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Channel: Chimica – Chimicamo
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Coefficienti stechiometrici

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I rapporti quantitativi tra i reagenti e i prodotti di una reazione chimica costituiscono un aspetto fondamentale della stechiometria al fine di poter prevedere le quantità delle sostanze che reagiscono e quelle dei prodotti di reazione.

E’ quindi necessario prima di procedere a qualsiasi calcolo bilanciare la reazione chimica anteponendo a ciascuna specie un numero, detto coefficiente stechiometrico, per fare in modo che un elemento compaia lo stesso numero di volte a sinistra e a destra della reazione.

Le reazioni di ossidoriduzione vanno bilanciate seguendo due possibili metodi: il metodo del numero di ossidazione e il metodo delle semireazioni.

Molte reazioni, anche redox, tuttavia, possono essere bilanciate a vista e pertanto non è possibile fornire un metodo per il loro bilanciamento ma, al di là dell’esperienza, possono tornare utili alcune linee di carattere generale:

  • Assegnare il coefficiente 1 alla specie più complesse ovvero a quelle in cui sono presenti, nella formula, il maggior numero di elementi diversi
  • Bilanciare ogni singolo elemento senza mai cambiare le formule chimiche
  • Eliminare eventuali coefficienti frazionari

Esempi:

Bilanciare la reazione: N2 + O2 → NO

La specie in cui compaiono più elementi diversi è NO a cui può essere assegnato il coefficiente 1. Pertanto la reazione bilanciata è:

½ N2 + ½ O2 → NO

Per eliminare i coefficienti frazionari moltiplichiamo per 2 tutte le specie presenti nella reazione:

N2 + O2 → 2 NO

Bilanciare la reazione:

N2 + O2 → N2O3

La specie in cui compaiono più elementi diversi è N2O3 a cui può essere assegnato il coefficiente 1.

N2 + O2 →1 N2O3

A sinistra compaiono 2 atomi di azoto e a destra pure quindi la reazione è bilanciata per l’azoto. Tuttavia a sinistra vi sono 2 atomi di ossigeno e a destra 3 quindi anteponiamo a O2 il coefficiente 3/2

N2 + 3/2 O2 → 1 N2O3

Per eliminare i coefficienti frazionari moltiplichiamo per 2 tutte le specie presenti nella reazione:

2 N2 + 3 O2 → 2 N2O3

Bilanciare la reazione:

C6H12O6 + O2 → CO2 + H2O

La specie in cui compaiono più elementi diversi è C6H12O6 a cui può essere assegnato il coefficiente 1.

1 C6H12O6 + O2 → CO2 + H2O

A sinistra vi sono 6 atomi d carbonio quindi anteponiamo il coefficiente 6 davanti a CO2

1 C6H12O6 + O2 → 6 CO2 + H2O

A sinistra vi sono 12 atomi di idrogeno quindi anteponiamo il coefficiente 6 davanti ad H2O

1 C6H12O6 + O2 → 6 CO2 + 6 H2O

A questo punto contiamo gli atomi di ossigeno a destra che risultano essere (6∙2) + 6 = 18. A sinistra ve ne sono 6 nella molecola C6H12O6 quindi ne devono essere aggiunti 18 – 6 = 12. Pertanto si antepone a O2 il coefficiente 6 e quindi la reazione bilanciata, omettendo il coefficiente 1 che di norma viene sottinteso, è:

C6H12O6 +6 O2 → 6 CO2 + 6 H2O

Consideriamo quest’ultima reazione bilanciata: si può dire che una molecola di glucosio reagisce con 6 molecole di ossigeno per dare 6 molecole di biossido di carbonio e 6 molecole di acqua ovvero che i rapporti stechiometrici sono 1:6:6:6

Invece che parlare di molecole si fa riferimento alle moli ovvero 1 mole di glucosio reagisce con 6 moli di ossigeno per dare 6 moli di biossido di carbonio e 6 moli di acqua.

Dalle moli si può passare ai grammi attraverso la massa molecolare e quindi si può dire che 180 g di glucosio reagiscono con 6 ∙ 32 = 192 grammi di ossigeno per dare 6 ∙ 44 =264 g di biossido di carbonio e 6 ∙ 18 = 108 g di acqua.

Si noti che la somma delle masse dei reagenti ovvero 180 + 192 = 372 g è pari alla somma delle masse dei prodotti di reazione ovvero 264 + 108 = 372 g in ossequio al principio di conservazione della massa enunciato da Lavoisier che costituisce la prima delle leggi ponderali.

 


Calcio

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Il calcio è un metallo alcalino-terroso appartenente al Gruppo 2 e al 4° Periodo avente configurazione elettronica [Ar] 4s2.

Sebbene il calcio sia il quinto più abbondante elemento presente sulla crosta terrestre on lo si rinviene allo stato puro in quanto tende a formare composti che erano noti fin dai tempi degli antichi romani che utilizzavano un particolare legante a base di ossido di calcio, cenere vulcanica, acqua di mare e grumi di roccia vulcanica che ha sfidato i secoli.

Il calcio metallico fu ottenuto per la prima volta da Sir Humphry Davy nel 1808 dall’elettrolisi di un composto del calcio allo stato fuso.

In natura si trova in molti minerali ed in particolare sotto forma di silicati nelle rocce magmatiche, e come carbonato sotto forma di calcite e come aragonite, come fosfato nella fosforite, come solfato nell’anidrite che sono rocce di tipo sedimentario.

E’ un solido metallico di colore bianco-argenteo duttile e malleabile il cui numero di ossidazione più comune è +2.

Reazioni del calcio

Reagisce con l’ossigeno secondo la reazione:

2 Ca(s) + O2(g)→ 2 CaO(s)

pertanto tende a ricoprirsi di un sottile strato del suo ossido che lo protegge da ulteriori reazioni.

In presenza di ossigeno ad alta pressione il calcio dà luogo alla formazione del perossido CaO2 da cui si può ottenere il superossido Ca(O2)2 di colore giallo.

Dalla combustione del calcio in presenza di aria si ottiene, oltre che l’ossido, anche il nitruro secondo la reazione:

3 Ca(s) + N2(g)→ 2 Ca3N2(s)

Il calcio reagisce con l’acqua dando luogo alla formazione di idrossido di calcio e idrogeno gassoso secondo la reazione:

Ca(s) + 2 H2O(l)→ Ca(OH)2(aq) + H2(g)

Il calcio reagisce con gli alogeni per dare i rispettivi alogenuri secondo la reazione generale:

Ca + X2 → CaX2

Il calcio reagisce con l’idrogeno per dare l’idruro:

Ca(s) + H2(g)→ CaH2(s)

Reazioni dello ione calcio

Il calcio forma molti sali poco solubili pertanto dalla reazione di una soluzione contenente ioni calcio si possono ottenere numerosi sali.

Lo ione calcio si combina:

  • con gli ioni carbonato in soluzioni neutre o alcaline dando luogo alla formazione di carbonato di calcio:

Ca2+(aq) + CO32-(aq)→ CaCO3(s)

  • con gli ioni ossalato per dare ossalato di calcio:

Ca2+(aq)+ C2O42-(aq) → CaC2O4(s)

  • con gli ioni fosfato per dare il fosfato di calcio:

3 Ca2+(aq)+ 2 PO43-(aq)→ Ca3(PO4)2(s)

  • con gli ioni solfato per dare il solfato di calcio

Ca2+(aq)+ SO42-(aq) → CaSO4(s)

Il calcio è utilizzato come agente riducente per ottenere metalli, come il torio e l’uranio e lo zirconio, come deossidante, desolforante o decarburante per vari tipi di leghe ferrose e non ferrose.

Esso inoltre forma leghe con alluminio, rame, berillio, piombo e magnesio.

I composti del calcio, gesso, carbonato di calcio e ossido di calcio trovano utilizzo come materiali da costruzione.

Il giardino chimico

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La chimica è una disciplina affascinante che studia le trasformazioni della materia; alcune reazioni sono spettacolari e affascinano anche i non addetti ai lavori. Tra queste “Il serpente del Faraone”, la “Disidratazione del saccarosio” o “L’eruzione vulcanica in laboratorio”.

Meno nota, ma non per questo meno affascinante è la reazione attraverso la quale si ottiene il cosiddetto giardino chimico.

Tale reazione fu descritta dal chimico e alchimista tedesco Johann Rudolf Glauber già nel 1646 e si basa sulla proprietà di molti silicati dei metalli di transizione di essere poco solubili in acqua e colorati.

Aggiungendo un sale metallico come il cloruro di cobalto a una soluzione di silicato di sodio avviene una reazione di doppio scambio:

 CoCl2(aq) + Na2SiO3(aq) = CoSiO3(s) + 2NaCl(aq)

con formazione del silicato di cobalto poco solubile in acqua che costituisce una membrana semipermeabile. Poiché la forza ionica dello ione cobalto che non ha reagito presente all’interno della membrana è maggiore rispetto a quella della soluzione di silicato di sodio, gli effetti osmotici portano ad un aumento della pressione all’interno della membrana che tenderà a lacerarsi.

Da questo foro formatosi sulla membrana fuoriescono gli ioni cobalto che reagiranno con il silicato presente in soluzione per formare nuovi cristalli che tenderanno a salire verso l’alto in quanto la pressione alla base del recipiente di reazione è maggiore rispetto a quella presente in superficie.

In un tempo più o meno lungo che dipende dalla densità della soluzione si noterà la formazione di strutture colorate simili a ramoscelli ornati da fiori.

Bolle di sapone

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Anche nel terzo millennio probabilmente non c’è bambino che non abbia giocato con le bolle di sapone dai colori iridescenti che, una volta formate, si librano nell’aria per poi scoppiare.

Un tempo era un gioco per tutti i bimbi anche quelli che non potevano permettersi di avere giocattoli costosi perché la soluzione con cui potevano essere fatte veniva spesso preparata in casa utilizzando del semplice sapone per i piatti e acqua.
Ora si vendono, a un prezzo abbordabile, un kit con la soluzione già pronta e l’apposita bacchetta di plastica.
Come accade in molti casi ci sono sempre le leggi della chimica e regolare questo fenomeno che incanta spesso anche gli adulti oltre che i bambini.
Una molecola di sapone è costituita da una lunga catena carboniosa e pertanto idrofoba che reca ad una estremità un gruppo carbossilato –COO- di tipo idrofilo.
Quando il sapone viene solubilizzato in acqua che è una molecola polare in cui l’ossigeno ha una parziale carica negativa e l’idrogeno ha una parziale carica positiva si formano delle micelle ovvero delle piccole sfere
rivestite all’esterno di gruppi polari idrofili e contenenti all’interno la parte idrofoba delle molecole di sapone.
Le molecole di sapone si comportano da tensioattivi ovvero sostanze in grado di abbassare la tensione superficiale dei liquidi. Nelle bolle di sapone si formano tre strati sottilissimi costituiti da uno strato lamellare di molecole di acqua tra due strati di molecole di sapone che diminuiscono la tensione superficiale a circa 1/3.

Il sistema lamellare ha una sua specifica elasticità e resistenza da cui dipende la possibilità di ottenere bolle dalle caratteristiche più svariate.
L’abbassamento della tensione superficiale dell’acqua stabilizza la bolla grazie al cosiddetto effetto Marangoni secondo cui si verifica un trasferimento di massa lungo un’interfaccia a causa di un gradiente superficiale.
Infatti poiché un liquido con una tensione superficiale maggiore esercita una forza maggiore sul liquido circostante rispetto un liquido con una bassa tensione superficiale, la presenza di un gradiente di tensione superficiale fa sì che il liquido scorra via da regioni a bassa tensione superficiale.
Quando una bolla si ingrandisce la concentrazione del sapone diminuisce provocando un aumento della tensione superficiale che tende a non far ingrandire ulteriormente la bolla e riduce l’evaporazione.
La tensione superficiale gioca un ruolo anche sulla forma di una bolla di sapone che si presenta sferica essendo la sfera il solido che ha il minor rapporto superficie/volume.
Una volta formate le bolle di sapone dopo aver volteggiato nell’aria scoppiano perché l’acqua contenuta nello strato intermedio a causa della forza di gravità tende ad andare verso il basso e la pellicola nella parte superiore diventa via via sempre più sottile fino a rompersi.
L’iridescenza delle bolle di sapone è dovuta all’interazione tra la luce solare e il film non perfettamente uniforme della bolla di sapone.
Quando la luce colpisce il film alcuni raggi vengono riflessi dalla superficie e altri penetrano all’interno e vengono riflessi dopo aver subito una deviazione.
Inizialmente, quando la bolla è più spessa viene assorbita la componente rossa della luce solare che ha la maggiore lunghezza d’onda e viene riflessa la componente blu e verde. Quando il film si assottiglia si ha assorbimento nel giallo e riflessione nel blu e poi assorbimento nel verde e riflessione nel magenta e infine assorbimento nel blu riflettendo il colore giallo oro fino alla scomparsa della colorazione.

Serina

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La serina è un α-amminoacido polare non essenziale utilizzato per la biosintesi delle proteine che può essere denominato come acido 2-ammino,3-idrossipropanoico la cui struttura è:

struttura serina

Fu isolata per la prima volta dalla sericina, proteina detta anche colla o gomma della seta presente sulla superficie delle fibre di seta greggia, attorno alla fibroina che per idrolisi si scinde in svariati amminoacidi tra cui la serina.

La struttura della serina fu determinata, tuttavia, solo nel 1902 e fu sintetizzata da Fischer e Leuchs all’inizio del XX secolo seguendo il metodo di Strecker.

La serina è coinvolta nella formazione dei fosfolipidi, nel funzionamento del DNA e dell’RNA, nella formazione dei muscoli e nel mantenimento di un adeguato sistema immunitario. Secondo alcuni studi la carenza di serina può provocare stanchezza cronica e fibromialgia.

La serina entra nella produzione di immunoglobuline e anticorpi oltre che per facilitare l’assorbimento della creatina che aiuta a costruire e mantenere i muscoli.

La serina è un amminoacido importante per il corretto funzionamento del cervello e del sistema nervoso. 

E’ un precursore per la produzione di amminoacidi come glicina, cisteina e di numerosi metaboliti tra cui gli sfingolipidi

Essendo un amminoacido non essenziale la serina può essere biosintetizzata a partire da un intermedio della glicolisi ovvero il 3-fosfoglicerato che viene ossidato grazie all’enzima fosfoglicerato deidrogenasi appartenente alla classe delle ossidoriduttasi a 3-fosfoidrossipiruvato e NADH.

Dalla transaminazione di questo composto si ottiene, ad opera dell’enzima fosfoserina transaminasi la 3-fosfoserina che viene idrolizzata a serina ad opera dell’enzima fosfoserina fosfatasi.

biosintesi serina

La serina viene rinvenuta in molti alimenti tra cui semi di soia crudi,  tuorlo d’uovo, lenticchie, ceci, arachidi, noci, mandorle, salumi, carne di manzo, di maiale e di pollo, salmone, crostacei, latte di soia, latte intero e asparagi.

 

Riduzione dei nitrili ad ammine

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nitrili sono composti organici di formula R-C≡ N in cui R è un gruppo idrocarburico alifatico o aromatico. L’atomo di carbonio legato all’azoto presenta ibridazione sp e, essendo l’atomo di azoto più elettronegativo rispetto all’atomo di carbonio, quest’ultimo presenta una parziale carica positiva ed è soggetto ad addizioni nucleofile.

Dalla reazione tra un nitrile e un riducente si ottiene un’ammina primaria. La reazione è di riduzione in quanto il carbonio legato all’azoto infatti nei nitrili ha numero di ossidazione +3 mentre nelle ammine  come R-CH2-NH2 ha numero di ossidazione -1.

Il riducente che viene usato è il litio alluminio idruro piuttosto che il sodio boroidruro che ha un minore potere riducente pertanto la reazione viene condotta in solventi inerti come dietiletere e tetraidrofurano in quanto in solventi protici il litio alluminioidruro reagisce in modo violento.

La reazione può essere schematizzata come:

R-C≡N → R-CH2-NH2

Il litio alluminio idruro ha formula LiAlHed è un forte agente riducente che costituisce un fonte di ioni idruro H essendo un composto ionico costituito dallo ione Li+ e dall’anione tetraedrico AlH4.

La reazione avviene secondo un meccanismo di addizione nucleofila e prevede nel primo stadio della reazione l’addizione di un idruro al carbonio legato all’azoto, la rottura del triplo legame con formazione di AlH3 e di un azoto carico negativamente che si lega all’alluminio

I nitrili sono composti organici di formula R-C≡ N in cui R è un gruppo idrocarburico alifatico o aromatico. L’atomo di carbonio legato all’azoto presenta ibridazione sp e, essendo l’atomo di azoto più elettronegativo rispetto all’atomo di carbonio, quest’ultimo presenta una parziale carica positiva ed è soggetto ad attacchi nucleofili. Dalla reazione tra un nitrile e un riducente si ottiene un’ammina primaria. Il riducente che viene usato è il litio alluminio idruro piuttosto che il sodio boroidruro che ha un minore potere riducente pertanto la reazione viene condotta in solventi inerti come dietiletere e tetraidrofurano in quanto in solventi protici il litio alluminioidruro reagisce in modo violento. La reazione può essere schematizzata come: R-C≡N → R-CH2-NH2 Il litio alluminio idruro ha formula LiAlH4 ed è un forte agente riducente che costituisce un fonte di ioni idruro H– essendo un composto ionico costituito dallo ione Li+ e dall’anione tetraedrico AlH4-. La reazione avviene secondo un meccanismo di addizione nucleofila e prevede nel primo stadio della reazione l’addizione di un idruro al carbonio legato all’azoto, la rottura del triplo legame con formazione di AlH3 e di un azoto carico negativamente che si lega all’alluminio Fig1°stadio Nel secondo stadio si ha un’ulteriore addizione di un idruro con rottura del doppio legame carbonio-azoto e formazione di un intermedio che, in presenza di acqua dà luogo alla formazione dell’ammina primaria

Nel secondo stadio si ha un’ulteriore addizione di un idruro con rottura del doppio legame carbonio-azoto e formazione di un intermedio che, in presenza di acqua dà luogo alla formazione dell’ammina primaria

I nitrili sono composti organici di formula R-C≡ N in cui R è un gruppo idrocarburico alifatico o aromatico. L’atomo di carbonio legato all’azoto presenta ibridazione sp e, essendo l’atomo di azoto più elettronegativo rispetto all’atomo di carbonio, quest’ultimo presenta una parziale carica positiva ed è soggetto ad attacchi nucleofili. Dalla reazione tra un nitrile e un riducente si ottiene un’ammina primaria. Il riducente che viene usato è il litio alluminio idruro piuttosto che il sodio boroidruro che ha un minore potere riducente pertanto la reazione viene condotta in solventi inerti come dietiletere e tetraidrofurano in quanto in solventi protici il litio alluminioidruro reagisce in modo violento. La reazione può essere schematizzata come: R-C≡N → R-CH2-NH2 Il litio alluminio idruro ha formula LiAlH4 ed è un forte agente riducente che costituisce un fonte di ioni idruro H– essendo un composto ionico costituito dallo ione Li+ e dall’anione tetraedrico AlH4-. La reazione avviene secondo un meccanismo di addizione nucleofila e prevede nel primo stadio della reazione l’addizione di un idruro al carbonio legato all’azoto, la rottura del triplo legame con formazione di AlH3 e di un azoto carico negativamente che si lega all’alluminio Fig1°stadio Nel secondo stadio si ha un’ulteriore addizione di un idruro con rottura del doppio legame carbonio-azoto e formazione di un intermedio che, in presenza di acqua dà luogo alla formazione dell’ammina primaria

 

Idrolisi delle ammidi

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L’idrolisi delle ammidi è una reazione di rilevante interesse sia da un punto di vista sia pratico che teorico in quanto le ammidi possono essere considerate come unità fondamentali delle proteine e la conoscenza della loro reattività è chiaramente di notevole importanza mentre l’interesse teorico per l’idrolisi delle ammidi è dovuto all’analogia di questa reazione con quella dell’idrolisi degli esteri

Le ammidi danno luogo a idrolisi sia in ambiente acido che in ambiente basico formando, come prodotti di reazione, rispettivamente un acido carbossilico e un anione carbossilato.

Viene riportato il meccanismo di idrolisi in ambiente acido di una N-alchilammide.

In ambiente acido avviene la protonazione dell’ossigeno con rottura del doppio legame carbonio ossigeno e formazione di una carica positiva sul carbonio. Quest’ultimo viene attaccato dall’ossigeno dell’acqua con formazione di un intermedio in cui è presente un nuovo legame carbonio ossigeno che, tuttavia essendo legato a due atomi di idrogeno, risulta avere carica positiva.

L’azoto attacca uno di questi idrogeni risultando protonato e con carica positiva. Si ha quindi l’allontanamento del gruppo –NHR con formazione di un intermedio stabilizzato per risonanza contenente due gruppi –OH.

Un idrogeno sotto forma di ione H+ si allontana con formazione di un acido carbossilico

ambiente acido

 

In ambiente basico avviene un attacco nucleofilo del gruppo –OH al carbonio acilico che ha una parziale carica positiva con conseguente rottura del doppio legame carbonio-ossigeno e formazione di un intermedio in cui l’ossigeno ha carica negativa.

Nel secondo stadio della reazione che costituisce lo stadio lento e avviene a caldo un doppietto elettronico solitario presente sull’ossigeno forma nuovamente il doppio legame con il carbonio con rottura del legame tra carbonio e azoto e formazione dell’acido carbossilico e dello ione NH2.

Nel terzo stadio che avviene in modo veloce questo anione agisce da base estraendo l’idrogeno dal gruppo –OH con formazione dell’anione carbossilato e di ammoniaca

ambiente basico

Idrolisi dei nitrili

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I nitrili sono composti organici di formula R-C≡ N in cui R è un gruppo idrocarburico alifatico o aromatico. L’atomo di carbonio legato all’azoto presenta ibridazione  sp e, essendo l’atomo di azoto più elettronegativo rispetto all’atomo di carbonio, quest’ultimo presenta una parziale carica positiva ed è soggetto ad addizioni nucleofile.

La reazione dei nitrili con l’acqua catalizzata dagli acidi avviene in due stadi: nel primo stadio si ottiene un’ammide con un meccanismo di addizione nucleofila mentre nel secondo stadio si forma un acido carbossilico secondo un meccanismo di sostituzione nucleofila.

Ad esempio l’etanonitrile più noto come acetonitrile dà luogo, in ambiente acido, alla formazione di acido etanoico secondo la reazione complessiva:

CH3-C≡ N + 2 H2O + HCl → CH3-COOH + NH4Cl

L’idrolisi dei nitrili può avvenire sia in ambiente acido che in ambiente basico. In ambiente acido nel primo stadio avviene la protonazione dell’azoto

protonazione

Nel secondo stadio avviene l’attacco nucleofilo dell’acqua che porta alla rottura del triplo legame carbonio-azoto e formazione di un intermedio in cui l’ossigeno ha la carica positiva

attacco nucleofilo acqua

Nel terzo stadio avviene il trasferimento di un protone tramite tautomerizzazione

trasferimento protone

che porta a un intermedio stabilizzato per risonanza in cui è presente un ossigeno carico positivamente

risonanza

Dalla deprotonazione tramite l’acqua dell’intermedio si forma un’ammide e H3O+.

Dall’idrolisi delle ammidi in ambiente acido si ottengono gli acidi carbossilici.

L’idrolisi dei nitrili può avvenire anche con catalisi basica con formazione, alla fine della reazione, dello ione carbossilato.


Ruolo del glutammato nel metabolismo

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Il glutammato, l’aspartato, l’alanina e la glutamina sono quattro degli amminoacidi che sono presenti nelle cellule con maggiore concentrazione. Questi amminoacidi hanno un ruolo importante nelle proteinee funzioni metaboliche.

Tra essi quello che riveste un ruolo primario è il glutammato che è responsabile della degradazione degli amminoacidi e dell’espulsione della maggior parte dell’azoto proveniente dalle proteine ​​alimentari.

Il glutammato può essere convertito reversibilmente in alfa-chetoglutarato che è un intermedio chiave del ciclo di Krebs.

glutammato deidrogenasi

L’alfa-chetoglutarato è un accettore di gruppi amminici che interviene nelle reazioni di transaminazione che costituiscono un processo chiave nella degradazione degli amminoacidi.

In esse un gruppo amminico viene trasferito da un amminoacido, spesso acido glutammico, a un chetoacido, piruvico, ossalacetico, per dare un amminoacido diverso secondo lo schema:

Amminoacido 1 + Chetoacido 2 ⇄ Amminoacido 2 + Chetoacido 1

Le reazioni di transaminazione tendono a convogliare il gruppo amminico verso l’ alfa-chetoglutarato per formare glutammato, il quale viene restituito alla sua funzione di collettore di gruppi amminici dalla deaminazione ossidativa, che ripristina l’ α-chetoglutarato liberando l’NH3.

La deaminazione ossidativa coinvolge principalmente il glutammato che è il prodotto finale di molte reazioni di transaminazione che vengono catalizzata dalla glutammato deidrogenasi utilizzando, come coenzima l’NAD o l’NAPD.

Inoltre, il glutammato può essere convertito in modo reversibile tramite la glutammina sintetasi in glutammina, amminoacido non-essenziale utilizzato in quantità dal muscolo scheletrico che è un importante vettore di azoto che è l’amminoacido libero più comune nel plasma sanguigno

glutammina

Reazioni di sintesi

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In una reazione di sintesi due o più reagenti si combinano tra loro per dare un unico prodotto di reazione e pertanto un tale tipo di reazione può essere schematizzata come:

A + B → C

Tali, reazioni come quelle di decomposizione e di scambio semplice e al contrario di quelle di doppio scambio sono reazioni redox.

Contrariamente alle reazioni di decomposizione che sono generalmente endotermiche le reazioni di sintesi possono essere sia endotermiche che esotermiche.

Ad esempio la reazione di sintesi del monossido di azoto a partire da azoto e ossigeno è endotermica mentre la sintesi del biossido di carbonio a partire da carbonio e ossigeno è esotermica.

Le reazioni di sintesi possono verificarsi tra:

  • Metalli e non metalli per dare un sale come, ad esempio, la reazione tra magnesio e zolfo che dà, come prodotto di reazione, il solfuro di magnesio:

Mg(s) + S(s) → MgS(s)

I prodotti di tale reazioni sono prevalentemente ionici

  • Due non metalli come, ad esempio, la reazione tra carbonio e ossigeno che dà, come prodotto di reazione, il biossido di carbonio:

C(s) + O2(g) → CO2(g)

I prodotti di tali reazioni sono prevalentemente covalenti

  • Ossido basico e acqua come, ad esempio, la reazione tra ossido di magnesio e acqua che dà, come prodotto di reazione, l’idrossido di magnesio:

MgO + H2O → Mg(OH)2

 

  • Ossido acido e acqua come, ad esempio, biossido di zolfo e acqua che dà, come prodotto di reazione, un ossiacido che nella fattispecie è acido solforoso:

SO2 + H2O → H2SO3

  • Ossido metallico e biossido di carbonio che dà, come prodotto di reazione, un carbonato come, ad esempio ossido di rame (II) e biossido di carbonio che dà come prodotto di reazione il carbonato di rame (II):

CuO + CO2 → CuCO3

 

  • ossido acido e ossido basico come, ad esempio, ossido di calcio e biossido di zolfo e acqua che dà, come prodotto di reazione un sale che, nella fattispecie è il solfito di calcio:

CaO + SO2 → CaSO3

Un tale tipo di reazione può avvenire anche tra un ossido anfotero come l’ossido di alluminio e un ossido basico o un ossido acido.

Ad esempio, l’ossido di alluminio reagisce con l’ossido di sodio che è un ossido basico per dare, come prodotto di reazione, l’alluminato di sodio:

Al2O3 + Na2O → 2 NaAlO2

L’ossido di alluminio può reagire anche con un ossido acido come il triossido di zolfo, per dare il solfito di alluminio

Al2O3 + 3 SO3 → Al2(SO3)3

Si riportano alcuni esempi di reazioni di sintesi:

MgCl2 + 3 O2 → Mg(ClO3)2

4 Na + O2 → 2 Na2O

P2O3 + 3 H2O → 2 H3PO3

K2O + H2O → 2 KOH

BaO + CO2 → BaCO3

Al2O3 + 3 H2O → 2 Al(OH)3

N2 + 3 H2 → 2 NH3

 

Fentanyl: il farmaco che uccide

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Il lavoro del chimico, spesso oscuro e inappagante, è volto alla ricerca di sostanze atte a migliorare le condizioni di vita dell’umanità.

E’ tuttavia frequente che scoperte miranti a produrre effetti benefici siano usate per l’esatto contrario.

E’ il caso del fenantyl che fu sintetizzato per la prima volta nel 1960 che è un oppioide sintetico appartenente alla classe delle 4-anilidopiperidine.

Il fenantyl è il nome commerciale dell’ N-(1-(2- feniletil)-4- piperidinil)-N- fenil-propanammide fenantyl ed è sintetizzato a partire dall’N-fenetil-4-piperidinone (NPP).

fenantyl

Il fenantyl è una sostanza lipofila e quindi penetra con facilità nel sistema nervoso centrale dove esplica la sua azione.

Esso è un potentissimo antidolorifico 40 volte più forte dell’eroina e 100 volte più forte della morfina. Viene usato quale anestetico o, dietro dietro prescrizione medica prevalentemente come palliativo per alleviare i dolori ai malati di cancro.

Può portare, come effetti collaterali tra gli altri, nausea, vomito, capogiri, depressione respiratori, innalzamento o calo della pressione sanguigna, allucinazioni, spasmi muscolari, tremore, sensazione di formicolio, sonnolenza, dipendenza o coma.

Appare evidente che esso viene usato quando il medico ritiene il paziente abbia necessità di assumere un potente analgesico.

Purtroppo negli ultimi anni si sta diffondendo l’uso di tale sostanza acquistata illegalmente come droga spesso associata eroina o in sostituzione di essa per i suoi effetti narcotici ed euforizzanti.

Secondo la NCA, National Crime Agency, che ha sede nel Regno Unito, tale farmaco, usato in modo improprio, provoca circa 8 morti al mese e, secondo quanto riportato dal New York Times, nel 2016 ha condotto alla morte oltre 60000 persone tra cui anche personaggi noti del mondo dello spettacolo.

Secondo fonti attendibili si stima che anche in Europa e quindi in Italia in fenantyl, il cui costo è molto contenuto, sia di facile reperibilità e il suo uso sta diventando piuttosto comune.

Oltre che a dipendenza l’uso sconsiderato ed incosciente di questa sostanza il cui uso doveva, secondo le intenzioni, avere un effetto farmaceutico, può portare con facilità alla morte a causa della frequente possibilità di overdose.

Questo è l’ennesimo caso della follia dell’uomo che invece di godere del progresso scientifico utilizza in modo insensato e sconsiderato il frutto della ricerca.

Reazioni delle arilammine

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Le arilammine  contengono il gruppo funzionale amminico e l’anello aromatico e pertanto la loro reattività è influenzata dalla presenza di entrambi i gruppi.

La delocalizzazione del doppietto elettronico solitario dell’azoto all’interno dell’anello benzenico riduce la basicità e la nucleofilicità dell’azoto e aumenta la densità elettronica rendendo le arilammine reattive nei confronti di una sostituzione elettrofila aromatica.

Le arilammine contengono il gruppo –NH2, -NHR o NR2 che sono attivanti e orto, para orientanti dell’anello benzenico.

Tuttavia, a causa della sia pur limitata basicità dell’azoto, le arilammine non si prestano alle tipiche reazioni del benzene che avvengono in presenza di acidi come, ad esempio la nitrazione e la solfonazione che avvengono rispettivamente in presenza di acido nitrico e di acido solforico o l’alchilazione e l’acilazione di Friedel-Crafts che avvengono in presenza di un acido di Lewis come AlCl3 in cui si verifica la protonazione dell’azoto.

Le arilammine possono dare reazioni indesiderate di polisostituzione come nel caso della bromurazione dell’anilina che avviene in modo rapido, anche in assenza di catalizzatore per dare un prodotto di reazione bromurato nelle posizioni orto e nella posizione para

bromurazione

Per superare questi problemi si usa proteggere in gruppo amminico convertendolo in un N-acil derivato come ad esempio un’ammide.

ammide

Il gruppo protettore può, alla fine della reazione, essere rimosso per idrolisi sia acida che basica.

Il gruppo ammidico è un attivante meno forte rispetto a quello ammidico in quanto la risonanza presente nel gruppo acilico compete con la delocalizzazione all’interno dell’anello rendendo possibili molte reazione senza la presenza di prodotti indesiderati.

risonanza

Le arilammine primarie, secondarie e terziarie hanno diversa reattività.

L’anilina che è l’unica arilammina primaria reagisce con l’acido nitroso per dare sali di diazonio che vengono largamente utilizzati quali intermedi di numerose reazioni.

Le arilammine secondarie reagiscono con acido nitroso per dare N-nitrosammine

N-nitrosammine

Le arilammine terziarie reagiscono con acido nitroso per dare nitrosazione dell’anello benzenico in posizione orto o para

arilammine terziarie

 

Reazioni di metalli reattivi

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La reattività di un metallo, ovvero la sua tendenza a reagire con facilità, può essere fornita dal valore dell’energia di ionizzazione.

Un elemento del blocco s ha una bassa energia di ionizzazione e ciò implica che tende a perdere elettroni ed è quindi probabile che esso si comporti da metallo reattivo.

Poiché l’energia di ionizzazione aumenta dal basso verso l’alto lungo un gruppo ci si deve aspettare che gli elementi che si trovano in fondo a un gruppo siano più reattivi degli elementi che si trovano in una posizione più in alto della Tavola Periodica.

Ad esempio il cesio reagisce più vigorosamente di tutti gli altri elementi del blocco s e deve essere conservato al riparo dall’aria e dall’acqua.

E’ tuttavia meno semplice di quanto possa apparire prevedere i prodotti di reazione tra questi metalli alcuni composti.

Reazioni con l’ossigeno

Il litio reagisce con l’ossigeno per dare l’ossido di litio in cui è presente lo ione O2-:

Li(s) + O2(g) → Li2O(s)

Il sodio, invece, non dà in condizioni normali il rispettivo ossido; esso infatti reagisce con l’ossigeno per dare il perossido di sodio secondo la reazione:

2 Na(s) + O2(g) → Na2O2(s)

La formazione del perossido può essere giustificata considerando che il sodio, più reattivo del litio, viene consumato prima che una molecola di ossigeno possa legarsi ad una quantità di sodio sufficiente per formare l’ossido Na2O.

Tale ipotesi è avvalorata dal fatto che se il sodio è presente in largo eccesso rispetto all’ossigeno si forma l’ossido:

4 Na(s) + O2(g) → 2Na2O(s)

Scendendo lungo il gruppo dei metalli alcalini poiché la reattività degli elementi aumenta il potassio, il rubidio e il cesio reagiscono così rapidamente con l’ossigeno in rapporto di 1:1 per formare i rispettivi superossidi:

K(s) + O2(g) → KO2(s)

Reazioni con l’acqua

La reattività di questi metalli può essere dimostrata ponendo piccole quantità di litio, sodio e potassio in acqua: si noterà che il litio reagisce lentamente, il sodio più rapidamente e il potassio violentemente.

Il sodio che ha un potenziale standard di riduzione di – 2.71 V e pertanto potenziale di ossidazione + 2.71 V si trasforma in ione Na+ secondo la semireazione di ossidazione:

Na → Na+ + 1 e–    E° = + 2.71 V

Le proprietà riducenti del sodio provocano la riduzione dell’idrogeno presente nell’acqua con formazione di idrogeno gassoso secondo la semireazione:

2 H2O + 2 e → H2 + 2 OH che ha un potenziale di – 0.83 V

La reazione complessiva è quindi:

2 Na + 2 H2O → 2 Na+ + 2 OH + H2 con un potenziale E° = 2.71 – 0.83 = + 1.88 V

Nel corso della reazione che è molto esotermica il sodio, che galleggia sull’acqua avendo una densità minore reagisce con essa, inizia a reagire con essa fino a fondere stante il suo basso punto di fusione.

Cesio

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Il cesio è un metallo alcalino appartenente al Gruppo 1 e al 6° Periodo avente configurazione elettronica [Xe]6s1.

Fu scoperto nel 1860 dal chimico tedesco Robert Bunsen e dal fisico Gustav Kirchhoff nell’acqua minerale di Dürkheim, mediante l’analisi spettrale.

Gli scienziati denominarono l’elemento con il nome di cesio dal latino caesius che significa azzurro dopo aver osservato le due linee blu nel suo spettro.

Viene prevalentemente ricavato dal minerale pollucite appartenente alla famiglia delle zeoliti in cui è presente sotto forma di Cs2Al2Si4O12.

I minerali contenenti cesio, tuttavia, contengono anche il rubidio che, appartenendo allo stesso gruppo del cesio presenta caratteristiche chimiche simili.

Pertanto, per poter separare il cesio dal rubidio, i minerali dopo essere stati frantumati vengono riscaldati in presenza di sodio metallico a 650°C al fine di ottenere una lega cesio-rubidio i cui componenti possono essere separati tramite distillazione frazionata.

Il cesio è un metallo duttile e malleabile di colore argenteo con una temperatura di fusione di 28.5°C ed è il meno elettronegativo degli elementi pertanto è particolarmente reattivo.

Viene quindi commercializzato sotto forma di cesio azide da cui si può ottenere l’elemento per riscaldamento:

2 CsN3 → 2 Cs + 3 N2

Esso reagisce con l’ossigeno e tende a ricoprirsi di una patina di superossido di cesio che si forma a seguito della reazione:
Cs(s) + O2(g) → CsO2(s)

Il cesio reagisce rapidamente con l’acqua per formare una soluzione di idrossido di cesio con sviluppo di idrogeno. La reazione è altamente esotermica e, se viene condotta in un recipiente di vetro, esso tenderà a frantumarsi.

2 Cs + 2 H2O → 2 Cs+ + 2 OH + H2 

Il cesio reagisce con tutti gli alogeni per formare i rispettivi alogenuri secondo la reazione:

2 Cs + X2 → 2 CsX

Il cesio reagisce con acido cloridrico diluito per formare una soluzione contenente lo ione Cs+: la reazione avviene con sviluppo di idrogeno:

2 Cs + 2 HCl → 2 Cs+ +2 Cl + H2 

Reagisce con acido solforico diluito con formazione di SO2 e precipitazione dello zolfo:

8 Cs + 6 H2SO4 → 8 Cs+ + 4 SO42- + SO2 + S + 6 H2O

Reagisce con acido nitrico diluito dà luogo alla formazione del monossido e del biossido di azoto:

21 Cs + 26 HNO3 → 21 Cs+ + 21 NO3 + NO + N2O + N2 + 13 H2O

In presenza di idrossido di cesio alla temperatura di 300-350°C dà luogo alla formazione di ossido di cesio con sviluppo di idrogeno:

2 Cs + 2 CsOH → 2 Cs2O + H2

In presenza di idrogeno gassoso alla temperatura di 300-350°C e ad elevate pressioni dà luogo alla formazione dell’idruro

2 Cs + H2 → 2 CsH

In presenza di ammoniaca alla temperatura di – 40°C e in presenza di platino quale catalizzatore dà luogo alla formazione di cesio ammide:

2 Cs + 2 NH3 → 2 CsNH2 + H2

Reagisce ad una temperatura maggiore di 300°C con il biossido di silicio per dare il silicato di cesio:

4 Cs + 3 SiO2 → 2 Cs2SiO3 + Si

Tra i composti del cesio più importanti vi è lo ioduro di cesio drogato con tallio che presenta il fenomeno della scintillazione quando eccitato da radiazioni ionizzanti, il nitrato di cesio utilizzato per ottenere vetri ottici, il cloruro di cesio usato in cellule fotoelettriche, il formiato di cesio dotato di elevate proprietà lubrificanti.

Con il cesio fu costruito il primo orologio atomico basato sulle transizioni di livelli energetici dell’atomo.

Il cesio viene inoltre utilizzato quale catalizzatore nell’idrogenazione di composti organici.

Chimica del piombo (II)

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Lo stato di ossidazione più stabile del piombo è +2 ed infatti lo si rinviene in natura nella galena dove è presente come solfuro di piombo.

La caratteristica comune a molti sali di piombo (II) è quella di essere scarsamente solubili in acqua.

Soluzioni acquose contenenti lo ione Pb2+ danno luogo alla precipitazione del cloruro di piombo per aggiunta di specie contenenti lo ione cloruro come HCl, NaCl e KCl secondo la reazione netta:

Pb2+(aq) + 2 Cl(aq) → PbCl2(s)

La solubilità del cloruro di piombo (II) varia notevolmente con la temperatura passando da 10 g/L a 20°C a 33.5 g/L a 100°C.

In eccesso di Cl si ha la formazione del complesso tetracloropiombato secondo la reazione:

Pb2+(aq) + 4 Cl(aq) → [PbCl4]2-(aq)

Soluzioni acquose contenenti lo ione Pb2+ danno luogo alla precipitazione del solfato di piombo per aggiunta di specie contenenti lo ione solfato come Na2SO4 secondo la reazione netta:

Pb2+(aq) + SO22-(aq) → PbSO4(s)

Il solfato di piombo è un sale poco solubile ma si solubilizza in soluzioni basiche per la formazione del complesso tetraidrossopiombato secondo la reazione:

PbSO4(s)+ 4 OH(aq) → [Pb(OH)4]2-(aq) + SO42-(aq)

Il solfato di piombo si solubilizza in soluzioni contenenti lo ione acetato come CH3COONa dando luogo alla formazione dell’acetato di piombo secondo la reazione:

PbSO4(s) + 2 CH3COO(aq) → Pb(CH3COO)2(aq) + SO42-(aq)

L’acetato di piombo reagisce con lo ione fosfato per dare il sale poco solubile fosfato di piombo secondo la reazione:

3 Pb(CH3COO)2(aq) + 2 PO43-(aq) → Pb3(PO4)2(s) + 6 CH3COO(aq)

L’acetato di piombo reagisce con il carbonato di ammonio per dare il sale poco solubile carbonato di piombo secondo la reazione:

Pb(CH3COO)2(aq) + (NH4)2CO3 (aq) → PbCO3(s) + 2 NH4(CH3COO)(aq)

Soluzioni acquose contenenti lo ione Pb2+ danno luogo alla precipitazione dell’idrossido di piombo per aggiunta di specie contenenti lo OH come NaOH secondo la reazione netta:

Pb2+(aq) + 2 OH(aq) → Pb(OH)2(s)

In presenza di un eccesso di OH si verifica la solubilizzazione dell’idrossido a causa della formazione del complesso tetraidrossopiombato secondo la reazione:

Pb(OH)2(s)+ 2 OH(aq) → [Pb(OH)4]2-(aq)

Soluzioni acquose contenenti lo ione Pb2+ trattate con cromato danno luogo alla formazione di cromato di piombo dal tipico colore giallo secondo la reazione netta:

Pb2+(aq) + CrO42-(aq) → PbCrO4(s)

A caldo e in ambiente basico il cromato di piombo si solubilizza per dare il complesso tetraidrossopiombato secondo la reazione:

PbCrO4(s)+ 4 OH(aq) → [Pb(OH)4]2-(aq) + CrO42-(aq)

Soluzioni acquose contenenti lo ione Pb2+  trattate con solfuro di idrogeno danno luogo alla formazione di solfuro di piombo secondo la reazione:

Pb2+ (aq) + H2S(s) →PbS(s) + 2 H+(aq)

Il solfuro di piombo è la specie presente nella galena da cui si ottiene il piombo metallico in due reazioni: nella prima reazione esso viene trattato con ossigeno per dare ossido di piombo:

2 PbS(s) + 3 O2(g) → 2 PbO(s) + 2 SO2(g)

Nella seconda reazione l’ossido di piombo viene ridotto dal carbonio a piombo metallico:

PbO(s) + C(s) → Pb(s) + CO(g)


Esercizi sull’elettrolisi in pillole

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La quantità di sostanza prodotta o consumata nel corso di un’elettrolisi dipende da tre fattori:

  • Intensità di corrente elettrica espressa in ampere (A = Coulomb/s)
  • Tempo dell’elettrolisi (s)
  • Numero di elettroni necessari a produrre o consumare una mole di sostanza

Le equazioni che mettono in relazione questi fattori sono:

  • Ampere ∙ tempo = Coulomb
  • 96500 Faraday = 1 Coulomb
  • 1 Faraday = 1 mole di elettroni

Gli esercizi che possono essere proposti riguardano:

Calcolo della quantità di sostanza prodotta o consumata

Per ottenere la quantità di sostanza prodotta o consumata bisogna:

  • Scrivere la semireazione di ossidazione o di riduzione
  • Calcolare il numero di moli di elettroni coinvolti
  • Calcolare le moli di sostanza prodotta o consumata agli elettrodi
  • Convertire le moli in grammi

Esercizio

Una corrente di 40.0 A viene fatta fluire in una soluzione di Fe3+ per 10 ore. Calcolare la quantità di ferro ottenuta al catodo

  • Fe3+ + 3 e → Fe
  • 10 h = 36000 s

40.0 A ∙ 36000 s = 1.44 ∙ 106 Coulomb

1.44 ∙ 106 Coulomb ( 1 Faraday/96500 Coulomb) = 14.9 Faraday

  • 9 Faraday ( 1 mole di Fe/ 3 moli di elettroni) = 4.97 moli di Fe
  • 97 mol ∙ 55.847 g/mol= 278 g

Calcolo del tempo richiesto

Per calcolare il tempo necessario affinché si depositi una certa quantità di sostanza ad un elettrodo bisogna:

  • Trasformare i grammi in moli
  • Scrivere la semireazione di ossidazione o di riduzione
  • Calcolare il numero di moli di elettroni necessarie
  • Convertire le moli in Coulomb
  • Calcolare il tempo richiesto utilizzando l’equazione t = Coulomb/Ampere

Esercizio

Calcolare il tempo necessario per ottenere 25.00 g di zinco da una soluzione contenente Zn2+ quando viene fatta passare una corrente di 20.0 A

Moli di zinco = 25.00/65.39 g/mol = 0.3823

Zn2+ + 2 e → Zn

0.3823 moli di Zn ( 2 moli di e/ 1 mole di Zn) = 0.7646

0.7646 moli di e (1 Faraday/1 mole di e) = 0.7646 F

0.7646 F ∙ 96500 Coulomb/ 1 F =73784 C

t = 73784 C/ 20.0 A = 3689 s

Calcolo della corrente necessaria

Per calcolare la corrente necessaria affinché si depositi una certa quantità di sostanza ad un elettrodo bisogna:

  • Calcolare la quantità di sostanza che deve essere prodotta o consumata in moli
  • Scrivere la semireazione di ossidazione o di riduzione
  • Calcolare il numero di moli di elettroni necessarie
  • Convertire le moli in Coulomb
  • Calcolare il tempo richiesto utilizzando l’equazione i = Coulomb/s

Esercizio

Calcolare la corrente necessaria per ottenere 400.0 L di idrogeno gassoso in condizioni standard dall’elettrolisi dell’acqua in un’ora

Poiché a STP 1 mole di gas occupa un volume di 22.4 L si ha:

moli di H2 = 400.0 L ∙ 1 mole/22.4 L = 17.9

La semireazione di riduzione dell’acqua è: 2 H2O + 2 e → H2 + 2 OH

17.9 moli ∙ 2 moli di e/1 mole di H2 = 35.8 moli di e

35.8 moli di e (1 Faraday/1 mole di e) = 35.8 F

35.9 F ∙ 96500 Coulomb/ 1 F =3.45 ∙ 106 C

1 h = 3600 s

i = 3.45 ∙ 106 C/3600 s = 960 A

Dissoluzione di precipitati

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Un sale poco solubile può essere solubilizzato diminuendo la concentrazione di una delle specie ioniche in base al Principio di Le Chatelier.

La diluizione porta ad un aumento della solubilità ma in misura apprezzabile e marcata infatti un elettrolita è forte a diluizione infinita.

Si può agire sulla temperatura o sulla pressione ma non sempre la solubilità aumenta in modo considerevole.

Si deve quindi agire utilizzando altre strategie aggiungendo sostanze che provocano lo sviluppo di gas, di composto di coordinazione, che diano luogo alla formazione di un altro precipitato o che diano luogo ad una reazione di ossidoriduzione.

Si consideri, ad esempio il carbonato di calcio che è soggetto all’equilibrio eterogeneo:

CaCO3(s) ⇌ Ca2+(aq) + CO32-(aq)

Questo equilibrio può essere spostato a destra aumentando la solubilità del sale diminuendo la concentrazione o dello ione calcio o dello ione carbonato. L’aggiunta di HCl dà luogo alla reazione:

CO32-(aq)+ 2 H+(aq) → H2O(l) + CO2(g)

Tale reazione che porta alla formazione di biossido di carbonio è irreversibile e sottrae ioni carbonato all’equilibrio pertanto la solubilità aumenta e, in caso di utilizzo di largo eccesso di HCl il carbonato di calcio si solubilizza.

In altri casi si può sfruttare la complessazione di uno degli ioni; ad esempio nel caso del bromuro di argento che è soggetto all’equilibrio eterogeneo:

AgBr(s)  ⇌ Ag+(aq) + Br (aq)

L’aggiunta di NH3 o di CN porta alla solubilizzazione del precipitato stante la formazione di [Ag(NH3)2+] e di [Ag(CN)2] che sono solubili.

L’aumento di solubilità di un sale poco solubile può essere quantificato conoscendo il prodotto di solubilità e la costante di formazione del complesso.

Nel caso di AgBr il prodotto di solubilità vale 5.0 ∙ 10-13 e la costante di formazione relativa alla formazione del complesso che avviene secondo l’equilibrio:

Ag+(aq) + 2 NH3(aq) ⇌ Ag(NH3)22+(aq)

vale 1.6 ∙ 107.

Le espressioni delle due costanti sono:

Kps = [Ag+][Br]

Kform = [Ag(NH3)22+]/[Ag+][NH3]2

Sommando i due equilibri si ha:

AgBr(s) + 2 NH3(aq) ⇌ Ag(NH3)22+(aq) + Br(aq)

L’espressione della costante Kc relativa a quest’ultimo equilibrio è:

Kc = [Ag(NH3)22+ ][ Br]/[NH3]2

Il valore di Kc è dato da: Kc = Kps ∙ Kform = 5.0 ∙ 10-13  ∙ 1.6 ∙ 107 = 8.0 ∙ 10-6

Supponendo di aggiungere 1.0 L di NH3 1.0 M al bromuro di argento possiamo quindi calcolare la sua solubilità costruendo una I.C.E. chart:

  AgBr(s) 2 NH3 Ag(NH3)22+ Br
Stato iniziale   1.0   // //
Variazione   -2x   +x +x
Equilibrio   1.0-2x   x x

Sostituendo questi valori nell’espressione di Kc si ha:

8.0 ∙ 10-6 = (x)(x)/(1.0-2x)2

Estraendo la radice da ambo i membri:

0.0028 = x/1.0-2x

0.0028 – 0.0056 x = x

Da cui x = 2.8 ∙ 10-3  che rappresenta la solubilità molare di AgBr in 1.0 L di NH3 1.0 M.

Si può confrontare questo valore con quello relativo alla solubilità di AgBr in acqua che è dato da:

x = √Kps = √5.0 ∙ 10-13  = 7.1 ∙ 10-7 M

La solubilità del bromuro di argento aumenta di 2.8 ∙ 10-3  /7.1 ∙ 10-7 ⁓ 4000 volte.

Preparazione di un tampone fosfato

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Una soluzione tampone è caratterizzata dal fatto che piccole aggiunte di acido o di base non modificano sensibilmente il valore del pH.

Una soluzione  particolarmente utilizzata è il tampone fosfato che viene, tra l’altro, impiegata nella ricerca biologica.

Negli organismi pluricellulari infatti il fluido all’interno della cellula e i fluidi che circondano le cellule hanno un pH caratteristico e praticamente costante che viene mantenuto da sistemi tampone biologici come il sistema diidrogeno fosfato/monoidrogeno fosfato.

L’acido fosforico è un acido triprotico che dà luogo ai seguenti equilibri:

H3PO4 ⇌ H+ + H2PO4  Ka1= 7.5 ∙ 10-3   pKa1 = 2.1

H2PO4  ⇌ H+ + HPO42-  Ka2= 6.2 ∙ 10-8    pKa2 = 7.2

HPO42- ⇌ H+ + PO43-  Ka3= 4.8 ∙ 10-13    pKa2 = 12.3

Poiché il valore di pH abitualmente richiesto oscilla in un range da 6 a 8 di norma vengono utilizzati NaH2PO4 e Na2HPO4 in quanto il valore della pKa2 è quello più vicino.

Si supponga di voler ottenere un tampone fosfato a pH = 7.4

Applicando l’equazione di Henderson-Hasselbalch si ha:

7.4 = 7.2 + log [HPO42-]/[ H2PO4]

0.2= log [HPO42-]/[ H2PO4]

100.2 = 1.6 =  [HPO42-]/[ H2PO4]

Conoscendo il rapporto tra NaH2PO4 e Na2HPO4  che è di 1.6:1 si possono utilizzare 1.6 moli di  Na2HPO4 corrispondenti a 1.6 mol ∙ 141.96 g/mol = 227 g e 1 mole di NaH2PO4 corrispondente a 1.0 mol ∙119.98 g/mol= 120 g in sufficiente acqua al fine di ottenere un volume pari a 1.0 L.

Stante l’importanza di questo tipo di soluzioni tampone esistono sia sui testi che online tabelle con l’indicazione del pH, il volume richiesto e la quantità di sali per ottenere la soluzione come si può vedere in figura

 

tabella

Trigliceridi

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I trigliceridi costituiscono la forma di accumulo di grasso negli organismi e, a causa della loro insolubilità in acqua, formano delle goccioline all’interno delle cellule adipose costituendo una fonte di energia.

I trigliceridi si formano a seguito dell’esterificazione del glicerolo ovvero l’1,2,3-propantriolo con tre molecole di acidi grassi

esterificazione

Il glicerolo è un triolo e, nella fattispecie, è un alcol contenente tre gruppi –OH mentre un acido grasso è costituito da una lunga catena di atomi di carbonio che reca il gruppo carbossilico tipico degli acidi.

Dall’esterificazione dei tre gruppi alcolici contenuti nel glicerolo si ottiene il trigliceride che è detto anche triestere.

Per la presenza delle lunghe catene carboniose degli acidi grassi i trigliceridi sono molecole apolari che non si solubilizzano in solventi polari come l’acqua.

Gli acidi grassi presenti nei trigliceridi che possono essere uguali o diversi tra loro sono prevalentemente saturi ovvero non sono presenti doppi legami tra gli atomi di carbonio che costituiscono la molecola.

Il glicerolo deriva dal metabolismo dei carboidrati mentre gli acidi grassi derivano prevalentemente dalla digestione dei grassi alimentari.

Il livello dei trigliceridi nel sangue dipende quindi prevalentemente dall’alimentazione.

Tuttavia i trigliceridi possono derivare anche da un processo sintetico a partire dall’Acil-CoA e dal glicerolo-3-fosfato tramite una serie di reazioni enzimatiche.

I trigliceridi vengono metabolizzati grazie alla lipasi, enzima che, nel processo di lipolisi è in grado di idrolizzare rompere il legame dell’estere per dare glicerolo e acidi grassi, secondo un processo inverso a quello dell’esterificazione.

I trigliceridi sono i maggiori componenti delle lipoproteine a bassa densità note con l’acronimo di LDL (Low Density Lipoprotein) conosciute come colesterolo cattivo.

Una elevata quantità di LDL aumenta la quantità e lo spessore delle placche aterosclerotiche con gravi conseguenze per la salute: oltre all’aterosclerosi l’otturazione delle arterie dovuta a queste placche può portare a infarti di tipo cardiaco o cerebrale.

I trigliceridi sono inoltre contenuti nei chilomicroni, lipoproteine caratterizzate da minore densità; vengono prodotti nell’intestino tenue per passare nel sistema linfatico e da questo nella circolazione sanguigna terminando la loro esistenza nel fegato.

Una elevata presenza di trigliceridi è una patologia nota come ipertrigliceridemia che è associata ad un aumento della pressione arteriosa, di glicemia a digiuno e ad un innalzamento del colesterolo cattivo.

Gli alimenti consigliati a chi ha un’elevata quantità di trigliceridi sono pasta e riso integrali, frutta e verdura, legumi e pesci quali sardine, salmone, merluzzo, pesce spada, tonno e sgombro che sono ricchi di omega-3 che è un acido grasso essenziale.

 

Leghe di sostituzione e interstiziali

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Le leghe metalliche sono costituite da due o più elementi di cui almeno uno è un metallo e presentano caratteristiche diverse rispetto a quelle dei singoli componenti.

Esse sono note fin dall’antichità quando l’uomo si industriò a ottenere specie che avessero caratteristiche idonee ai loro bisogni contribuendo allo sviluppo della civiltà.

Il bronzo è la prima lega metallica conosciuta dall’umanità utilizzata per forgiare armi e utensili e usata al posto del rame che, per la sua fragilità, era poco adatto a questi scopi.

A seconda delle azioni mutue tra gli ioni le leghe possono essere classificate come soluzioni solide omogenee, leghe eterogenee e composti intermetallici.

Le soluzioni solide sono miscugli omogenei in cui i componenti sono dispersi in modo casuale e uniformemente. Gli ioni del soluto, ovvero della specie che è contenuta in minore quantità, sostituiscono altrettanti ioni del solvente ovvero della specie contenuta in maggior quantità nel suo reticolo cristallinoo. Tali tipi di leghe vengono dette leghe di sostituzione e possono formarsi quando gli ioni dei due metalli hanno dimensioni simili. Tipici esempi di leghe di sostituzione sono bronzo e ottone.

Gli elementi che possono formare leghe di sostituzione hanno atomi con raggi atomici che differiscono di non più di circa il 15%. Perché ci sono lievi differenze nelle dimensioni e nella struttura elettronica, gli atomi meno abbondanti distorcono la forma del reticolo rispetto a quello atomi del metallo principale ostacolando il flusso di elettroni. Poiché il reticolo è distorto, è più difficile per un piano di atomi scivolare rispetto a un altro e la lega di sostituzione ha una conduttività elettrica e termica inferiore rispetto all’elemento puro, ma è più dura e più forte.

Nelle leghe interstiziali invece, atomi di piccole dimensioni si posizionano nelle cavità del reticolo cristallino del metallo principale. Quando due elementi formano una lega interstiziale, il raggio atomico del soluto deve essere inferiore di circa il 60% rispetto al raggio atomico del metallo principale. Gli atomi interstiziali interferiscono con la conducibilità elettrica. Questo movimento limitato rende la lega più dura e più forte rispetto al metallo principale. L’acciaio comune è un tipico esempio di lega interstiziale, perché gli atomi di carbonio molto piccoli si adattano agli interstizi della matrice di ferro

Si riporta un’immagine in cui si evidenziano le differenze tra i due tipi di leghe

leghe

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