazione riduttiva i due gruppi che si allontanano spontaneamente dal centro metallico devono trovarsi in cis.

Tale comportamento è stato dimostrato partendo da complessi che presentavano i gruppi sia in cis che in trans; nell’ultimo caso non è stata osservata l’eliminazione riduttiva.

Un esempio di eliminazione riduttiva in cui il rodio passa da numero di ossidazione +3 a numero di ossidazione +1 è illustrato in figura

complessi del rodio

Si noti che il cloro passa da una posizione assiale a una posizione equatoriale

I fattori che influenzano l’eliminazione riduttiva sono:

  • Tipo del metallo e densità elettronica
  • Presenza di gruppi ingombranti
  • Tipo di leganti
  • Numero di coordinazione
  • Geometria molecolare

I complessi dei metalli di transizione del 4° Periodo tendono a dare una reazione di eliminazione riduttiva più velocemente rispetto a quelli del 5° Periodo e ancor più rispetto a quelli del 6° Periodo a causa della forza di legame metallo-legante che per i metalli del 4° Periodo è minore rispetto a quella dei metalli del 5° e del 6° Periodo.

L’eliminazione riduttiva avviene più velocemente quando al metallo sono legati gruppi stericamente impediti.

La reazione di eliminazione riduttiva viene utilizzata in molti processi industriali tra cui il processo Monsanto che costituisce un metodo per la sintesi dell’acido acetico a partire da monossido di carbonio e metanolo in cui viene usato il cis-[Rh(CO)2I2] quale catalizzatore.

 

Processo Monsanto

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Il processo Monsanto è un metodo industriale per sintetizzare l’acido acetico a partire da metanolo e monossido di carbonio.

Un metodo analogo fu approntato per la prima volta dalla BASF nel 1960 partendo da metanolo e monossido di carbonio in presenza di un catalizzatore a base di cobalto e ioduro alla temperatura di 300°C e alla pressione di 700 atm.

Fu solo nel 1966 che nella Monsanto utilizzando gli stessi reagenti ma un nuovo catalizzatore a base di rodio e ioduro fu prodotto acido acetico in condizioni più blande ovvero alla temperatura di 150-200°C e alla pressione di 30-60 atm.

La produzione industriale iniziò nel 1970 e la reazione di carbonilazione dell’alcol, che venne denominata Monsanto Acetic Acid Process, può essere schematizzata come:

CH3OH + CO → CH3COOH

Nel primo stadio della reazione si deve ottenere lo ioduro di metile che viene generato in situ dalla reazione tra il metanolo e l’acido iodidrico:

CH3OH + HI → CH3I + H2O

Nel secondo stadio, che costituisce lo stadio lento della reazione lo ioduro di metile si addizione al catalizzatore costituito da un complesso di rodio (I) tramite un’addizione ossidativa con formazione di un complesso ottaedrico in cui il rodio ha numero di ossidazione +3 che presenta, come ulteriori leganti lo iodio e il gruppo metilico.

Nel terzo stadio avviene l’inserimento del gruppo carbonilico tra il gruppo –CH3 e il metallo

Nel quarto stadio si addizione al complesso il monossido di carbonio ed infine tramite una eliminazione riduttivasi forma il complesso di partenza e lo ioduro di acetile

processo monsanto

La formazione dell’acido acetico è dovuta ai seguenti processi:

  • Reazione dello ioduro di acetile con l’acqua

CH3COI + H2O → CH3COOH + HI

  • Reazione dello ioduro di acetile con il metanolo:

CH3COI + CH3OH → CH3COOH + CH3I

Il processo Monsanto è particolarmente vantaggioso in quanto i sottoprodotti di reazione sono modesti e la purificazione del prodotto è quindi molto semplice. Il processo utilizza poca energia ed ha un rendimento molto alto, avviene a velocità elevata ed inoltre il catalizzatore utilizzato ha una elevata durata.

Xilitolo

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Lo xilitolo è un solido cristallino bianco o incolore noto come zucchero del legno essendo estratto prevalentemente da alcuni alberi ed in particolare dalla betulla.

Esso è un alditolo la cui molecola contiene cinque atomi di carbonio e cinque gruppi -OH

struttura xilitolo

Sebbene fosse conosciuto fin dalla fine del XIX secolo si riuscì ad ottenere un prodotto purificato solo nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

Può essere ottenuto per idrogenazione dello xilosio usando quale catalizzatore il ruteniosupportato da biossido di titanio

xilosio

Viene usato come additivo alimentare con la sigla E967 ed è contenuto soprattutto nelle gomme da masticare, nelle caramelle ma è presente anche nei dentifrici, prodotti farmaceutici, cosmetici e prodotti per l’igiene personale.

Lo xilitolo ha quasi la stessa dolcezza del saccarosio e viene usato al suo posto in quanto apporta 2.4 kcal/g rispetto al valore di circa 4 kcal/g del saccarosio.

Il valore calorico di xilitolo è di circa 2,4  kcal / grammo (rispetto al valore di quasi 4 kcal / grammo per saccarosio). 

L’indice glicemico dello xilitolo è circa sette rispetto al valore di 100 del D-glucosio e al valore di circa 70 del saccarosio.

Ha inoltre la capacità di proteggere le strutture proteiche dagli effetti denaturanti e di rafforzare le interazioni idrofobiche delle proteine.

Ha un’alta solubilità, è poco reattivo e non ha capacità riducenti e quindi non reagisce con altri ingredienti nella matrice alimentare in cui è presente.

È molto stabile al calore, agli ambienti sia acidi che alcalini e riduce la cristallizzazione degli zuccheri eventualmente presenti.

Lo xilitolo è usato nei dentifrici e nella gomma da masticare per la sua comprovata natura non cariogenica e perché previene o riduce l’incidenza di nuova carie.

A differenza del saccarosio, lo xilitolo non può essere decomposto dai batteri presenti nel cavo orale e pertanto non può costituire una fonte energetica per questi ultimi.

ATP ed energia cellulare

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Uno dei più importanti composti che costituisce il collegamento chimico fra catabolismo e anabolismo è l’ATP che è il principale trasportatore di energia dalle reazioni esoergoniche a quelle endoergoniche.

Il nome ATP è l’abbreviazione della denominazione adenosintrifosfato: tale molecola è costituita dalla base azotata adenina, legata allo zucchero ribosio, al quale, a sua volta, sono legati in sequenza tre gruppi fosfato

ATP

Grazie all’azione di un gruppo di enzimi denominati ATP-asi che catalizzano l’idrolisi dell’ATP ad ADP e fosfato, si ha liberazione di energia.

Questa reazione, fortemente esoergonica, è generalmente accoppiata con un altro processo intracellulare, in modo che l’energia libera rilasciata è usata per fornire forza motrice per una reazione endoergonica.

L’ATP e i suoi prodotti di idrolisi ovvero ADP e AMP sono dei nucleotidi costituiti da adenina, ribosio e 3,2 o 1 gruppo fosfato rispettivamente.

La variazione dell’energia libera standard di Gibbs associata all’idrolisi dell’ATP in ADP che avviene secondo la reazione:
ATP → ADP + Pi

è pari a ΔG° = – 7.3 kcal/mol

L’energia libera standard di Gibbs associata all’idrolisi dell’ATP in AMP che avviene secondo la reazione:
ATP → AMP + PPi

è pari a ΔG° = – 7.7 kcal/mol.

Questo valore è di poco superiore, in valore assoluto, rispetto a quello dell’idrolisi dell’ATP in ADP. Il gruppo pirofosfato PPi, grazie all’enzima pirofosfatasi viene a sua volta idrolizzato per dare due gruppi ortofosfato Pi secondo la reazione:

PPi + H2O → 2 Pi

La variazione dell’energia libera standard di Gibbs associata a questa reazione è di – 6.9 kcal/mol. Pertanto la reazione complessiva ha una variazione di energia libera pari a – 6.9 – 7.7 = – 14.6 kcal/mol

I legami ad alta energia presenti nell’ATP sono in realtà legami piuttosto instabili pertanto l’energia dell’ATP viene prontamente rilasciata quando viene idrolizzato nelle reazioni cellulari. 

L’ATP è prodotto come risultato di numerosi processi cellulari, tra cui la fermentazione, la respirazione e la fotosintesi. Più comunemente le cellule usano l’ADP come una molecola precursore e quindi aggiungono un fosforo ad esso. Negli eucarioti ciò può avvenire sia nella porzione solubile del citoplasma (citosol) che in speciali strutture produttrici di energia chiamate mitocondri

La maggior parte dell’ATP viene ottenuta grazie all’ADP è dovuta all’azione dell’ATP-sintasi che, trasportando ioni H+ tra due settori sfruttando il gradiente protonico generato dalla dalla catena di trasporto degli elettroni che catalizza la reazione:
ADP + P+ H+est→ ATP + H2O + H+int

Glicosidi

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I glicosidi sono composti organici, abitualmente di origine vegetale, contenenti una parte zuccherina detta glicone costituita da una o più unità di monosaccaridi e da una parte non zuccherina detta aglicone.

In particolare se il glicone è una molecola di glucosio allora si parlerà di glucoside mentre se la molecola di zucchero è rappresentata da un fruttosio, si ha un fruttoside.

Un esempio è costituito dal metil glucoside quando una soluzione di glucosio viene fatta reagire a caldo e in presenza di HCl con il metanolo:

metil glucoside

I glicosidi vengono utilizzati sia in campo farmaceutico che quali additivi alimentari.

A seconda che il legame glicosidico si trova sopra o sotto il piano della molecola ciclica dello zucchero, i glicosidi sono classificati come α-glicosidi o β-glicosidi.

I glicosidi possono essere classificati sulla base dell’atomo dell’aglicone coinvolto nel legame glicosidico:

Ossigeno O-glicosidi
Carbonio C-glicosidi
Zolfo S-glicosidi
Azoto N-glicosidi

I glicosidi possono essere inoltre classificati a seconda della natura chimica dell’aglicone. Pertanto si hanno i glicosidi alcolici, antrachinonici, cumarinici, cianogenetici, flavonoidi, fenolici, steroidei, steviolici, tioglicosidi e saponine.

I glicosidi sono solidi sia di tipo amorfo che cristallino, non volatili, abitualmente di sapore amaro, solubili in acqua e in solventi organici polari e in grado di ridurre il reattivo di Fehling a seguito di idrolisi.

I glicosidi alcolici hanno proprietà analgesiche e antinfiammatorie, quelli antrachinonici sono utilizzati per le loro proprietà lassative; i glicosidi cumarinici sono dotati di particolari fragranze e vengono usati quali aromatizzanti nelle preparazioni farmaceutiche mentre quelli cianogenetici agiscono da antigastrici, antispasmodici e antiemetici.

I glicosidi flavonoidi hanno azione antispastica, diuretica e aumentano la resistenza dei capillari sanguigni, quelli fenolici hanno proprietà antisettiche, quelli steroidei detti anche glicosidi cardiaci vengono usati nel trattamento dello scompenso congestizio cardiaco e in taluni casi di aritmie cardiache.

I glicosidi steviolici sono dotati di un rilevante potere dolcificante e possono essere usati dai diabetici, i tioglicosidi hanno azione deterrente nei confronti degli insetti predatori ed infine le saponine, caratterizzate da un sapore amaro agiscono nelle piante proteggendole da alcuni microrganismi e predatori hanno potere espettorante, antinfiammatorio, tonificante e diuretico.


Carnitina

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La carnitina è un composto di ammonio quaternario che, presentando un centro chirale, può presentarsi nella forma D e nella forma L sebbene nel regno animale esista solo nella forma L.

L-Carnitina

Si presenta in forma zwitterionica e a temperatura ambiente è un solido cristallino bianco solubile in acqua.

Nell’organismo umano la carnitina è sintetizzata nel fegato e nel rene a partire dagli amminoacidi lisina e metionina in presenza dei cofattori ferro, vitamina C, vitamine B1 e B6. 

Il 98% della carnitina presente nell’organismo si trova nel muscolo scheletrico e nel cuore; l’1.6% si trova nel fegato, mentre la restante parte nel liquido extracellulare.

La carnitina fu isolata per la prima volta nel 1905 dall’estratto di carne e fu denominata in questo modo dal latino carnis che significa appunto carne.

Il ruolo della carnitina nei processi metabolici fu chiarito solo nel 1955 e gli studi relativi alla sua carenza furono pubblicati nel 1972.

Il ruolo biologico della carnitina è quello di trasportatore di acidi grassi a catena lunga dal citoplasma cellulare all’interno dei mitocondri in cui subiscono una β-ossidazione venendo utilizzati per la produzione di ATP; l’adenosintrifosfato funge da trasportatore di energia in quanto esso è in grado di sviluppare una notevole quantità di energia quando subisce il distacco di un gruppo fosforico.

La carnitina, che è contenuta oltre che nella carne di manzo, suina, di pecora, di agnello e anche, sia pure in misura ridotta, nei prodotti caseari ha, secondo numerosi studi, effetti benefici per la cura dell’obesità, per il controllo della glicemia e per i suoi effetti antiossidanti. La carnitina infatti neutralizzerebbe i radicali liberi che danneggiano il DNA e il materiale genetico nelle cellule.

Dal punto di vista terapeutico, la L-carnitina può essere utilizzata per stimolare le secrezioni gastriche e pancreatiche e nel trattamento della iperlipoproteinemia, alterazione del metabolismo lipidico che determina un aumento di alcuni o di tutti i tipi di lipidi e/o di lipoproteine nel sangue.

Spesso la carnitina viene assunta quale integratore alimentare soprattutto da parte di chi presenta stagnazione del peso corporeo o un calo di energia durante l’attività sportiva.

Agli effetti dimagranti più o meno dimostrati si aggiungono benefici sull’apparato cardiovascolare, sul sistema nervoso, nella regolazione della tiroide.

Studi di farmacocinetica hanno dimostrato che la L-carnitina viene assorbita nell’intestino tenue mediante una combinazione di trasporto attivo e diffusione passiva. La biodisponibilità dopo somministrazione orale può variare dal 16-18% al 54-87%. L’integrazione orale di L-carnitina a dosi superiori a 2 g non offre tuttavia alcun vantaggio, a causa della saturazione dell’assorbimento della carnitina a questa dose.

Lisina

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La lisina è un α-amminoacido essenziale contenente come tutti gli altri α-amminoacidi un gruppo carbossilico e un gruppo amminico in posizione α; il gruppo laterale, costituito dalla catena (CH2)4NH2, rende l’amminoacido di tipo basico analogamente a quanto avviene per l’arginina e l’istidina.

lisina

La lisina che è un amminoacido solubile in acqua viene sintetizzato dalle piante e dai batteri a partire dall’acido aspartico attraverso vie metaboliche la cui prima reazione è catalizzata dalla aspartatochinasi, un enzima che è presente solo in piante e microrganismi.

La lisina è contenuta nei legumi come ceci, fagioli, fave e lenticchie secche, carne di manzo, agnello, pollo e maiale, nei pesci, latticini e uova.

La lisina contribuisce all’ assorbimento del calcio e a ridurre la quantità di calcio persa nelle urine con conseguente riduzione del rischio di patologie scheletriche come l’osteoporosi.

La lisina fu isolata per la prima volta dal chimico tedesco Heinrich Ferdinand Edmund Drechsel alla fine degli anni ’80 del XIX secolo dalla caseina e fu sintetizzata per la prima volta nel 1902 da Fischer e Weigert a partire dal γ-clorobutirronitrile.

La lisina, assieme alla vitamina C forma la L-carnitina, che permette di trasportare gli acidi grassi all’interno dei mitocondri, dove vengono tramutati in energia. 

La lisina in forma ossidrilata, inoltre, partecipa alla formazione del collagene che è la proteina più importante del tessuto connettivo degli animali.

La lisina è un importante precursore della niacina vitamina nota come B3 o PP la cui carenza provoca la pellagra, patologia diffusa nel nord Italia alla fine del XVIII secolo nelle popolazioni che si nutrivano quasi esclusivamente di polenta, alimento che non contiene lisina.

Secondo alcuni studi la lisina sarebbe indicata nel trattamento degli herpes sebbene il suo meccanismo di azione non è del tutto noto.

Un’altra potenziale funzione della lisina è nel trattamento della depressione e dell’ansia: si ritiene infatti che la carenza di lisina determini un aumento patologico della serotonina responsabile della regolazione emotiva e della risposta allo stress.

La lisina viene commercializzata quale integratore e pertanto ad essa sono associati numerosi benefici tra cui quello di stimolare l’ormone della crescita mentre, molti degli effetti necessitano di studi scientifici effettuati da scienziati indipendenti

 

Esempi di reazioni di decomposizione

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Le reazioni di decomposizione sono spesso endotermiche e possono essere schematizzate dalla reazione generale: AB → A + B.

Spesso nei testi di chimica viene indicato che un determinato composto dà luogo a una reazione di decomposizione ma non sempre, se non si è sufficientemente pratici, si riescono a precedere i prodotti di reazione. Vengono di seguito riportate alcune tipiche reazioni di decomposizione con i rispettivi prodotti di reazione avendo indicato i nomi d’uso piuttosto che i nomi IUPAC. In generale:

  • I clorati di decompongono in sali binari e acqua

Clorato di potassio → cloruro di potassio + ossigeno

2 KClO3 → 2 KCl + 3 O2

 

  • I carbonati si decompongono in ossidi e biossido di carbonio

Carbonato di bario → ossido di bario + biossido di carbonio

BaCO3 → BaO + CO2

 

  • Gli idrossidi si decompongono in ossidi e acqua

Idrossido di zinco → ossido di zinco + acqua

Zn(OH)2 → ZnO + H2O

Idrossido ferrico → ossido ferrico + acqua

2 Fe(OH)3 → Fe2O3 + 3 H2O

 

Acido solforico → anidride solforosa + acqua

H2SO4 → SO3 + H2O

Acido nitrico → ossido nitrico + acqua

2HNO3 → N2O5 + H2O

  • Gli acidi binari si decompongono nei loro elementi

Acido cloridrico → idrogeno + cloro

2HCl → H2+ Cl2

  • I composti binari si decompongono nei loro elementi

Sodio azide → sodio + azoto

2 NaN3 → 2 Na + 3 N2

Acqua → idrogeno + ossigeno

2 H2O → 2 H2 + O2

Ossido di alluminio → alluminio + ossigeno

2 Al2O3 → 4 Al + 3 O2

Ossido di argento → argento + ossigeno

2 Ag2O → 4 Ag + O2

  • I perossidi si decompongono in ossidi e ossigeno

Perossido di sodio → ossido di sodio + ossigeno

2 Na2O2 → 2 Na2O + O2

Perossido di idrogeno → acqua + ossigeno

2 H2O2 → 2 H2O + O2

 

Calcolo della costante di equilibrio

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Una reazione reversibile è una reazione che può procedere da sinistra a destra e da destra a sinistra. Quando la velocità di formazione dei prodotti è uguale alla velocità di formazione dei reagenti la reazione si trova in uno stato di equilibrio dinamico in cui le concentrazioni delle specie sono costanti nel tempo.

Data la reazione:

aA + bB ⇌ cC + dD

in cui a,b,c e d sono i coefficienti stechiometrici delle varie specie la costante relativa a questo equilibrio è data dall’espressione:
K = [C]c[D]d/[A]a[B]b

Il valore della costante può essere ottenuto da dati sperimentali; il caso più semplice è quello in cui si conoscono le concentrazioni o le pressioni di tutte le specie presenti all’equilibrio ma vi sono casi un po’ più complessi in cui la costante può essere ricavata. Gli esercizi spesso possono essere risolti seguendo approcci diversi che ovviamente danno lo stesso risultato

Esercizi

  • Ad una certa temperatura vengono poste, in un recipiente del volume di 10.0 L, 4.0 moli di N2 e 6.0 moli di H2 che reagiscono secondo la reazione di equilibrio N2(g) + 3 H2(g) ⇌ 2 NH3(g). Quando l’equilibrio viene raggiunto le moli di H2 presenti sono pari a 1.0. Determinare la costante di equilibrio della reazione

Poiché il rapporto stechiometrico tra N2 e H2 è di 1:3 l’idrogeno costituisce il reagente limitante occorrendo 4.0 ∙ 3 = 12.0 moli di H2.

Le concentrazioni iniziali sono: [N2] = 4.0 /10.0 = 0.40 M e [H2] = 6.0/10.0 = 0.60 M

All’equilibrio: [N2] = 0.40-x;  [H2] = 0.60-3x; [NH3] = 2x

La concentrazione di H2 all’equilibrio vale: 1.0/10.0 = 0.10 M

Quindi 0.60-3x = 0.10 da cui 0.50 = 3x

Il valore di x è quindi 0.50/3 = 0.17

Possono essere così calcolate le concentrazioni all’equilibrio delle altre specie:

[N2] = 0.40-x = 0.40 – 0.17 = 0.23 M

[NH3] = 2x = 2 ∙ 0.17 = 0.34 M

L’espressione della costante relativa a questo equilibrio è:
K = [NH3]2/[N2][H2]3

Sostituendo in questa espressione i valori ricavati si ottiene:
K = (0.34)2/ (0.23)(0.10)3 = 4.7 ∙ 102

  • Il bromuro di nitrosile si decompone secondo l’equilibrio 2 NOBr(g) ⇌ 2 NO(g) + Br2(g). Calcolare la costante di equilibrio sapendo che dopo aver posto 0.64 moli di bromuro di nitrosile in un recipiente avente volume 1.00 L dopo che si è stabilito l’equilibrio la concentrazione di bromuro di nitrosile è pari a 0.46 M

La concentrazione iniziale di bromuro di nitrosile è pari a 0.64/1.00 L = 0.64 M

All’equilibrio: [NOBr] = 0.64- 2x; [NO]= 2x; [Br2]= x

Poiché la concentrazione di bromuro di nitrosile all’equilibrio è 0.46 M si ha:

[NOBr] = 0.64-2x = 0.46

Da cui 0.18 = 2x e quindi x = 0.09

Possiamo pertanto determinare le concentrazioni delle altre specie all’equilibrio:

[NO]= 2x = 0.18 M; [Br2]= x = 0.090 M

L’espressione della costante relativa a questo equilibrio è:
K = [NO]2[Br2]/[NOBr]2

Sostituendo in questa espressione i valori ricavati si ottiene:
K = (0.18)2(0.090)/(0.46)2 = 0.014

  • Quando 1.00 moli di PCl5 vengono introdotte in un recipiente del volume di 5.00 L a 500 K, dopo che si è stabilito l’equilibrio PCl5(g) ⇌ PCl3(g) +Cl2(g) si trova che si è dissociato il 78.5% di PCl5. Determinare la costante di equilibrio

La concentrazione iniziale di PCl5 è pari a: 1.00/5.00 L = 0.200 M

All’equilibrio [PCl5] = 0.200-x:  [PCl3]=[Cl2] = x

78.5 ∙ 0.200/100= 0.157 è la quantità di PCl5 che si è dissociata quindi [PCl3]=[Cl2] = 0.157 M

[PCl5] = 0.200- 0.157 = 0.043 M

L’espressione della costante relativa a questo equilibrio è:
K = [PCl3][Cl2]/[PCl5]

Sostituendo in questa espressione i valori ricavati si ottiene:
K = (0.157)(0.157)/ 0.043 = 0.573

  • In un recipiente viene introdotto N2O4(g) alla pressione di 0.750 atm e dopo che si è stabilito l’equilibrio N2O4(g) ⇌ 2 NO2(g) la pressione totale è di 0.946 atm. Determinare la costante di equilibrio Kp

All’equilibrio: p(N2O4) = 0.750-x; p (NO2) = 2x

Poiché la pressione totale è data dalla somma delle pressioni parziali ovvero p = p(N2O4) + p(NO2) si ha:

0.946 = 0.750-x +2x

Da cui 0.196 = x

E quindi 2 x = 0.392

p(N2O4) = 0.750-x = 0.750 – 0.196 =0.554 atm

p (NO2) = 2x = 0.392

L’espressione della costante relativa a questo equilibrio è:
Kp = p2 (NO2)/ p(N2O4)

Sostituendo in questa espressione i valori ricavati si ottiene:
Kp = (0.392)2/ 0.554 = 0.277

  • In un recipiente vengono introdotti i gas NO a concentrazione 0.100 M, H2 a concentrazione 0.0500 M e H2O a concentrazione 0.100 M. Dopo che si è stabilito l’equilibrio relativo alla reazione:

2 NO(g) + 2 H2(g) ⇌ N2(g) + 2 H2O(g) la concentrazione di NO è 0.0620 M. Determinare la costante di equilibrio

Non essendo inizialmente presente N2 la reazione decorre verso destra; all’equilibrio: [NO] = 0.100-2x = 0.0620 da cui 0.0380 = 2x e quindi x = 0.0190; [H2] = 0.0500 -2x = 0.0500 – 0.0380 = 0.0120 M; [N2] = x = 0.0190 M; [H2O] = 0.100 + 2x = 0.100 + 0.0380 =0.138 M

L’espressione della costante relativa a questo equilibrio è:
K = [N2] [H2O]2/[NO]2[H2]2

Sostituendo in questa espressione i valori ricavati si ottiene:

K = (0.0190)(0.138)2/(0.0620)2 (0.0120)2 = 6.54 ∙ 102

 

Test per la determinazione di Cr, Mn, Fe, Co, Ni e Cu

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Gli ioni di metalli di transizione aventi configurazione elettronica di tipo 3d possono essere determinati tramite semplici test di tipo qualitativo senza ricorrere alla sistematica dei gruppi che è molto più complessa e richiede tempi piuttosto lunghi sfruttando la diversa colorazione che varia a seconda del numero di ossidazione.

Cromo

I numeri di ossidazione più comuni del cromo sono +3 e +6. Le soluzioni contenenti sali di cromo (III) in presenza di una base danno luogo alla precipitazione dell’idrossido di cromo (III) che si presenta gelatinoso e di colore verde secondo la reazione netta:

Cr3+(aq) + 3 OH(aq)→ Cr(OH)3(s)

L’idrossido di cromo (III) è anfotero e in eccesso di base concentrata si solubilizza secondo la reazione:

Cr(OH)3(s) +  OH(aq → [Cr(OH)4](aq)

dando il complesso tetraidrossocromato (III). Ulteriore conferma della presenza dello ione cromo (III) viene effettuata trattando la soluzione contenente il complesso in ambiente alcalino con perossido di idrogeno che ossida il cromo (III) a cromo (VI) di colore giallo secondo la reazione:

2 [Cr(OH)4](aq)+  2 OH(aq) + 3 H2O2(aq) → 2 CrO42-(aq)+ 8 H2O(l)

Tale determinazione può essere effettuata in assenza degli altri ioni che, danno luogo a reazioni analoghe che interferiscono sulla determinazione del cromo, ad eccezione dello zinco il cui complesso tetraidrossozincato [Zn(OH)4]  è incolore.

Manganese

La maggior parte dei sali dello ione Mn2+ sono incolori o di colore rosa pallido; essi vengono ossidati a permanganato di colore viola da opportuni ossidanti quali, ad esempio lo ione periodato secondo la reazione:

2 Mn2++ 5 IO4 + 3 H2O → 2 MnO4 + 5 IO3 + 6 H+

La reazione è molto sensibile e va effettuata a caldo; la comparsa del colore viola, tipica del permanganato, è indice della presenza di manganese (II)

Ferro

I numeri di ossidazione più stabili del ferro sono +2 e +3. Gli ioni Fe3+ tendono a formare composti colorati con vari agenti. La reazione maggiormente usata per determinare il ferro (III) è quella con il tiocianato a seguito della quale si forma il complesso [Fe(NCS)]2+ di colore rosso sangue:

Fe3+ +  SCN  →  [Fe(NCS)]2+

La reazione utilizzata per la determinazione qualitativa del ferro (II) è quella con il  potassioferricianuro [Fe(CN)6]3- che ossida il ferro (II) a ferro (III) formando ioni ferrocianuro:

[Fe(CN)6]3-  + Fe2+ → [Fe(CN)6]4- + Fe3+

con formazione di una colorazione blu detto blu di Turnbull.

Cobalto

Molti sali del cobalto (II) sono di colore rosa o arancio ma, in solventi organici assumono una colorazione blu. Aggiungendo tiocianato di ammonio in acetone o butanolo si forma il complesso tetracianocobaltato di colore blu secondo la reazione:

Co2+ + 4 SCN → Co(NCS)42-

Nichel

Tra i test per la determinazione del nichel vi è la reazione con la dimetilgliossima con la quale gli ioni Ni2+ formano un complesso insolubile di colore rosa fucsia

nichel dimetilgliossimato

La reazione va condotta aggiungendo alla soluzione contenente nichel (II)  acido tartatico,una soluzione di dimetilgliossima e, lentamente una soluzione di ammoniaca lungo le pareti della provetta.

Rame

La colorazione blu dei sali di rame è visibile in soluzioni concentrate. Per osservare la colorazione in soluzioni diluite può essere aggiunta ammoniaca con la quale il rame (II) forma il complesso tetrammino rame (II) [Cu(NH3)42+] di colore blu secondo la reazione:

Cu2+ + 4 NH3 → [Cu(NH3)42+]

La presenza di nichel (II), tuttavia, interferisce nel saggio in quanto si forma il complesso blu-violetto esammino nichel (II) [Ni(NH3)62+].

Contrariamente al nichel (II) lo ione Cu2+ reagisce con lo ioduro per dare iodio secondo la reazione di disproporzione:

2 Cu2+ + 4 I → 2 CuI + I2

Pertanto nella ricerca del rame, in presenza di nichel la soluzione, dopo l’aggiunta di ammoniaca viene trattata con ioduro. La formazione dello iodio che tende a sublimare dando vapori viola scuro conferma la presenza del rame.

 

Processo Mond

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Nel 1890 il chimico tedesco Ludwig Mond nell’ambito dei suoi studi relativi alla rapida corrosione delle valvole di nichel nel processo Solvay scoprì il nicheltetracarbonile Ni(CO)4.

Questo composto fu il primo complesso metallocarbonilico ottenuto che, a differenza di molti composti del nichel che sono solidi di colore verde, è un liquido incolore tossico e volatile.

Questa scoperta consentì la base di un metodo per ottenere nichel puro dall’ossido di nichel che venne detto processo Mond che sfrutta la capacità del nichel di combinarsi con il monossido di carbonio anche in condizioni blande.

Il monossido di nichel (II), spesso accompagnato da impurità di ferro e di cobalto viene fatto reagire con il gas d’acqua, ovvero don una miscela gassosa di idrogeno, monossido di carbonio che si ottiene facendo reagire vapore acqueo su carbone rovente secondo la reazione:
C(s) + H2O(g) → CO(g) + H2(g)

Il processo Mond si basa sulla reazione tra monossido di nichel e idrogeno che viene fatta avvenire a 200°C :

NiO(s) + H2(g)→ Ni(s)+ H2O(g)

Poiché il nichel ottenuto è impuro si procede a farlo reagire con il monossido di carbonio alla temperatura di 50-60°C:

Ni(s) + 4 CO(g) → Ni(CO)4(g)

Attraverso questa reazione vengono allontanate le impurezze solide.

Trattando la miscela di nicheltetracarbonile e gas d’acqua alla temperatura di 220-250°C si verifica la reazione di decomposizione con formazione di nichel

Ni(CO)4(g) → Ni(s) + 4 CO(g)

Il processo di Mond ha segnato una svolta nella metallurgia e nei principi che fino ad allora l’avevano guidata ed è stato usato in ambito industriale all’inizio del XX secolo ottenendosi nichel con un grado di purezza superiore al 99.9%

 

Conversione di alcoli in alcani

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Gli alcoli sono caratterizzati dalla presenza del gruppo funzionale –OH che è un debole gruppo uscente pertanto vanno principalmente incontro a reazioni di ossidazione.

Pertanto gli alcoli, anche in presenza di un riducente quale litio alluminio idruro, non danno l’alcano corrispondente.

Si preferisce quindi utilizzare opportune strategie atte a convertire il gruppo –OH un migliore gruppo uscente prima di procedere alla conversione in alcano.

Si può, ad esempio, usare il cloruro di tosile che converte l’alcol in tosilato che è un buon gruppo uscente e poi trattare quest’ultimo con un riducente per ottenere l’alcano

tosilcloruro

Si può tuttavia ottenere un alcano per riduzione diretta dell’alcol usando il clorodifenilsilano

clorodifenilsilano

La reazione, che avviene in presenza di cloruro di indio (III) che agisce da catalizzatore, mostra una elevata selettività e un’alta resa per gli alcoli secondari, terziari e benzilici mentre gli alcoli primari non danno luogo alla reazione.

Si riporta il meccanismo proposto per la riduzione degli alcoli in alcani in un unico step


meccanismo


Il pallone dei mondiali 2018

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Il pallone dei mondiali 2018 prodotto dalla Adidas e denominato Telstar 18 non è costituito da 20 esagoni e 12 pentagoni come i palloni tradizionali ma da sei pannelli di poliuretano termosaldati aventi la stessa forma e la stessa dimensione.

Quindi non è presente sulla superficie del pallone alcuna cucitura il che garantisce la massima precisione e un minore assorbimento dell’acqua eventualmente presente sul campo di gioco.

Tra il poliuretano e la parte interna vi sono diversi strati di nylon, materiale appartenente alla classe delle poliammidi, per migliorare il rimbalzo del pallone.

La parte più interna che contiene l’aria è costituita da gomma butilica, copolimero isobutene/isoprene dotato di eccellente impermeabilità ai gas e di prestazioni migliori rispetto alla gomma naturale.

Dai primi palloni da calcio composti da vesciche di maiale a quelli con una camera d’aria in gomma naturale rivestita di cuoio che comparvero agli inizi del 1900 è passato poco più di un secolo.

Durante questi anni, tuttavia, il progresso della chimica ha portato a materiali che hanno prestazioni inimmaginabili grazie al contributo dei chimici che hanno sempre perseguito obiettivi atti ad apportare nuove conoscenze e a migliorare la vita degli esseri umani. 

 

Titolazione dell’acido citrico

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L’acido citrico è un acido organico tricarbossilico presente negli agrumi e, in misura minore nella frutta che viene usato nei cibi e nelle bevande come acidificante e come aromatizzante.

La determinazione dell’acido citrico presente, ad esempio, nel succo di limone o di un succo di frutta, può essere effettuata tramite titolazione  con NaOH. La reazione che avviene è:
C6H8O7 + 3 NaOH → C6H5O7Na3 + 3 H2O

Per procedere alla titolazione è necessario disporre di una soluzione di NaOH standardizzata. La titolazione viene effettuata utilizzando, quale indicatore la fenolftaleina.

Procedimento:

Misurare, con una pipetta tarata, 25 mL di una bibita al limone e versare il liquido in una beuta da 250 mL.

Aggiungere circa 75 mL di acqua distillata e qualche goccia di fenolftaleina. Poiché la soluzione è acida essa, in presenza dell’indicatore, appare incolore.

Ambientare la buretta con la soluzione di NaOH e portare a volume.

Titolare fino alla comparsa di un colore rosa pallido e leggere il volume di idrossido di sodio che è stato necessario per la titolazione.

Ripetere la titolazione per almeno 3 volte e, se i dati dovessero essere discordanti, anche per un numero maggiore di volte.

Dati:

Il volume della soluzione di  NaOH 1.10 M utilizzato nelle tre titolazioni risulta essere:

18.2 mL; 18.3 mL e 18.4 mL

Calcoli:

Il volume medio di NaOH è pertanto pari a 18.2 + 18.3 + 18.4 /3 = 18.3 mL

Le moli di NaOH sono quindi pari a 0.0183 L ∙ 1.10 mol/L = 0.0201

Il rapporto stechiometrico tra NaOH e l’acido citrico è di 3:1 pertanto le moli di acido citrico sono pari a 0.0201/3=0.00670

Poiché il peso molecolare dell’acido citrico è pari a 192.124 g/mol la massa di acido citrico contenuta in 25 mL della bevanda è pari a 0.00670 mol ∙ 192.124 g/mol = 1.29 g.

Il percento massa volume della soluzione è quindi pari a 1.29 ∙ 100/25 = 5.16 %

Messi al bando gli EDC

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Lo scorso 7 giugno la Commissione Eurpoea, dopo un lungo iter, ha messo al bando gli EDC acronimo di Endocrine Disrupting Chemicals.

Queste sostanze, generalmente di origine sintetica, sono state presenti in moltissimi prodotti di consumo che vanno dai pesticidi ai prodotti per la cura della persona, dagli alimenti ai farmaci, dagli spray anti zanzare agli shampoo.

Questi composti che interferiscono con il sistema endocrino hanno molti effetti sull’uomo che includono malformazioni nello sviluppo, infertilità, alterazioni dell’apparato riproduttivo, aumenti del rischio di cancro, disturbi al sistema immunitario e nervoso.

Gli EDC conosciuti sono centinaia e possono essere classificati come:

  • Farmaci o estrogeni sintetici tra cui il dietilstilbestrolo che ha inoltre trovato impiego nella prevenzione dell’aborto spontaneo e di parto prematuro. Viene inoltre utilizzato nel trattamento del cancro alla prostata e al seno. Tale farmaco, largamente usato nei decenni scorsi, da studi effettuati predispone al cancro e possibili danni al feto di donne in gravidanza
  • Pesticidi contenenti EDC che a loro volta sono suddivisi in organofosforici come il parathion, carbammati come l’aldicarb, ditiocarbammati come lo ziran, organoclorurati come il DDT e molti altri
  • Plastificanti come gli ftalati ovvero esteri derivanti dall’acido ftalico utilizzati per aumentare la flessibilità, la durata e la trasparenza di molti polimeri ed in particolare del PVC
  • Sostanze di origine industriale come fenoli, ritardanti di fiamma, acido perfluoroottanoico

Oltre a queste sostanze ve ne sono molte altre, spesso sottoprodotti di processi industriali, che espongono tutti al rischio di patologie con grave rischio della salute umana e dell’ambiente. 

Tellururo di gallio

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Il tellururo di gallio (II) GaTe è un semiconduttore di tipo p su cui si sono rivolti gli studi a causa delle sue proprietà e dei suoi possibili impieghi nel campo dell’industria elettronica.

Il tellururo di gallio in 2D è stato ottenuto dagli elementi tramite deposizione chimica da vapore (CVD); transistor ad effetto di campo realizzati con il tellururo di gallio hanno mostrato una considerevole risposta a seguito di irradiazione di luce con lunghezza d’onda compresa tra i 350 e gli 800 nm.

Inoltre, i fotorivelatori hanno mostrato un’eccellente flessibilità meccanica e proprietà elettriche stabili in diversi stati di flessione, rivelando applicazioni promettenti in futuri dispositivi optoelettronici flessibili.

I semiconduttori costituiti da strati monoatomici possono essere suddivisi in due categorie:

  • Dicalcogenuri di metalli di transizione  (TMD) in cui uno strato di atomi di metalli di transizione come Mo o W è interposto tra due strati di atomi di calcogeno
  • Calcogenuri di elementi del Gruppo 13 o 14 che si presentano nella forma X-M-M-X essendo X un elemento come il gallio o l’indio e X il calcogeno

Il tellururo di gallio è l’ultimo membro della famiglia dei calcogenuri di elementi del Gruppo 13 o 14 mostra anisotropia nel piano che è di fondamentale importanza dato che molte proprietà fisiche ed elettroniche dipendono dall’orientamento dei cristalli nel materiale. 

Tali proprietà comprendono la mobilità elettrica, l’emissione di fotoluminescenza e le prestazioni termoelettriche sono legate al comportamento di elettroni, alle vibrazioni del reticolo.

Il tellururo di gallio è un materiale ideale per realizzare fotorivelatori che funzionano nel campo della luce visibile e potrebbe anche essere utilizzato in altre applicazioni come celle solari, rivelatori di radiazioni e dispositivi termoelettrici.

 

 

Isoprene

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Il 2-metil, 1,3-budadiene, noto con il nome di isoprene ha formula CH2=C(CH3)-CH=CH2 è un diene che viene prodotto in alcune piante come querce, pioppi ed eucalipti grazie all’azione dell’’enzima isoprene sintasi.

Le piante producono isoprene come parte di un processo per proteggere le loro cellule da stress come siccità e fluttuazioni di temperatura.

Essendo un composto insaturo dà luogo a reazioni di poliaddizione e i suoi polimeri costituiscono la gomma naturale.

Fu infatti ottenuto la prima volta nel 1860 dal chimico inglese Charles Greville Williams dalla decomposizione termica della gomma naturale.

L’isoprene è un liquido incolore, infiammabile e caratterizzato da un odore pungente, praticamente insolubile in acqua ma solubile in solventi organici quali dietil etere, acetone ed etanolo.

A livello industriale l’isoprene viene ottenuto dal cracking termico della nafta o come sottoprodotto della sintesi dell’etene.

Viene usato quale monomero per la produzione della gomma ed in particolare del cis-1,4-poliisoprene ottenuto con catalizzatori Ziegler-Natta

poliisoprene

L’isoprene viene inoltre utilizzato per la sintesi del poliisobutilene copolimero costituito da isobutene e isoprene e del copolimero a blocchi di tipo termoplastico stirene-isoprene-stirene.

L’isoprene è di particolare importanza in quanto costituisce lo scheletro di moltissime sostanze note con il nome di isoprenoidi detti anche terpeni che contengono un numero di atomi di carbonio multiplo di 5.

I terpeni vengono infatti classificati in base al numero di unità isopreniche in essi contenute come i monoterpeni che hanno 2 unità isopreniche e quindi 10 atomi di carbonio come la canfora, il limonene, il mentolo e il pinene.

I sesquiterpeni  hanno 3 unità isopreniche e quindi 15 atomi di carbonio come il farnesolo e il cariofillene, i diterpeni che hanno 4 unità isopreniche e quindi 20 atomi di carbonio come il fitolo, i triterpeni che hanno 6 unità isopreniche e quindi 30 atomi di carbonio come lo squalene ed infine i tetraterpeni come il β-carotene che hanno 8 unità isopreniche e quindi 40 atomi di carbonio.

L’isoprene, emesso da molte piante,  ha un ruolo importante nella chimica dell’atmosfera in quanto reagisce con i radicali idrossile ∙OH e con gli ossidi di azoto NOx presenti nell’aria contribuendo ad innalzare la concentrazione di ozono.

 

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