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Esercizi sugli equilibri gassosi (livello semplice)

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In una reazione di equilibrio i reagenti e i prodotti possono essere in fase gassosa o in fase solida e gassosa; nel primo caso si parla di equilibrio omogeneo mentre nel secondo si parla di equilibrio eterogeneo.

In entrambi i casi, poiché le specie allo stato solido non sono presenti nella costante di equilibrio quest’ultima può essere espressa in termini di concentrazioni o in termini di pressioni parziali.

Esercizi

  • Dato l’equilibrio C(s) + 2 H2(g) ⇌ CH4(g) per il quale la costante di equilibrio Kp a 1000 °C vale 0.262 calcolare la pressione parziale di CH4 sapendo che all’equilibrio la pressione parziale di H2 è di 1.22 atm

L’espressione della Kp è:

Kp = p CH4/(p H2)2

Sostituendo i valori noti si ha:

0.262 = p CH4/(1.22)2 = p CH4/1.49

Moltiplicando ambo i membri per 1.49 si ha

 0.262 ∙1.49 = p CH4 = 0.390 atm

 

  • Dato l’equilibrio H2(g) + F2(g) ⇌ 2 HF(g) per il quale a 25°C il valore della costante Kc è pari a 115 calcolare le concentrazioni delle specie all’equilibrio se vengono messe a reagire, in un recipiente avente volume 1.0 L, 0.050 moli di ogni reagente e 0.600 moli di HF

Essendo inizialmente presenti sia i reagenti che i prodotti si deve innanzi tutto stabilire se l’equilibrio evolve verso destra o verso sinistra e, per far ciò, ci si avvale del quoziente di reazione.

Le concentrazioni iniziali delle specie sono:

[H2] = 0.050/1.0 = 0.050 M

[F2] = 0.050/1.0 = 0.050 M

[HF] = 0.600/1.0 = 0.60 M

Il quoziente di reazione vale Q = (0.60)2(0.050)(0.050) = 144

Poiché il valore del quoziente di reazione è maggiore di Kc l’equilibrio procede da destra verso sinistra.

In questa tipologia di esercizi conviene costruire una I.C.E. chart indicando la concentrazione iniziale, la variazione di concentrazione di ciascuna specie ed infine la concentrazione all’equilibrio:

  H2 F2 2 HF
Concentrazione iniziale 0.050 0.050   0.60
Variazione +x +x   -2x
All’equilibrio 0.050+x 0.050+x   0.60-2x

 

L’espressione della costante di equilibrio relativa a questo equilibrio è:

Kc = [HF]2/[H2][F2]

Sostituiamo i valori ricavati:

115 = (0.60-2x)2/(0.050+x)(0.050+x)

Estraiamo la radice quadrata da ambo i membri:

10.7 = 0.60-2x/0.050+x

Moltiplichiamo ambo i membri per 0.050+x

0.535 + 10.7x = 0.60-2x

0.065 = 12.7x

Da cui x = 0.0051

Pertanto [H2]=[F2] = 0.050+x = 0.050+0.0051 =0.055 M

[HF] = 0.60-2x = 0.60-2(0.0051)= 0.59 M

 

 

  • Dato l’equilibrio 2 CO2(g) ) ⇌ 2 CO(g) + O2(g) per il quale la costante Kc a 250°C vale 2.0 ∙ 10-6 calcolare la concentrazione di ciascuna specie all’equilibrio se la concentrazione iniziale di CO2 è 2.50 M.

Costruiamo una I.C.E. chart:

  2 CO2 2 CO O2
Concentrazione iniziale 2.50   // //
Variazione -2x   +2x +x
All’equilibrio 2.50-2x   2x x

L’espressione della costante di equilibrio relativa a questa reazione è:
Kc = [CO]2 [O2]/[CO2]2

Sostituendo i valori ricavati si ottiene:

2.0 ∙ 10-6 = (2x)2(x)/(2.50-2x)2

Considerando che Kc è piccola si può trascurare 2x rispetto a 2.50 pertanto:

2.0 ∙ 10-6 = (2x)2(x)/(2.50)2 = 4x3/6.25

Moltiplicando per 6.25 ambo i membri si ottiene:

1.25 ∙ 10-5 = 4x3

Ovvero 1.25 ∙ 10-5 /4 = x3 = 3.13 ∙ 10-6

da cui x = ∛3.13 ∙ 10-6 =0.015

Pertanto: [O2] = x = 0.015 M; [CO]= 2x = 0.030 M; [CO2] = 2.50 – 2x =2.47 M che, approssimato a 2 cifre significative, vale 2.5 M

  • Dato l’equilibrio 2 Cl2(g) + 2 H2O(g) ⇌ 4 HCl(g) + O2(g)per il quale a 25°C il valore di Kp è 3.2 ∙ 10-14 calcolare la pressione parziale dei prodotti di reazione all’equilibrio se la pressione iniziale di Cl2 è pari a 0.80 atm e quella di H2O è 0.40 atm

Anche in questo caso conviene avvalersi di una I.C.E. chart:

  2 Cl2 2 H2O 4 HCl O2
Pressione  iniziale 0.80 0.40   // //
Variazione -2x -2x   +4 x +x
All’equilibrio 0.80-2x 0.40-2x   4x x

 

L’espressione della costante di equilibrio relativa a questa reazione è:
Kp = [HCl]4 [O2]/[Cl2]2[H2O]2

Sostituendo i valori ricavati si ottiene:

3.2 ∙ 10-14 = (4x)4(x)/(0.80-2x)2(0.40-2x)2

Trascurando il termine sottrattivo 2x sia rispetto a 0.80 che rispetto a 0.40 si ottiene:

3.2 ∙ 10-14 = (4x)4(x)/(0.80)2(0.40)2 = 256 x5/0.10

Moltiplicando ambo i membri per 0.10 si ha:

3.2 ∙ 10-15 = 256 x5

Ovvero:

3.2 ∙ 10-15 /256 = x5 = 1.25 ∙ 10-17

x = radice quinta di 1.25  10-17 = 4.2 ∙ 10-4

Pertanto la pressione parziale di HCl è pari a 4 ∙ 4.2 ∙ 10-4= 0.0017 atm; la pressione parziale di O2 è pari a 4.2 ∙ 10-4


Ninidrina

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Il 2,2-diidrossi-1,3-diossoidrindene noto come ninidrina fu sintetizzato per la prima volta dal chimico tedesco Siegfried Ruhemann nel 1910 facendo reagire l’1-indanone con l’N,N-dimetil-para nitosoanilina.

Fu solo nel 1963 che fu proposta la sintesi della ninidrina dalla reazione tra il dietilftalato con il dimetilsolfossido.

La ninidrina è un solido di colore che va dal bianco al giallo pallido solubile in acqua, etanolo e acetone a temperatura ambiente.

La ninidrina è la sostanza di partenza utilizzata nella sintesi di composti eterociclici a cinque, sei, sette e otto membri e riveste un ruolo importante non solo in campo organico ma anche in quello analitico, biochimico e forense.

Ad eccezione delle ammine terziarie reagisce con ammoniaca, ammine primarie e secondarie e peptidi formando una sostanza di colore azzurro-violetto.

La ninidrina è un forte agente ossidante che è in grado di dar luogo alla decarbossilazione ossidativa degli amminoacidi per dare biossido di biossido di carbonio, ammoniaca, aldeide e la sua forma ridotta.

Quest’ultima reagisce ulteriormente con la ninidrina per dare un prodotto di reazione colorato che mostra un picco di assorbimento intorno ai 570 nm.

Tale reazione avviene con tutti gli amminoacidi ad eccezione della prolina e dell’idrossiprolina in quanto questi ultimi due amminoacidi non hanno, contrariamente agli altri, l’atomo di azoto disponibile per la reazione in quanto esso fa parte dell’anello.

Per tale motivo la ninidrina è largamente utilizzata per la determinazione degli amminoacidi presenti in una proteina.

La ninidrina viene inoltre utilizzata in campo forense per il rilevamento delle rilevamento delle impronte digitali

 

Prolina

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La prolina ovvero l’acido 2(S)-pirrolidincarbossilico che presenta il gruppo amminico secondario anziché primario viene classificata come amminoacido pur essendo un imminoacido.

struttura prolina

E’ l’unico amminoacido ciclico, non ha caratteristiche polari e non presenta α idrogeni pertanto non può formare legami a idrogeno per stabilizzare l’α elica o il β foglietto e non partecipa alla formazione della struttura secondaria che si interrompe dove è presente un residuo di prolina.

La prolina si trova quindi spesso alla fine dell’α elica e, differenza di altri amminoacidi che esistono quasi esclusivamente nella forma trans nei polipeptidi, la prolina può esistere nella configurazione cis. L’isomerizzazione cis-trans può svolgere un ruolo importante nel folding delle proteine.

Biosintesi

La prolina è un amminoacido non essenziale che si ottiene dall’acido glutammico in cui il gruppo carbonilico in γ viene ridotto ad aldeide dando la glutammato semialdeide.

L’aldeide reagisce con il gruppo α-amminico eliminando acqua e trasformandosi in una base di Schiff. Nel secondo stadio la base di Schiff viene ridotta dando la prolina.

biosintesi prolina

La prolina fu sintetizzata prima ancora di essere isolata da fonti naturali. 

Nel 1900, il chimico tedesco Richard Martin Willstätter, vincitore del premio Nobel per la chimica nel 1915, preparò il D, L -racemato dalla  N- metilprolina. L’anno seguente, Hermann Emil Fischer, un altro premio Nobel 1902, isolò l’isomero L dall’albume d’uovo e dalla caseina idrolizzata.

La prolina, come tutti gli amminoacidi naturali, è usata nella sintesi proteica.

Insieme alla glicina e all’idrossiprolina la prolina costituisce un componente essenziale del collagene che è la principale proteina del tessuto connettivo degli animali.

La prolina partecipa alla riformazione del tessuto muscolare, è utile per la salute delle cartilagini e delle ossa, migliora la funzione cardiaca e apporta immediata disponibilità di energia per il fegato e per i muscoli.

E’ presente in molti alimenti come i formaggi e latticini e in particolare nel parmigiano, carne di manzo e di maiale, pollame, cereali, frutta secca e legumi.

Reazioni redox in chimica organica e biochimica

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In una reazione di ossidoriduzione vi è un elemento che si riduce ovvero acquista elettroni e un elemento che si ossida ovvero perde elettroni.

Le reazioni di ossidoriduzione giocano un ruolo importante sia nel campo della chimica organica che in quello della chimica biologica.

Tra le reazioni organiche redox più importanti vi è la combustione ovvero quel processo in cui un combustibile, in presenza di un comburente, dà luogo a una reazione esotermica con produzione di energia.

Tra le reazioni di combustione più note vie è quella del metano dalla cui combustione si ottengono 883 kJ/mol:
CH4 + 2 O2 → CO2 + 2 H2O

Reazioni simili alla combustione in quanto sono in grado di fornire energia consentendo la sopravvivenza del genere umano sono quelle cataboliche ovvero quelle reazioni vitali per le cellule degli organismi viventi in cui si ha produzione di energia.

Tra queste reazioni vi è l’ossidazione del glucosio che costituisce la maggiore fonte energetica degli organismi viventi fornendo circa 3000 kJ/mol e può essere rappresentata come:

C6H12O6 + 6 O2 → 6 CO2 + 6 H2O

Molte reazioni redox vengono condotte utilizzando riducenti come il litio alluminio idruro o ossidanti come il bicromato di potassio.

Ad esempio un alcol primario può essere ossidato ad aldeide.

Ad esempio l’etanolo in cui il carbonio legato al gruppo alcolico ha numero di ossidazione -1 viene ossidato ad etanale in cui il carbonio carbonilico ha numero di ossidazione +1:

3 CH3CH2OH + Cr2O72- + 8 H+ → 3 CH3CHO + 2 Cr3++ 7 H2O

Se l’etanale non viene rimossa rapidamente essa viene ulteriormente ossidata a acido etanoicoin cui il carbonio carbossilico ha numero di ossidazione +3:

3 CH3CHO + Cr2O72- + 8 H+ → 3 CH3COOH + 2 Cr3++ 4 H2O

 L’ossidazione di un alcol secondario come il 2-propanolo in cui il carbonio legato al gruppo alcolico ha numero di ossidazione zero porta alla formazione di un chetone in cui il carbonio carbonilico ha numero di ossidazione +2:

3 CH3CH(OH)CH3 + Cr2O72- + 8 H+ → 3 (CH3)2C=O + 2 Cr3+ + 7 H2O

Così come le aldeidi e i chetoni possono essere formati dall’ossidazione degli alcoli per riduzione delle aldeidi e chetoni si possono ottenere gli alcoli.

In particolare l’acido 2-ossopropanoico noto come acido piruvico che è un α-chetoacido viene ridotto a acido 2-idrossipropanoico noto come acido lattico che costituisce un prodotto del metabolismo anaerobico lattacido  che svolge un ruolo rilevante in diversi processi biochimici.

In tale reazione il carbonio carbonilico del chetone che ha numero di ossidazione +2 viene ridotto ad alcol secondario in cui il numero di ossidazione del carbonio legato alla funzione alcolica vale zero

acido lattico

La reazione di ossidoriduzione più importante nel campo della chimica biologica è la fotosintesi clorofilliana processo gli organismi fotoautotrofi producono glucosio a partire dall’anidride carbonica presente nell’atmosfera in presenza di luce solare che viene captata dalla clorofilla secondo la reazione complessiva:

6 CO2 + 6 H2O → C6H12O6 + 6 O2

 

Sali poco solubili dello ione bario

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Il bario, metallo metallo alcalino-terroso i cui composti hanno numero di ossidazione +2, forma molti sali poco solubili.

Tra i sali del bario poco solubili si possono citare: solfato, ossalato, carbonato, cromato, fluoruro, idrossido, solfito, bromato, iodato e molibdato di bario. Tra questi composti vengono descritti gli usi e la preparazione di quelli più comuni.

Il solfato di bario, sale di colore bianco, viene usato, tra l’altro, come pigmento, quale riempitivo per aumentare la densità dei polimeri e quale mezzo di contrasto nel campo radiologico.

Viene rinvenuto in natura nella barite ma può essere ottenuto in laboratorio facendo reagire una soluzione contenente un sale di bario solubile con una soluzione contenente acido solforico o un solfato secondo la reazione netta:

Ba2+(aq) + SO42-(aq)→ BaSO4(s)

Il solfato di bario è poco solubile in acqua, soluzioni acide e basiche e debolmente solubile in acido solforico concentrato a caldo.

L’ossalato di bario, sale di colore bianco, viene largamente usato nella preparazione dei fuochi pirotecnici a cui conferisce una colorazione verde.

Viene ottenuto, generalmente idrato o semiidrato, facendo reagire un sale di bario solubile con una soluzione contenente acido ossalico o un ossalato secondo la reazione netta:

Ba2+(aq) + C2O42-(aq) + H2O(l)→ BaC2O4∙ H2O (s)

A temperature superiori a 400°C dà luogo a una reazione di decomposizione termica che avviene in più stadi:

BaC2O4∙ H2O (s) → BaC2O4(s) + H2O (g)

BaC2O4(s) → BaCO3(s) + CO2(g)

BaCO3(s) → BaO(s) + CO2(g)

Il carbonato di bario, sale di colore bianco, viene utilizzato quale veleno per topi ma è impiegato nella produzione di vetro in quanto ne aumenta l’indice di rifrazione, di smalti che acquistano una elevata espansione termica, ceramiche e come additivo antimuffa nelle vernici ed inoltre per eliminare i solfati dalle soluzioni acquose.

Viene ottenuto in laboratorio facendo reagire un sale di bario solubile con una soluzione contenente lo ione carbonato secondo la reazione netta:

Ba2+(aq) + CO32-(aq)→ BaCO3(s)

A livello industriale viene ottenuto per trattamento del solfuro di bario con carbonato di sodio alla temperatura di 60-70°C secondo la reazione:
BaS(aq) + Na2CO3(aq)→ BaCO3(s) + Na2S(aq)

Alla temperatura di circa 1000°C il carbonato di bario di decompone secondo la reazione:

BaCO3(s) → BaO(s) + CO2(g)

In presenza di acidi come HCl il carbonato di bario forma sali solubili come il cloruro di bario:

BaCO3(s) + 2 HCl(aq) → BaCl2(aq) + CO2(g) + H2O(l)

Il cromato di bario, sale di colore giallo, viene utilizzato quale pigmento nella colorazione del vetro, della ceramica e della porcellana, in pasta nel contatto tra due diversi metalli per prevenire la corrosione.

Può essere ottenuto facendo reagire un sale di bario solubile con una soluzione contenente lo ione cromato secondo la reazione netta:

Ba2+(aq) + CrO42-(aq)→ BaCrO4(s)

Il cromato di bario è solubile in acidi minerali con formazione dello ione bicromato che conferisce alla soluzione la tipica colorazione arancio:

2 BaCrO4(s) + 2 H+(aq) → 2 Ba2+(aq) + Cr2O72-(aq) + H2O(l)

Il fluoruro di bario, sale di colore bianco, è utilizzato nella metallurgia dell’alluminio come additivo nel processo di raffinazione, come fondente e opacizzante di smalti, nelle polveri di saldatura. Per la sua peculiarità di essere trasparente a lunghezze d’onda tra 150 nm a 11.5 μm il fluoruro di bario viene utilizzato per ottenere componenti ottici delle lenti.

A causa del suo basso indice di rifrazione il fluoruro di bario fornisce un’elevata trasmissione e viene usato per ottenere le celle portacampioni nella spettroscopia UV e IR

Viene inoltre utilizzato quale scintillatore per rilevare raggi X, raggi gamma o altre particelle ad alta energia in quanto è in grado di emettere impulsi di luce, quando viene attraversato da fotoni ad alta energia o da particelle cariche.

Può essere ottenuto facendo reagire un sale di bario solubile con una soluzione contenente lo ione fluoruro secondo la reazione netta:

Ba2+(aq) + 2 F(aq)→ BaF2(s)

L’idrossido di bario, la cui solubilità è tuttavia influenzata dalla temperatura, è un elettrolita di colore bianco che si presenta, in genere, idrato.

L’idrossido di bario viene utilizzato come additivo nei materiali termoplastici e come stabilizzante nel PVC come additivo per lubrificanti e grassi, nella produzione di saponi e come precursore di altri composti. Viene usato in campo analitico per la titolazione di acidi deboli, in particolare di tipo organico.

Viene ottenuto dalla reazione tra ossido di bario e acqua:

BaO + 9 H2O → Ba(OH)2∙ 8 H2O

Ad una temperatura di circa 800°C l’idrossido di bario si decompone secondo la reazione:

Ba(OH)2(s) → BaO(s)+ H2O(g)

Litio alluminio idruro

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Le sostanze che agiscono da donatori di uno ione idruro sono caratterizzate dalla presenza di un atomo di idrogeno legato a un elemento meno elettronegativo.

Quanto maggiore è la differenza di elettronegatività tra l’idrogeno e l’altro elemento tanto più la sostanza è in grado di agire come donatore di uno ione idruro.

La specie che più delle altre risponde a questo requisito è il litio alluminio idruro che reagisce in modo violento con i solventi protici e viene pertanto utilizzato in solventi inerti come il dietiletere o il tetraidrofurano.

In presenza di acqua, infatti, dà luogo a una reazione con formazione di idrogeno:

LiAlH4 + 4 H2O → LiOH + Al(OH)3 + 4 H2

Il litio alluminio idruro dà luogo a una reazione di decomposizione termica in un meccanismo a tre stadi:

3 LiAlH4 → Li3AlH6 + 2 Al + 3 H2

2 Li3AlH6 → 6 LiH + 2 Al + 3 H2

2 LiH + 2 Al → 2 LiAl + H2

Il litio alluminio idruro ha formula LiAlH4 ed è un forte agente riducente non selettivo che costituisce un fonte di ioni idruro H.

L’alluminio infatti ha una bassa elettronegatività rispetto all’idrogeno e il legame è covalente polare in cui l’alluminio ha una parziale carica positiva mentre l’idrogeno ha una parziale carica negativa.

Il litio alluminio idruro è costituito dallo ione litio a dall’anione AlH4. Quest’ultimo ha struttura tetraedrica con angoli di legame H-Al-H di 109.5°

Il litio alluminio idruro viene preparato su piccola scala facendo reagire l’idruro di litio con il cloruro di alluminio:

4 LiH + AlCl3 → LiAlH4 + 3 LiCl

A livello industriale il litio alluminio idruro viene preparato facendo reagire sodio, alluminio e idrogeno in condizioni di alta temperatura e alta pressione:

Na + Al + 2 H2 → NaAlH4

Nel secondo stadio della reazione il sodio alluminio idruro prodotto viene fatto reagire con cloruro di litio

NaAlH4+ LiCl → LiAlH4 + NaCl

Il litio alluminio idruro viene utilizzato nelle sintesi organiche quale agente riducente ed in particolare nella riduzione degli esteri e degli acidi carbossilici ad alcoli primari, nella riduzione degli alogenuri alchilici ad alcani, delle ammidi e dei nitrili ad ammine, degli epossidi ad alcoli e dei lattoni a diolo

Trova inoltre utilizzo quale catalizzatore nelle reazioni di polimerizzazione e quale propellente. Stante l’elevato contenuto di idrogeno si ritiene che possa costituire una sostanza potenzialmente utile nelle celle a combustibile.

Sintesi dell’anilina

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L’anilina è una sostanza di primaria importanza dell’industria chimica utilizzata per la sintesi del difenilmetano diisocianato impiegato nella sintesi dei poliuretani e costituisce un intermedio per l’ottenimento di coloranti, prodotti farmaceutici e agenti vulcanizzanti.

L’anilina può essere sintetizzata in due stadi successivi: nitrazione del benzene  e successiva riduzione del nitrobenzene ad anilina.

Per la nitrazione del benzene si deve ottenere lo ione nitronio NO2+ che, essendo instabile, va generato in situ. Si fanno pertanto reagire l’acido solforico e l’acido nitrico; l’acido solforico è più forte dell’acido nitrico pertanto agisce da acido perdendo un protone e protonando l’acido nitrico:

H2SO4 + HNO3 → HSO4 + H2NO3+

H2NO3+ → NO2+ + H2O

Lo ione nitronio viene attaccato dal benzene con formazione di un intermedio stabilizzato per risonanza in cui la carica positiva si localizza in posizione orto e para rispetto al nitrogruppo.

L’ossigeno dell’acqua estrae l’idrogeno legato al carbonio a cui a sua volta è legato il nitrogruppo con formazione di nitrobenzene e H3O+

nitrazione

Per ridurre il nitrobenzene si utilizza acido cloridrico concentrato e stagno con formazione dello ione fenilammonio. La semireazione di riduzione è:

C6H5NO2 + 7 H+ + 6 e → C6H5NH3+ + 2 H2O

Lo stagno si ossida sia a stagno (II) che a stagno (IV) secondo le semireazioni di ossidazione:

Sn → Sn2+ + 2 e

Sn2+ → Sn4+ + 2 e

Per allontanare uno ione H+ dal fenilammonio la soluzione viene trattata con idrossido di sodio secondo la reazione:

C6H5NH3+ + OH → C6H5NH2 + H2O

La fenilammina deve essere successivamente separata dagli altri prodotti di reazione quali i composti dello stagno. Si deve quindi procedere a una distillazione in corrente di vapore, estrazione con solvente e successiva ulteriore distillazione.

 

Cromato di piombo

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Il cromato di piombo detto giallo cromo in cui il cromo ha numero di ossidazione +6 ha formula PbCrO4 è un sale poco solubile presente in natura nel minerale crocoite.

E’ un composto inorganico cristallino che, se riscaldato, emette fumi tossici ed è altamente corrosivo oltre che essere un forte agente ossidante.

Tale composto viene utilizzato quale pigmento negli inchiostri e nelle vernici, per colorare alcuni polimeri, gomma e carta e nei fuochi d’artificio quale ossidante.

Trattandosi di un sale caratterizzato da un Kps di 3 ∙ 10-13 la sua solubilità molare è pari a 5 ∙ 10-7 M quindi in 1 L di soluzione se ne solubilizzano 5 ∙ 10-7 mol/L ∙ 1 L ∙ 323.2 g/mol = 0.00018 g.

Esso pertanto può essere ottenuto per precipitazione trattando una soluzione contenente un sale solubile del piombo (II) come PbCl2 e una soluzione contenente un cromato solubile come il cromato di potassio K2CrO4.

La reazione netta è:

Pb2+(aq)+ CrO42-(aq) → PbCrO4(s)

In ambiente basico il cromato di potassio si solubilizza lentamente dando lo ione complesso tetraidrossipiombato(II) secondo la reazione:

PbCrO4(s) + 4 OH(aq)→ [Pb(OH)4]2-(aq) + CrO42-(aq)

Nel XIX secolo il cromato di piombo fu largamente usato da numerosi artisti come Seurat, Pissarro e van Gogh sia per il suo colore che per l’alto potere coprente.

Il suo uso fu praticamente abbandonato dagli artisti successivi in quanto il cromato di piombo tende con il tempo a degradarsi formando principalmente ossido di cromo (III) biidrato Cr2O3∙ 2 H2O unitamente ad altri composti del cromo (III) come il solfato e l’acetato. Tale fenomeno è provocato dalla luce visibile e UV, da contaminanti, gas presenti nell’atmosfera come SO2 e H2S.

La degradazione del cromato di piombo porta ad un annerimento delle superfici dell’opera il cui esso è stato utilizzato come pigmento giallo come nel caso dei Girasoli di van Gogh una delle più grandi e conosciute opere dell’artista olandese.

 


Applicazioni alimentari del saccarosio

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Il saccarosio, noto come zucchero da tavola, ha formula C12H22O11 appartiene alla famiglia dei disaccaridi e si presenta come un solido cristallino molto solubile in acqua stante la presenza di gruppi –OH.

Oltre a fornire un sapore dolce, lo zucchero conferisce numerose proprietà funzionali che possono essere classificate in quattro grandi categorie: sensoriali, fisiche, microbiche e chimiche  rendendolo un ingrediente importante in molti alimenti.  

La percezione della dolcezza dello zucchero dipende da fattori come temperatura, pH, concentrazione, presenza di altri ingredienti e differenza nella capacità di gusto tra le persone.

Lo zucchero è in grado di aumentare il sapore o di deprimere la percezione di altri sapori degli alimenti. Ad esempio, lo zucchero viene aggiunto ai prodotti a base di pomodoro per ridurne l’acidità.

Alla temperatura di 160°C il saccarosio dà luogo alla reazione di caramellizzazione che provoca non solo variazioni di colore ma anche di aroma.

La caramellizzazione infatti è una reazione di degradazione termica ed ossidativa degli zuccheri che porta alla formazione di sostanze volatili che conferiscono il tipico aroma e a composti brunastri tipici del caramello e si verifica durante il riscaldamento di prodotti alimentari con una elevata concentrazione di zuccheri.

Il saccarosio è responsabile del colore giallo-marrone tipico dei cibi cotti in quanto dà luogo alla caramellizzazione ed inoltre i prodotti della sua idrolisi ovvero glucosio e fruttosio danno luogo alla reazione di Maillard.

I prodotti di reazione di Maillard sono noti per avere proprietà antiossidanti nei sistemi alimentari. Per questo motivo, alcune miscele di prodotti di reazione di Maillard sono state impiegate nell’industria alimentare come additivi alimentari.

Lo zucchero contribuisce alla consistenza degli alimenti; ad esempio aggiungendo zucchero a un gelati si ottiene come risultato la prevenzione della cristallizzazione del lattosio che conferirebbe una consistenza sabbiosa.

Nella produzione di caramelle il controllo della velocità e dell’ammontare della cristallizzazione consente di ottenere caramelle morbide dove la cristallizzazione è ridotta al minimo e caramelle dure dove la cristallizzazione è più elevata.

L’aggiunta della corretta quantità di zucchero ai prodotti da forno consente di ottenere risultati di elasticità dell’impasto ottimali: il saccarosio compete infatti con gli altri ingredienti a legarsi con l’acqua e, stante la sua affinità, ritarda la formazione del glutine che conferisce la morbidezza al prodotto. Una eccessiva formazione di glutine porta infatti a un impasto duro e rigido.

Lo zucchero aggiunto agli alimenti, come, ad esempio, le bevande non solo le rende più dolci ma ne aumenta il grado di viscosità.

Inoltre le soluzioni contenenti zucchero, a causa delle proprietà colligative, portano alla diminuzione della temperatura di congelamento che viene sfruttata nei gelati e nei dessert congelati, e a un aumento della temperatura di ebollizione che consente la solubilizzazione di una maggiore quantità di zucchero con ottenimento di soluzioni più concentrate.

Lo zucchero svolge un ruolo importante nella conservazione di molti prodotti alimentari per le sue capacità disidratanti. L’aggiunta di zucchero a marmellate e gelatine, ad esempio, inibisce la crescita microbica e il successivo deterioramento.

L’interazione tra zucchero e acqua controlla il livello di umidità nei prodotti da forno e l’elevata affinità dello zucchero per l’acqua aiuta a rallentare la perdita di umidità nelle torte e nei biscotti, ad esempio, per prevenire l’essiccazione prolungando così la durata di conservazione.

Lo zucchero è estremamente importante nelle industrie di panificazione. I lieviti usano infatti gli zuccheri come cibo per produrre etanolo, biossido di carbonio e acqua attraverso il processo della fermentazione

In cottura, lo zucchero aumenta l’efficacia del lievito fornendo una fonte immediata e più utilizzabile di nutrimento per la sua crescita. Questo fenomeno accelera il processo di lievitazione in quanto viene prodotta una maggiore quantità anidride carbonica che consente all’impasto di aumentare ad un ritmo più veloce e più costante.

Il saccarosio mostra inoltre proprietà antiossidanti che aiutano a prevenire il deterioramento della frutta e dei vegetali in scatola. 

Inoltre sembra che i prodotti dell’idrolisi del saccarosio abbiano la capacità di bloccare i siti reattivi di ioni come rame e ferro e, in misura minore, del cobalto. Questa caratteristica dei monosaccaridi aiuta nella conservazione degli alimenti impedendo le reazioni di ossidazione catalitica.

 

Hummus: piatto simbolo della pace

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Il 13 maggio si festeggia l’hummus, piatto dalle antiche origini, nutriente ed economico che accomuna paesi dell’area mediorientale spesso in lotta tra loro.

L’hummus costituisce infatti il piatto in comune tra la cucina araba e quella israeliana quasi un unicum che si spera possa costituire un buon viatico per il dialogo tra popoli in conflitto con l’obiettivo della conquista della pace.

L’ingrediente base dell’hummus sono i ceci che, in combinazione con altri alimenti, vanno a costituire una crema dal gusto aromatico ottima per accompagnare crostini e verdure.

Dopo la soia e i fagioli, i ceci, che costituiscono la terza leguminosa per consumo mondiale, sono dotati di elevate proprietà nutrizionali e di proprietà benefiche.

I ceci contengono proteine vegetali costituite da amminoacidi quali acido glutammico, acido aspartico, alanina, arginina, cistina, glicina, fenilalanina,  istidina, isoleucina, leucina, lisina, prolina, metionina, serina, tirosina, triptofano, valina e treonina.

Sono presenti in piccola quantità lipidi prevalentemente insaturi, carboidrati e fibre.

I ceci contengono inoltre minerali quali potassio, calcio, fosforo, magnesio, sodio, ferro, zinco, rame, manganese e selenio.

In essi sono presenti la vitamina A, le vitamine del gruppo B, le vitamine C, E e K, betacarotene e folati.

Per la loro composizione i ceci hanno molte proprietà benefiche per l’organismo in quanto secondo recenti studi sono utili per ridurre il livello di LDL noto come colesterolo cattivo e del tasso glicemico. Hanno inoltre effetto diuretico e pertanto sono indicati per chi soffre di ipertensione e di calcoli renali.

Per la presenza di ferro sono indicati per chi soffre di anemia e, grazie al potassio, antagonista del sodio, si possono avere benefici sulla circolazione sanguigna. Il calcio e il magnesio contribuiscono alla formazione delle ossa.

La presenza di fibre aiuta la regolazione delle funzioni intestinali.

 

Ossidazione catalitica

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L’ossidazione catalitica è un processo in cui avviene l’ossidazione di un composto tramite l’uso di un opportuno catalizzatore.

Le reazioni di ossidazione catalitica hanno una grande importanza in campo industriale e se ne annoverano molteplici esempi in cui i composti di partenza possono essere sia organici che inorganici e la catalisi può essere sia di tipo omogeneo che eterogeneo.

Un esempio è l’ossidazione del biossido di zolfo con formazione del triossido di zolfo che viene poi utilizzato per la produzione dell’acido solforico.

La reazione 2 SO2 + O2 → 2 SO3 che avviene in presenza del pentossido di divanadio V2O5 deve essere condotta in un range di temperatura tra i 400 e i 620°C. Infatti a temperature inferiori V2O5 è inattivo mentre a temperature maggiori tende a decomporsi.

Altre reazioni di ossidazione catalitica di tipo eterogeneo sono:

Alla temperatura di circa 600°C l’ammoniaca viene fatta reagire con l’ossigeno in presenza del platino che agisce da catalizzatore secondo la reazione:

4 NH3 + 5 O2 → 4 NO + 6 H2O

Il monossido di azoto prodotto viene fatto reagire a una temperatura di circa 50°C con l’ossigeno e avviene una seconda ossidazione:

2 NO + O2 → 2 NO2

Il biossido di azoto viene infine convertito ad acido nitrico secondo la reazione:

3 NO2 + H2O → NO + 2 HNO3

Alla temperatura di circa 1400°C il solfuro di idrogeno viene fatto reagire con l’ossigeno in presenza del pentossido di divanadio V2O5 che agisce da catalizzatore secondo la reazione:

2 H2S + 3 O2 → 2 SO2 + 2 H2O

Nel secondo stadio della reazione il biossido di zolfo ottenuto reagisce con il solfuro di idrogeno secondo una reazione di comproporzione:

2 H2S + SO2 → 3 S + 2 H2O

Esempi di reazioni di ossidazione catalitica di tipo omogeneo sono:

  • Il processo Wacker in cui l’etene viene trasformata in etanale

L’etilene viene fatta reagire con ossigeno per ottenere l’etanale in presenza di cloruro di platino (II) e cloruro di rame (II) che agiscono da catalizzatori secondo la reazione:

2 CH2=CH2 + O2 → 2 CH3CHO

  • Il processo Amoco in cui il p-xilene viene trasformato in acido tereftalico

Il p-xilene viene fatto reagire con ossigeno per ottenere acido tereftalico in presenza di cloruro di cobalto e di cloruro di manganese che agiscono da catalizzatori

p-xilene

Acido tereftalico

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L’acido 1,4-benzendicarbossilico noto come acido tereftalico è un acido bicarbossilico con formula C6H4(COOH)2 e struttura:

acido tereftalico

Fu isolato alla metà del XIX secolo dalla trementina e si presenta come un solido bianco cristallino scarsamente solubile in acqua ma solubile in solventi organici polari e in soluzioni basiche.

A livello industriale viene ottenuto tramite il processo Amoco dalla ossidazione catalitica del p-xilene in presenza di bromuro di cobalto e bromuro di magnesio che agiscono da catalizzatori

sintesi

L’acido tereftalico può essere bromurato in presenza di acido nitrico e, se la reazione avviene per circa 12 ore la bromurazione avviene in tutte le posizioni:

bromurazione

L’acido tereftalico contiene due gruppi funzionali carbossilici ed è pertanto utilizzabile nella sintesi di polimeri di policondensazione.

Il primo polimero di policondensazione in cui uno dei monomeri di partenza è il polietilentereftalato (PET), resina termoplastica appartenente alla famiglia dei poliesteri che fu ottenuto nel 1941.

La sintesi del PET viene effettuata per esterificazione dall’acido tereftalico con il glicole etilenico che contiene, a sua volta, due gruppi alcolici e successiva polimerizzazione.

PET

Nel 1971 fu sintetizzato dalla DuPont un altro polimero in cui l’acido tereftalico costituisce il monomero di partenza noto con il nome di Kevlar.

Il Kevlar è una poliammide ottenuta dalla condensazione dell’acido tereftalico con la p-fenilendiammina

kevlar

Proprietà de monosaccaridi

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I monosaccaridi sono solidi cristallini a temperatura ambiente e, stante la presenza di gruppi –OH, sono solubili in acqua.
Poiché i monosaccaridi hanno almeno un carbonio asimmetrico i monosaccaridi esibiscono proprietà ottiche essendo in grado di ruotare il piano di una luce monocromatica e linearmente polarizzata.
Sebbene i monosaccaridi si presentino prevalentemente in forma emiacetalica è comunque presente all’equilibrio la forma aldeidica o la forma chetonica pertanto essi danno le tipiche reazioni delle aldeidi e dei chetoni. Inoltre essendo presente la funzione alcolica i monosaccaridi danno anche le tipiche reazioni degli alcoli.
Sia il gruppo alcolico che quello aldeidico possono essere ossidati rapidamente. La reazione con acido nitrico porta all’ossidazione sia del gruppo alcolico primario che di quello aldeidico di un aldoso con ottenimento di un acido bicarbossilico.
Ad esempio il D-galattosio viene ossidato dall’azione dell’acido nitrico a 0°C con una resa dell’87% ad acido galactarico:acido galactarico
Nei monosaccaridi aldosi è possibile ossidare selettivamente il solo gruppo carbonilico a gruppo carbossilico usando un ossidante più blando come il bromo in quanto quest’ultimo non è in grado di ossidare la funzione alcolica. In tali condizioni il D-glucosio viene ossidato a acido D-gluconico con una resa di circa il 96%
figossidazione glucosio
La reazione del gruppo carbossilico con un gruppo alcolico presente nel monosaccaride dà luogo ad una reazione di esterificazione intramolecolare con formazione di un lattone. Per motivi di tensione dell’anello sono favoriti, in questa reazione, gli anelli a 6 o a 5 membri.
lattone
Le reazioni di ossidazione sono spesso usate per verificare la presenza di un gruppo aldeidico in un carboidrato: nel saggio di Tollens il composto viene trattato con una soluzione ammoniacale contenente lo ione Ag+. Il gruppo aldeidico viene ossidato e lo ione argento viene ridotto ad argento metallico. La formazione di uno specchio di argento conferma la positività del test
Tollens Test
Nel saggio di Fehling il composto viene trattato con una soluzione basica contenente lo ione Cu2+. Il gruppo aldeidico viene ossidato e lo ione Cu2+ viene ridotto a Cu2O di colore rosso. La formazione di un precipitato rosso di ossido di rame (I) conferma la positività del test.
FehlingTest
Il gruppo aldeidico può essere ridotto per idrogenazione catalitica o con sodio boroidruro. Ad esempio la riduzione del D-xilosio dà luogo alla formazione del D-xilitolo utilizzato quale dolcificante nelle gomme masticanti “senza zucchero”.
xilitolo
Il gruppo carbonilico presente nei monosaccaridi, come in tutti i composti in cui esso è presente, rende l’idrogeno legato al carbonio adiacente debolmente acido e ciò provoca l’isomerizzazione in ambiente basico come nel caso del glucosio che si trasforma in fruttosio
isomerizzazione
La reazione dei monosaccaridi che riveste un ruolo importante è la conversione del semiacetale in acetale per reazione con un acido in ambiente acido. Dalla reazione si ottiene un glicoside ovvero un composto ottenuto dalla reazione del monosaccaride in forma emiacetalica con un alcol in cui si forma un legame tra l’ossigeno dell’alcol e il carbonio acetalico detto legame glicosidico. In figura è rappresentata la reazione del D-glucosio con metanolo
legame glicosidico

Titolazioni acido-base. Livello difficile

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Le titolazioni acido-base costituiscono un metodo per la determinazione quantitativa di un acido o di una base mediante una reazione di neutralizzazione.

  •  Per determinare il grado di purezza di un campione contenente idrogeno carbonato di sodio si è proceduto a solubilizzarne 0.400 g ottenendo una soluzione con volume di 100 mL. Questa soluzione è stata titolata con 23.75 mL di HCl 0.200 M. Calcolare il grado di purezza del campione. Se una aliquota di 0.400 g di un campione puro di idrogeno carbonato di un elemento del Gruppo 1 viene titolata da 20.00 mL di HCl identificare l’elemento. 

HCO3 + H+ → H2O + CO2

Le moli di HCl impiegate per titolare l’idrogeno carbonato sono pari a 0.200 ∙ 0.02375 L = 0.00475

Essendo il rapporto stechiometrico tra l’idrogeno carbonato e l’acido cloridrico pari a 1:1

Moli di HCO3 = 0.00475

Massa di NaHCO3 = 0.00475 ∙ 84.007 g/mol = 0.399 g

Grado di purezza del campione = 0.399 ∙ 100/ 0.400=99.8

– moli di HCl = 0.02000 L ∙ 0.200 M = 0.00400 = moli di MHCO3

Peso molecolare di MHCO3 = 0.400 g/0.00400 mol = 100 g/mol

Il peso atomico di M vale 100 – [1 + 12 + 3(16)] = 39 g/mol

M è quindi il potassio

  • Un acido organico contenente monobasico avente massa 0.279 g è stato titolato con 20.5 mL di NaOH 0.100 M. Calcolare il peso molecolare dell’acido

Le moli di NaOH sono pari a 0.100 M ∙ 0.0205 L = 0.00205

Essendo l’acido monobasico il rapporto stechiometrico tra l’acido e NaOH è di 1:1

Moli di acido = 0.00205

Peso molecolare = 0.279 g/ 0.00205 mol=136 g/mol

  • Un campione impuro di acido benzoico avente massa 0.236 g è stato titolato con 19.15 mL di NaOH 0.100 M. Determinare il grado di purezza del campione

Moli di NaOH = 0.100 M ∙ 0.01915 L = 0.00192

C6H5COOH + NaOH = C6H5COOH + H2O

Il rapporto stechiometrico tra l’acido benzoico e NaOH è di 1:1

Moli di acido benzoico = 0.00192 ∙122.12 g/mol= 0.234 g

Grado di purezza = 0.234 ∙ 100/0.236 = 99.2

  • Per standardizzare una soluzione di HCl è stato usato, quale standard primario, il carbonato di sodio di cui sono stati pesati 13.25 g che sono stati solubilizzati in acqua e portati a volume di 250 mL.

25.0 mL di questa soluzione sono stati necessari per neutralizzare 24.65 mL di HCl. Determinare la concentrazione di HCl.

Moli di Na2CO3 presenti in 250 mL = 13.25 g/105.9888 g/mol = 0.1250

Moli di Na2CO3 presenti in 25.0 mL = 25.0 ∙ 0.1250/250 = 0.0125

La reazione tra il carbonato di sodio e l’acido cloridrico è:

Na2CO3 + 2 HCl = H2O + CO2 + 2 NaCl

Il rapporto stechiometrico tra Na2CO3 e HCl è di 1:2

Moli di HCl = 0.0125 ∙ 2 = 0.0250

Concentrazione di HCl = 0.0250/ 0.02465 L = 1.01 M

  • Per determinare la solubilità dell’idrossido di calcio un campione è stato dibattuto in acqua e, dopo la filtrazione, si è proceduti alla titolazione con HCl. Un volume pari a 50.0 mL di questa soluzione hanno richiesto 15.22 mL di HCl 0.1005 M. Calcolare la solubilità dell’idrossido di calcio in g/L

Moli di HCl = 0.01522 L ∙ 0.1005 M = 0.001530

La reazione tra idrossido di calcio e acido cloridrico è:

Ca(OH)2 + 2 HCl → CaCl2 + 2 H2O

Il rapporto stechiometrico tra Ca(OH)2 e HCl è di 1:2

Moli di Ca(OH)2 = 0.001530/2=0.000765

Poiché la solubilità deve essere espressa in g/L:

moli di Ca(OH)2 in 1 L ( = 1000 mL) = 0.000765 ∙ 1000/50.0 =0.0153

massa di Ca(OH)2 = 0.0153 mol ∙ 74.093 g/mol = 1.13 g/L

Ione mercuroso

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Il mercurio ha configurazione elettronica [Xe] 4f145d106s2 pertanto la configurazione elettronica dello ione Hg+ deve essere [Xe] 4f145d106s1 in cui è presente un elettrone spaiato nel livello s il che renderebbe i composti contenenti lo ione Hg+ paramagnetici.

Tuttavia i composti contenenti mercurio con numero di ossidazione +1 sono diamagnetici il che implica che si è verificata la perdita di entrambi gli elettroni 6s e la conseguente assenza di elettroni spaiati.

Questo fenomeno viene spiegato con la formazione di un legame Hg-Hg nei composti di mercurio (I) in cui è presente lo ione Hg22+ .

Lo ione Hg22+ dà spesso reazioni di disproporzione dando luogo alla formazione di mercurio metallico e dello ione Hg2+:

Hg22+ → Hg + Hg2+

Il prodotto di partenza per ottenere composti contenenti lo ione Hg22+ è il nitrato di mercurio (I) che si ottiene dalla reazione tra l’acido nitrico e il mercurio.

Esso è solubile in acqua ma dà luogo a caldo a una reazione di decomposizione termica per dare ossido di mercurio (II) e biossido di azoto secondo la reazione:

Hg2(NO3)2 → 2 HgO + 2 NO2

L’ossido di mercurio (II) a sua volta si decompone in mercurio e ossigeno secondo la reazione:

2 HgO → 2 Hg + O2

In ambiente basico lo ione Hg22+ dà luogo alla formazione di mercurio e ossido di mercurio (II) secondo la reazione:

Hg22+ + 2 OH → Hg + HgO + H2O

In presenza di solfuro di idrogeno lo ione Hg22+ dà luogo alla formazione di mercurio e solfuro di mercurio (II) secondo la reazione:

Hg22+ + H2S → Hg + HgS + 2 H+

In presenza di idrogeno carbonato lo ione Hg22+ dà luogo alla precipitazione del carbonato di mercurio (I) secondo la reazione:

Hg22+ + 2 HCO3 → Hg2CO3 + CO2 + H2O

Il carbonato di mercurio (I) dà luogo a una reazione di decomposizione termica di disproporzione:

Hg2CO3 → HgO + Hg + CO2

In presenza di ione solfato lo ione Hg22+ dà luogo alla formazione di un precipitato di solfato di mercurio (I) secondo la reazione:

Hg22+ + SO42- → Hg2SO4

Il fluoruro di mercurio (I) Hg2F2 è solubile in acqua e reagisce con essa per dare ossido di mercurio (II), mercurio e acido fluoridrico secondo la reazione:

Hg2F2 + H2O → HgO + Hg + 2 HF

Lo ione Hg22+ viene ridotto a mercurio da agenti riducenti come Sn2+ e Fe2+:

Hg22+ + 2 Fe2+ → 2 Hg + 2 Fe3+

Uno dei composti più importanti in cui il mercurio presenta numero di ossidazione +1 è il cloruro di mercurio (I) Hg2Cl2 noto con il nome di calomelano che a temperatura ambiente si presenta come un solido bianco inodore.

Esso può essere ottenuto da una reazione di comproporzione a partire dal mercurio metallico e dal cloruro di mercurio (II) secondo la seguente reazione:

Hg + HgCl2 → Hg2Cl2

Il cloruro di mercurio (I) deve la sua importanza all’elettrodo a calomelano che costituisce un elettrodo di riferimento.
In presenza di ammoniaca il cloruro di mercurio (I) dà luogo a una reazione di disproporzione con formazione di mercurio metallico e di mercurio amidocloruro di colore bianco che precipita secondo la reazione:

Hg2Cl2(s)+ 2 NH3(aq)→ Hg(l) + HgNH2Cl(s) + NH4Cl(aq)

 


Composizione e pH

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In presenza di un acido poliprotico può essere utile trovare una correlazione tra la concentrazione idrogenionica e quella delle varie specie presenti in soluzione.

Consideriamo, ad esempio, un acido diprotico H2A: a bassi valori di pH si può prevedere qualitativamente che la specie predominante sia quella totalmente protonata mentre ad alti valori di pH prevale la specie totalmente deprotonata. Tali previsioni necessitano, tuttavia, di un’indicazione quantitativa.

Consideriamo, l’acido carbonico e le sue relative dissociazioni:

H2CO3 + H2O ⇌ HCO3 + H3O+

HCO3 + H2O ⇌ CO32- + H3O+

Le espressioni delle costanti relative ai due equilibri sono:
Ka1 = [HCO3][ H3O+]/[H2CO3]

Ka2 = [CO32-][ H3O+]/[HCO3]

Si può esprimere la composizione della soluzione in funzione della frazione in cui al numeratore vi è la concentrazione di una specie e al denominatore la somma delle concentrazioni di tutte le altre specie:

X(H2CO3) = [H2CO3]/[ H2CO3]+ [HCO3]+ [CO32-]

X(HCO3) = [HCO3]/[ H2CO3]+ [HCO3]+ [CO32-]

X(CO32-) = [CO32-]/[ H2CO3]+ [HCO3]+ [CO32-]

Dividiamo numeratore e denominatore di ciascuna delle precedenti espressioni per la specie intermedia [HCO3]:

X(H2CO3) = [H2CO3]/[[HCO3]/[H2CO3]/[HCO3]+1+ [CO32-]/[HCO3]  (1)

X(HCO3) = 1/[ H2CO3]/[HCO3]+ 1+ [CO32-]/[HCO3] (2)

X(CO32-) = [CO32-]/[HCO3]/[ H2CO3]/[HCO3]+ 1+ [CO32-]/[HCO3] (3)

Dalla Ka1 si ha: [H2CO3]/[HCO3] = [H3O+]/Ka1

Dalla Ka2 si ha:[CO32-]/[HCO3] = Ka2/[H3O+]

Pertanto sostituendo tali espressioni nella (1), (2) e (3) e sviluppando si ha:

X(H2CO3) = [H3O+]2 /[H3O+]2 + [H3O+]Ka1 + Ka1Ka2

X(HCO3) = [H3O+]Ka1/ [H3O+]2 + [H3O+]Ka1 + Ka1Ka2

X(CO32-) = Ka1 Ka2 /[H3O+]2 + [H3O+]Ka1 + Ka1Ka2

Tali espressioni consentono di determinare la composizione a qualunque valore di pH

Carbonato di ferro (II)

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Il carbonato di ferro (II) FeCO3 si rinviene in natura nella siderite minerale utile per l’estrazione del ferro in quanto contiene circa il 48% del metallo.

Il carbonato di ferro (II) è un sale poco solubile con un Kps di 3.13 ∙ 10-11 ed ha pertanto solubilità molare di 5.60 ∙ 10-6 e ciò implica che si solubilizzano 6.48 ∙ 10-4 g per litro di soluzione.

Il carbonato di ferro (II) è tuttavia solubile in molti acidi; è una sostanza instabile in cui il ferro viene facilmente ossidato in presenza di ossigeno a ferro (III).

Ad una temperatura maggiore di 280°C il carbonato di ferro (II) dà luogo a una reazione di decomposizione termica con formazione di ossido di ferro (II) e (III), biossido di carbonio e monossido di carbonio:

3 FeCO3 → Fe3O4 + 2 CO2 + CO

Stante la sua bassa solubilità in acqua il carbonato di ferro (II) può essere ottenuto in laboratorio per precipitazione utilizzando soluzioni contenenti rispettivamente sali solubili di ferro (II) come FeCl2 e carbonati solubili come Na2CO3 secondo la reazione di reazione di doppio scambio:

FeCl2(aq) + Na2CO3(aq)→ FeCO3(s) + 2 NaCl(aq)

 

Esercizi di termodinamica

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Vengono proposti esercizi di termodinamica in cui si devono calcolare alcune grandezze a seguito di trasformazioni isobare, isocore, isoterme e adiabatiche.

Esercizi

  • In un processo isobaro un gas ideale in un sistema pistone/cilindro un gas ideale viene riscaldato e alla pressione costante di 200 kPa si espande da 0.04 m3 a 0.10 m3. Calcolare il lavoro fatto dal sistema

In condizioni isobare W = pΔV = 200 kPa( 0.10 m3 – 0.04 m3)= 12 kJ

  • In un processo isocoro 0.9 kg di idrogeno vengono raffreddato da 400°C a 350°C. Calcolare il calore rimosso dal sistema sapendo che per l’idrogeno Cv=10.2 kJ/kg∙K

In condizioni isocore Q = m∙Cv∙ΔT

T2=623 K

T1= 673 K

Q = 0.9 kg ∙ 10.2 kJ/kg∙K ( 623-673) = – 459 kJ

  • In un processo isotermo 4 moli di aria inizialmente a 1 atm e 295 K vengono compresse fino a quando la pressione finale è di 8 atm. Calcolare il calore in gioco in questo processo stabilendo se il calore viene assorbito o ceduto dal sistema

In un processo isotermo W = nRT ln(p1/p2)

Il rapporto p1/p2 può essere espresso anche in atm senza dover convertire le rispettive pressioni in Pa in quanto il risultato è lo stesso

W = 4 mol ∙8.314 J/mol ∙ K ∙ 295 K ln 1/8 =  – 20400 J

Il segno negativo indica che il calore è stato perso dal sistema

  • Un gas ideale monoatomico alla pressione di 1.01 ∙ 105 Pa si espande adiabaticamente da 1.50 m3 a 3.00 m3, Calcolare la pressione finale

In una trasformazione adiabatica pVγ = costante essendo γ =cp/cv

Per un gas monoatomico cp = 5/2 R e cv=3/2R pertanto γ = 5/3

p1V1γ = 1.01 ∙ 105 ∙ ( 1.50)5/3= 1.99 ∙ 105

Poiché p1V1γ = p2V2γ

Si ha:

1.99 ∙ 105 = p2(3.00)5/3

p2 = 3.19 ∙ 104 Pa

Sport e dispendio energetico

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L’uomo attraverso i cibi assunti assume energia che utilizza per le funzioni vitali a riposo e a digiuno, per la digestione e l’assorbimento dei nutrienti e per l’attività fisica che è la componente più variabile della spesa energetica quotidiana.

Per mantenere un determinato peso corporeo l’energia assunta deve essere pari a quella spesa mentre se si vuole perdere peso l’energia assunta deve essere minore rispetto a quella spesa. Un adeguato apporto energetico supporta la funzione ottimale del corpo, determina la capacità di assunzione di macronutrienti e di micronutrienti e aiuta a manipolare la composizione corporea.

In tutti i casi ci si deve rivolgere a un dietologo che attraverso gli opportuni accertamenti su possibili patologie, stile di vita, età e sesso indicherà la dieta più opportuna.

I prodotti industriali recano in etichetta l’energia fornita, solitamente per 100 g di parte edibile, l’energia fornita che può essere espressa in calorie, chilocalorie o joule (si tenga presente che 1 cal = 4.184 J).

Meno diffusi sono i dati relativi alla spesa energetica a seguito di attività fisica che vengono riportati nella seguente tabella. I dati sono riferiti ad un uomo del peso di 80 kg in un’ora di esercizio

Attività fisica Energia spesa (kcal/h)
Ginnastica aerobica leggera 325
Pallacanestro 940
Yoga 280
Nuoto amatoriale 560
Sci amatoriale 560
Bicicletta a 30 km/h 830
Canoa amatoriale 240
Jogging  a 12 km/h 950
Salire le scale 1200
Racquetball 740
Equitazione 368
Pallavolo 390
Scherma 640
Tennis 520

 

Determinazione della composizione dell’aria

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L’aria è un miscuglio di sostanze aeriformi costituita da gas come azoto, ossigeno e argon e vapore acqueo.

La concentrazione di vapore acqueo varia significativamente a seconda che si considerino le zone più fredde dell’atmosfera piuttosto che le zone calde.

Vengono riportati in tabella i principali costituenti dell’aria secca in volume:

Gas Formula % volume
Azoto N2 78.084
Ossigeno O2 20.946
Argon Ar 0.9340
Biossido di carbonio CO2 0.04
Neon Ne 1.818 ∙ 10-3
Elio He 5.24 ∙ 10-4
Metano CH4 1.79 ∙ 10-4

L’aria può essere ottenuta allo stato liquido: il processo di condensazione può essere effettuato alla pressione di 1 atm e alla temperatura di – 194.4°C o a temperature più elevate, ma al di sotto della temperatura critica, se la pressione è maggiore.

Il metodo comunemente adottato per ottenere l’aria liquida è noto come il processo Linde che viene utilizzato per separare ossigeno e azoto che trovano, rispettivamente, largo impiego nell’industria.

La presenza e la quantità di ossigeno nell’aria può essere ottenuta in laboratorio bruciando alcuni metalli come rame, piombo e magnesio in presenza di aria. L’ossigeno si combina con questi metalli formando i rispettivi ossidi secondo le reazioni:

2 Cu(s) + O2(g)→ 2 CuO(s)

2 Pb(s) + O2(g)→ 2 PbO(s)

2 Mg(s) + O2(g)→ 2 MgO(s)

La differenza tra la massa dell’ossido e quella del metallo rappresenta la massa di ossigeno presente in un volume noto di aria. Al posto dei metalli può essere usato il fosforo bianco che è facilmente infiammabile e brucia secondo la reazione:

P4(s) + 5 O2(g)→ P4O10(s)

La misurazione della qualità dell’aria, ovvero della sua composizione, costituisce un utile strumento per garantire la tutela della salute della popolazione e la protezione degli ecosistemi.

Per rilevare la quantità di ossigeno, così come di altri gas presenti nell’aria si possono utilizzare opportuni sensori elettrochimici ovvero dispositivi capaci di riconoscere in continuo concentrazioni di composti in liquidi o gas e convertire questa informazione in un segnale elettrico.

Le moderne misurazioni della quantità di gas presenti viene attualmente effettuata tramite rilevazioni di tipo NDIR in cui si utilizza un sensore infrarosso non-dispersivo piuttosto che un sensore elettrochimico.

I componenti principali di un sensore NDIR (nondispersive infrared sensor) sono una sorgente di raggi infrarossi, una camera del gas campione, un filtro per la lunghezza d’onda e un rivelatore.

La luce IR viene diretta attraverso la camera del gas campione mentre in parallelo c’è un’altra camera in cui è presente un gas di riferimento, solitamente azoto.

Il gas presente nella camera del campione assorbe a lunghezze d’onda specifiche, secondo la legge di Lambert-Beer, una parte della radiazione della radiazione incidente e trasmettendone la rimanente che viene misurata dal rivelatore per determinare la concentrazione del gas.

Davanti al rivelatore è presente un filtro ottico che elimina le lunghezze d’onda di tutte le radiazioni eccetto quella che il gas selezionato può assorbire. La strumentazione può essere provvista di più filtri sia sui singoli sensori che su una ruota rotante in modo che si possano misurare simultaneamente diverse lunghezze d’onda.

 

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