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Preparazione di soluzioni diluite. Esercizi

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Le case produttrici forniscono soluzioni concentrate delle varie specie indicando, in genere, il % m/m e la densità della soluzione.

Nella comune pratica di laboratorio le soluzioni vanno quindi diluite e, preparando una soluzione diluita, quella che non viene utilizzata viene conservata con l’indicazione della sua concentrazione.

Quando si vuole una soluzione più diluita bisogna quindi operare una ulteriore diluizione e pertanto è necessario avere pratica con questo tipo di problemi che, oltre ad essere proposti come esercizi, rientrano nella pratica quotidiana.

 Esercizi

  • Vengono prelevati 175 mL di soluzione di NaCl 1.60 M e il volume viene portato a 1.00 L. Calcolare la concentrazione della soluzione diluita

Le moli di NaCl contenute in 175 mL di una soluzione 1.60 M sono pari a:

moli = 1.60 mol/L ∙ 0.175 L = 0.280

La nuova concentrazione è quindi M = 0.280 mol/ 1.00 L = 0.280 M

Allo stesso risultato si può pervenire utilizzando la formula delle diluizioni:

M1V1= M2V2

Occorre ricordare che il volume va espresso ad ambo i membri nella stessa unità di misura quindi nel caso in esame on litri o millilitri

1.60 ∙ 175 mL = M2 ∙ 1000 mL

M2 = 1.60 ∙ 175 mL/1000 = 0.280

 

  • Calcolare quanti millilitri di una soluzione 5.0 M di KCl devono essere aggiunti a 160 mL di acqua per ottenere una soluzione 0.30 M

Per definizione di molarità:

0.30 = moli di KCl/ 0.160 L + V

Essendo V il volume della soluzione 5.0 M da aggiungere

Moli = molarità ∙ V = 5.0 V

Sostituendo

0.30 = 5.0 V/0.160+V

0.048 + 0.30 V = 5.0 V

0.048 = 4.7 V

V = 0.010 L = 10 mL

  • Calcolare la concentrazione di ioni cloruro in una soluzione ottenuta mescolando 100.0 mL di una soluzione di KCl 2.00 M con 50.0 mL di una soluzione di CaCl250 M assumendo i volumi additivi

Le moli di KCl contenute nella prima soluzione sono pari a 0.100 L ∙ 2.00 mol/L = 0.200 che corrispondono alle moli di Cl

Le moli di CaCl2 contenute nella seconda soluzione sono pari a 0.0500 L ∙ 1.50 mol/L = 0.0750

Le moli di Cl contenute in questa soluzione sono pari a 0.0750 ∙ 2 = 0.150

Le moli totali di Cl sono pari a 0.200 + 0.150 = 0.350

Il volume totale è 100.0 + 50.0 = 150.0 mL

[Cl] = 0.350 mol/0.150 L = 2.33 M

  • Calcolare il volume di una soluzione di HNO3 al 70.5 % m/m avente densità di 1.42 g/mL necessario per preparare 900.0 mL di una soluzione 3.00 M

Bisogna calcolare la molarità della soluzione concentrata. Dalla densità risulta che 1 mL ha la massa di 1.42 g quindi 1 L (=1000 mL) ha massa di 1420 g.

La soluzione è al 70.5 % m/m quindi applicando la definizione di % m/m

70.5 = massa soluto ∙ 100/ 1420

Massa di HNO3 contenuta in 1420 g ( corrispondente a 1 L) = 70.5 ∙ 1420/100=1001.1 g

Le moli di HNO3 sono uguali a 1001.1/63.01 g/mol=15.9

Poiché questo numero di moli è contenuto in 1 L la molarità della soluzione concentrata è 15.9 mol/ 1 L = 15.9 M

Possiamo quindi applicare la formula delle diluizioni:

15.9 V = 3.00 ∙ 900

Da cui V = 170 mL

  • Calcolare il volume di una soluzione di HCl al 36.0% avente densità 1.179 g/mL necessario per preparare 4.30 L di una soluzione di HCl a pH = 1.86

Il problema può essere affrontato come nel precedente esercizio ma per calcolare la molarità della soluzione concentrata ci si può avvalere della seguente formula:

1179 ∙ 36.0/100=424.4 g/L di HCl

424.4 g/L / 36.45 g/mol =11.6 mol/L = 11.6 M

La concentrazione di H+ è pari a: [H+] = 10-1.86 = 0.0138 M e poiché HCl è un acido forte questa è anche la concentrazione dell’acido

Applicando la formula delle diluizioni:

11.6 V = 0.0138 ∙ 4.30

V = 0.00512 L = 5.12 mL


Esercizi svolti di elettrochimica

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Gli esercizi di elettrochimica attengono svariati argomenti tra cui la valutazione della spontaneità di una reazione, il calcolo del potenziale di una cella in condizioni standard e non standard, il calcolo della variazione di energia libera, l’applicazione delle leggi di Faraday.

La valutazione dei potenziali standard di riduzione, ovvero del potenziale riferito all’elettrodo standard a idrogeno a cui viene assegnato per convenzione un potenziale E° = 0.00 V consente di determinare se una reazione redox possa avvenire spontaneamente in condizioni standard.

Esercizi

  • Calcolare la f.e.m. relativa alle seguenti reazioni e prevedere la loro spontaneità:
  1. H2(g) + F2(g) → 2 H+(aq) + 2 F(aq)
  2. Cu(s) + Ba2+(aq) → Cu2+(aq) + Ba(s)
  3. 3 Fe2+(aq) → Fe(s) + 2 Fe3+(aq)

a) Dalla tabella dei potenziali standard di riduzione:

2 H+ + 2 e → H2   E° = 0.00 V

F2 + 2 e→  2 F     E° = + 2.87 V

Per la semireazione di ossidazione di H2 il potenziale E° vale 0.00 V quindi il potenziale della reazione vale + 2.87 + 0.00 = + 2.87 V che, essendo maggiore di zero, indica che la reazione è spontanea

b) Dalla tabella dei potenziali standard di riduzione:

Cu2+ + 2 e → Cu   E° = + 0.337 V

Quindi per la semireazione di ossidazione Cu → Cu2+ + 2 e il potenziale E° vale – 0.337 V

Ba2+ + 2 e → Ba   E° = – 2.90 V

Il potenziale della reazione vale E° = – 0.337 – 2.90 = – 3.24 V quindi la reazione non è spontanea

c) Dalla tabella dei potenziali standard di riduzione:

Fe2+ + 2 e → Fe   E° = – 0.440 V

Fe3+  + 1 e → Fe2+   E° = 0.771 V

Quindi per la semireazione di ossidazione Fe2+ → Fe3+  + 1 e il potenziale E° vale – 0.771 V

Il potenziale della reazione vale E° = – 0.440 – 0.771 = – 1.211 V quindi la reazione non è spontanea

  • Calcolare la f.e.m. e la variazione di energia libera a 298 K per la reazione in ambiente acido:

Cu+ + NO3 → Cu2+ + NO

Innanzi tutto si bilancia la reazione per conoscere il numero n di elettroni coinvolti:

Cu+ → Cu2+ + 1 e

NO3 + 4 H+ + 3 e → NO + 2 H2O

Affinché il numero di elettroni persi sia uguale a quelli acquistati è necessario moltiplicare per 3 la prima semireazione:

3 Cu+ →3 Cu2+ + 3 e

che, sommata alla seconda, ci dà la reazione bilanciata:

3 Cu+ NO3 + 4 H+ →3 Cu2+ + NO + 2 H2O

Il numero n di elettroni coinvolti è pari a 3

Dalla tabella dei potenziali standard di riduzione:

NO3 + 4 H+ + 3 e → NO + 2 H2O  E° = + 0.96 V

Cu2+ + 1 e→ Cu+    E° = + 0.153 V

Quindi per la semireazione di ossidazione Cu+    → Cu2+ + 1 e   E° = – 0.153 V

Il potenziale della reazione vale E° = + 0.96 – 0.153 = 0.81 V

ΔG° = – nFE° = – 3 ∙ 96500 ∙ 0.81 = – 2.3 ∙ 105 J

  • Calcolare la massa di magnesio ottenuta dall’elettrolisi del cloruro di magnesio fuso se viene fatta passare una corrente di 5.25 ampere per 2.50 giorni

Convertiamo i giorni in secondi:

2.50 giorni ∙ 24 ore/giorno ∙ 3600 s/ora = 216000 s

216000 s ∙ 5.25 C/s = 1134000 C

Poiché 1 faraday è pari a 96500 coulomb

1134000 C/96500 C/faraday = 11.8 faraday

La semireazione di riduzione che avviene al catodo è:

Mg2+ + 2 e → Mg

Ovvero per ogni 2 faraday di elettricità consumata si forma una mole di Mg

11.8 faraday ( 1 mole di Mg/2 faraday) = 5.90 moli

5.90 mol ∙ 24.305 g/mol=143 g

Determinazione di Ka e del peso molecolare di un acido

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Un acido debole monoprotico può essere identificato conoscendo il suo peso molecolare e la sua costante Ka.

Tali valori possono essere ottenuti tramite titolazione potenziometrica dell’acido usando un elettrodo a vetro e un pH-metro.

Consideriamo l’equilibrio di dissociazione di un acido debole HA:
HA ⇌ H+ + A

La forza dell’acido ci viene data dal valore della costante relativa all’equilibrio Ka la cui espressione è:
Ka = [H+][A]/[HA]

Il valore assunto da Ka varia da 106 per gli acidi forti a 10-10 e valori anche più bassi per gli acidi deboli pertanto la forza di un acido debole può essere dedotto dal suo valore.

In linea teorica conoscendo le concentrazioni delle specie si può determinare il valore di Ka ma se è facile determinare [H+] con un pH-metro la concentrazione dell’acido e della sua base coniugata non possono essere determinati in modo diretto.

Si può quindi preparare una soluzione a concentrazioni note di HA e di A e determinare il pH tramite il pH-metro. Tuttavia se l’acido non è noto le soluzioni non possono essere preparate.

L’unico metodo per determinare sia il valore di Ka che il peso molecolare dell’acido è quello che si avvale della titolazione con una base forte.

Aggiungendo una base all’acido avviene la reazione:
HA + OH → A + H2O

Nel corso della titolazione le moli di A formate sono pari a quelle della base aggiunta; quando la metà delle moli di HA sono state titolate il volume di OH aggiunto è pari alla metà di quello necessario a raggiungere il punto equivalente e si ha che [HA]=[A].

Pertanto [A]/[HA] = 1 e Ka = [H+] ovvero pKa = pH.

Noto il pKa si può procedere confrontando il valore ottenuto con quelli tabulati per individuare l’acido.

Un modo per sapere quando si è raggiunto questo punto è quello di titolare l’acido e di dimezzare il volume di base forte che è stato necessario per raggiungerlo. Riportando i valori di pH nel corso della titolazione si può risalire al valore del pH quando [HA]=[A].

La curva di titolazione viene fatta riportando sull’asse delle ascisse il volume di titolante aggiunto e su quella delle ordinate il pH e si ottiene una curva del tipo rappresentato in figura:

curva di titolazione

Al punto equivalente le moli di base sono uguali alle moli di acido e pertanto il suo peso molecolare può essere ottenuto dal rapporto tra massa e moli.

Il punto equivalente corrisponde al centro della parte ripida della curva che è un punto di flesso ma per poterlo evidenziare con attendibilità si ricorre al metodo della derivata prima.

Esercizi di termodinamica

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La termodinamica studia le trasformazioni subite da un sistema a seguito di uno scambio di energia con altri sistemi o con l’ambiente esterno e nasce dall’esigenza di ottenere macchine in grado di convertire calore in lavoro.

La chimica si avvale delle leggi della termodinamica e delle grandezze coinvolte per prevedere, ad esempio la spontaneità di una reazione o il calore assorbito o ceduto durante una reazione.

Esercizi

  • Data la reazione Fe2O3(s) + 2 Al(s) → 2 Fe(s) + Al2O3(s) calcolare la variazione di entropia molare standard dai seguenti dati: ΔS°(Fe) = 27 J/K∙mol; ΔS°(Al2O3) = 51 J/K∙mol; ΔS°(Fe2O3) = 90 J/K∙mol; ΔS°(Al) = 28 J/K∙mol

Per risolvere questo esercizio bisogna tener presente la formula ΔS°= Σn nS°(prodotti) –  Σm mS°(reagenti) dove n e m indicano i coefficienti stechiometrici

ΔS°= [2mol (27) + 1 mol (51)] – [1 mol (90) + 2 mol (28)] = – 41 J/K

 

  • Data la reazione Cr2O3(s) + 2 Al(s) → 2 Cr(s) + Al2O3(s) calcolare: la variazione di entalpia, la variazione di entropia, la variazione dell’energia libera di Gibbs a 298 K e prevedere se la reazione è spontanea. Confrontare, utilizzando i potenziali normali di riduzione, la coerenza del risultato ottenuto

Dati:

ΔH°(Al2O3) = – 1676 kJ/mol; ΔH°(Cr2O3)= – 1128 kJ/mol

ΔS°(Al2O3) = 51 J/K∙mol; ΔS°(Cr) = 24 J/K∙mol; ΔS°(Cr2O3) = 81 J/K∙mol; ΔS°(Al) = 28 J/K∙mol

Come per la variazione di entropia, anche per la variazione di entalpia sussiste la formula

ΔH°= Σn nH°(prodotti) –  Σm mH°(reagenti)

Si rammenta che tutti gli elementi nel loro stato standard hanno zero come valore di ΔH°

ΔH°= [1 mol(- 1676 )] – [1 mol(- 1128)] = – 548 kJ = – 5.48 ∙ 105 J e pertanto la reazione è esotermica

ΔS°= [2 mol(24) + 1 mol(51)]-[ 1 mol(81) + 2 mol(28)] = – 38 J/K

Poiché ΔG°= ΔH° – TΔS° si ha:

ΔG° = – 5.48 ∙ 105 J – 298 K (-38 J/K) = – 5.37 ∙ 105 J = – 537 kJ

Essendo ΔG° < 0 la reazione è spontanea

Dalla tabella dei potenziali standard di riduzione:

Cr3+ + 3 e → Cr   E° = – 0.74 V

Al3+ + 3 e → Al   E° = – 1.66 V

Poiché nella reazione l’alluminio si ossida il potenziale relativo alla semireazione di ossidazione 

Al → Al3+ + 3 e vale + 1.66 V

La reazione ha quindi un potenziale pari a – 0.74 + 1.66 = + 0.92 V: Questo valore è maggiore di zero quindi la reazione avviene spontaneamente e ciò conferma quanto ottenuto da dati termodinamici

 

  • Per la reazione 2 POCl3(g) → 2 PCl3(g) + O2 si ha che ΔH° = 572 kJ e ΔS°= 179 J/K. Calcolare la variazione dell’energia libera a 298 K stabilendo se la reazione è spontanea e prevedere, nel caso la reazione non fosse spontanea a quale temperatura lo è.

ΔG° = 5.72 ∙ 105 J – (298 K)( 179 J/K) = + 5.19 ∙ 105 J = 519 kJ

Essendo il valore di ΔG° maggiore di zero la reazione non è spontanea

Affinché ΔG° sia minore di zero si deve verificare che 5.72 ∙ 105 – (T )( 179 ) < 0 ovvero

5.72 ∙ 105 <  (T )( 179)

Quindi T > 5.72 ∙ 105/179

T > 3.20 ∙ 103 K

  • Calcolare ΔG° e ΔG a 300 °C per la reazione N2 + 3 H2 ⇌ 2 NH3 supponendo che i valori forniti relativi alla variazione di entalpia e di entropia rimangano invariati alle due temperature

Dati:

ΔS°(N2) = 191.6 J/K∙mol; ΔS°(H2) = 130.7 J/K∙mol; ΔS°(NH3) = 192.8 J/K∙mol;

ΔH°(NH3) = – 45.9 kJ/mol

Calcoliamo la variazione di entropia:

ΔS° = 2 mol (192.8 J/K∙mol) – [1 mol (191.6 J/K∙mol + 3 mol(130.7 J/K∙mol) = – 198.1 J/K

La variazione di entalpia vale:

ΔH°= 2 mol(- 45.9 kJ/mol) = 91.8 kJ =- 91800 J

A 298 K:

ΔG° = – 91800 J – 298 K( – 198.1 J/K) = – 3.28 ∙ 104 J = – 32.8 kJ

A 300 °C =  573 K

ΔG° = – 91800 J – 573 K( – 198.1 J/K) = – 3.28 ∙ 104 J = + 2.17 ∙ 104 J = 21.7 kJ

Questi risultati dimostrano la difficoltà che ebbe Haber nella sintesi dell’ammoniaca: la reazione è infatti favorita termodinamicamente a basse temperature ma la cinetica della reazione è troppo lenta mentre alle alte temperature che favoriscono la cinetica della reazione quest’ultima è sfavorita da un punto di vista termodinamico.

Esercizi sulla precipitazione selettiva

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Quando una soluzione contiene due o più cationi o anioni e ad essa vengono fatte aggiunte successive di una soluzione contenente un reattivo precipitante per entrambe le specie se le solubilità dei due sali sono diverse tra loro uno di essi inizierà a precipitare mentre l’altro rimane in soluzione.

Tramite questa tecnica è possibile separare gli ioni contenuti in una soluzione come viene fatto nell’analisi qualitativa quando un miscuglio incognito viene analizzato tramite la sistematica dei gruppi.

Esercizi

  • A una soluzione contenente ione Ba2+ a concentrazione 0.0150 M e ione Sr2+ a concentrazione 0.0150 M viene aggiunta, goccia a goccia, una soluzione di Na2SO4. Assumendo che non vi sia variazione de volume calcolare:
  1. La concentrazione dello ione solfato necessaria a far precipitare il sale meno solubile
  2. La concentrazione dello ione solfato quando inizia a precipitare il secondo catione

Kps (BaSO4) = 1.1 ∙ 10-10 ; Kps (SrSO4) = 3.2 ∙ 10-7

Poiché i due sali hanno la stessa stechiometria è possibile confrontare i due valori del prodotto di solubilità  e poiché il Kps del solfato di bario è minore rispetto a quello del solfato di stronzio il sale che precipiterà per primo è BaSO4

1.1 ∙ 10-10 = [Ba2+][SO42-] = 0.0150 [SO42-]

Da cui [SO42-] = 1.1 ∙ 10-10 / 0.0150 =7.3 ∙ 10-9 M

Analogamente:

3.2 ∙ 10-7 = [Sr2+][SO42-] = 0.0150 [SO42-]

Da cui [SO42-] = 3.2 ∙ 10-7 / 0.0150 = 2.1 ∙ 10-5 M

Quindi SrSO4 inizierà a precipitare quando [SO42-] = 2.1 ∙ 10-5 M

 

  • A una soluzione contenente ione Ni2+ a concentrazione 0.10 M e ione Cu2+ a concentrazione 0.10 M viene aggiunto carbonato di sodio a piccole quantità. Calcolare la quantità del primo ione che inizia a precipitare quando inizia la precipitazione del secondo ione.

Kps (NiCO3) = 1.4 ∙ 10-7 ; Kps (CuCO3) = 2.5 ∙ 10-10

Poiché i due sali hanno la stessa stechiometria è possibile confrontare i due valori del prodotto di solubilità e, poiché il Kps del carbonato di rame è minore rispetto a quello del carbonato di nichel il sale che precipiterà per primo è CuCO3.

Quando il carbonato di rame è precipitato occorrerà una determinata concentrazione di carbonato per far precipitare il carbonato di nichel che può essere calcolata sostituendo i dati noti nell’espressione del prodotto di solubilità si ha:

1.4 ∙ 10-7 = 0.10 [CO32-]

Da cui [CO32-] = 1.4 ∙ 10-6 M

Pur essendosi verificata la precipitazione del carbonato di rame in soluzione è comunque presente una piccola quantità di ione rame deducibile dall’espressione del Kps del carbonato di rame nota la concentrazione dello ione carbonato presente in soluzione:

2.5 ∙ 10-10 = [Cu2+] 1.4 ∙ 10-6

Da cui [Cu2+] = 2.5 ∙ 10-10/ 1.4 ∙ 10-6 = 1.8 ∙ 10-4 M

  • A una soluzione contenente nitrato di alluminio 0.010 M e cloruro di calcio 0.021 M viene aggiunto a piccole quantità fosfato di sodio fino a quando inizia a formarsi un precipitato. Calcolare la concentrazione del catione presente in soluzione quando inizia a precipitare il sale più solubile

Kps di Ca3(PO4)2  = 2.0 ∙ 10-29

Kps di AlPO4 = 9.8 ∙ 10-22

Poiché i due sali non hanno la stessa stechiometria bisogna calcolare il sale che ha la minore solubilità e che quindi precipita per primo.

Detta s la solubilità di Ca3(PO4)2  all’equilibrio: [Ca2+] = 3s e [PO43-] = 2s

L’espressione del prodotto di solubilità è:

Kps = [Ca2+]3  [PO43-]2

Da cui  Kps = 2.0 ∙ 10-29 = (3s)3(2s)2 = 108 s5

Da cui s = 7.1 ∙ 10-7 M

Detta s la solubilità di AlPO4 all’equilibrio: [Al3+] = s e [PO43-] = s

Kps = 9.8 ∙ 10-22 = [Al3+] [PO43-] = s ∙ s = s2

Da cui s = 3.1 ∙ 10-11 M

Quindi essendo 3.1 ∙ 10-11 << 7.1 ∙ 10-7 il sale meno solubile è il fosfato di alluminio che quindi precipiterà per primo

La concentrazione di fosfato necessaria per la precipitazione del fosfato di calcio può essere ricavata dall’espressione:

2.0 ∙ 10-29 = (0.021)3 [PO43-]2

Da cui [PO43-] = 1.5 ∙ 10-12 M

La concentrazione dell’alluminio presente in soluzione quando il fosfato ha questa concentrazione può essere ricavata dall’espressione:

9.8 ∙ 10-22 = [Al3+](1.5 ∙ 10-12)

Da cui [Al3+] = 6.7 ∙ 10-10 M

Molecole polari e apolari

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I legami chimici principali sono quello covalente e quello ionico: mentre il legame ionico è di natura elettrostatica e si instaura quando gli elementi hanno una significativa differenza di elettronegatività tale che si forma uno ione positivo e uno ione negativo ed è tipico di molti sali come nel caso di NaF in cui il legame è dovuto all’attrazione elettrostatica tra ioni Na+ e ioni F il legame covalente è un tipo di legame in cui gli atomi condividono tra loro almeno una coppia di elettroni di legame.

Se gli atomi costituenti la molecola sono uguali ovvero hanno la stessa elettronegatività il legame è di tipo covalente puro e gli elettroni di legame sono equamente condivisi come nel caso di Cl2.

Se gli atomi costituenti la molecola sono diversi e hanno una moderata differenza di elettronegatività il legame è di tipo covalente polare e gli elettroni condivisi risultano maggiormente attratti dall’elemento più elettronegativo come nel caso di HCl.

Nella maggior parte delle molecole in cui è presente un legame covalente pertanto questo è di tipo covalente polare ma ciò non implica che la molecola sia polare.

La polarità delle molecole dipende infatti oltre che dal tipo di legame anche dalla loro geometria molecolare.

Come regola generale si può dire che tutte le molecole simmetriche sono apolari mentre tutte le molecole asimmetriche sono polari.

Consideriamo ad esempio la molecola di biossido di carbonio in cui il legame tra carbonio e idrogeno, a causa della differenza di elettronegatività tra i due elementi è di tipo polare.

Considerando, tuttavia, che sulla base della teoria VSEPR la molecola è di tipo lineare : O=C=O ed è di tipo simmetrico i due momenti dipolari si annullano a vicenda e la molecola è di tipo apolare.

Analogamente nella molecola BF3 ,a causa della differenza di elettronegatività tra i due elementi sono presenti legami polari  ma stante la sua geometria planare in cui il boro, ibridato sp2, si trova al centro e i tra atomi di boro formano angoli di legame di 120° i momenti dipolari si annullano e la molecola è apolare

BF3

La molecola NF3 è solo apparentemente uguale a BF3 infatti l’azoto forma 4 orbitali ibridi sp3 e presenta una geometria trigonale piramidale in cui uno dei vertici è occupato dal doppietto elettronico solitario dell’azoto e la molecola pertanto è asimmetrica ed è quindi polare.

Esempi di molecole polari sono H2O, NH3, CH3Cl mentre esempi di molecole apolari, oltre a quelle costituite da due elementi uguali come O2, Cl2 e H2 sono molecole simmetriche come CH4, CCl4, BeCl2.

La polarità delle molecole influenza le proprietà fisiche infatti le molecole polari, presentando dipoli permanenti, formano legami secondari come l’attrazione dipolo-dipolo e pertanto presentano temperature di ebollizione più alte e maggiore tensione superficiale rispetto a quelle delle molecole apolari aventi peso molecolare paragonabile. Inoltre le molecole polari tendono a solubilizzarsi in solventi polari come l’acqua mentre quelle apolari tendono a solubilizzarsi in solventi apolaricome il benzene.

Le molecole apolari presentano legami di tipo dipolo indotto-dipolo indotto che sono i più deboli tra i legami chimici secondari e pertanto presentano bassa temperatura di fusione e di ebollizione, bassa tensione di vapore e tensione superficiale.

 

Saccarosio

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Il saccarosio, noto come zucchero da tavola, ha formula C12H22O11 appartiene alla famiglia dei disaccaridi e si presenta come un solido cristallino molto solubile in acqua.

Infatti a causa dei legami polari presenti nella molecola la solubilità del saccarosio in acqua a 25°C è di circa 2000 g/L.

E’ costituito da una molecola di α-D-glucosio e da una molecola di β-D-fruttosio unite tra loro da un legame glicosidico fra il carbonio 1 anomerico del glucosio e il carbonio 2 anomerico del fruttosio.

Dalla condensazione delle due unità monomeriche con eliminazione di una molecola di acqua si forma un legame viene detto 1,2-glicosidico con formazione del disaccaride il cui nome sistematico è α-D-glucopiranosil-β-D-fruttofuranoside.

saccarosio

Non avendo gruppi anomerici liberi, ovvero capaci di trasformarsi in gruppi carbonilici, il saccarosio è uno zucchero non riducente ovvero non riduce il liquido di Tollens né dà la mutarotazione.

Il saccarosio non tende a fondere a elevate temperature in quanto a 160°C dà luogo alla reazione di caramellizzazione con formazione di tre prodotti principali: il caramellana C12H18O9 che è un prodotto di disidratazione e due polimeri ovvero il caramellene C36H50O25 e il caramellino C125H188O80

La rottura del legame glicosidico presente nel saccarosio porta a una miscela equimolecolare di glucosio e fruttosio.

Il saccarosio, contenendo atomi di carbonio asimmetrici, mostra attività ottica ovvero è in grado di ruotare il piano della luce polarizzata ed ha un potere ottico rotatorio di + 66.5° ossia è destrogiro.

La miscela di monosaccaridi ottenuta dalla rottura del legame glicosidico viene detta zucchero invertito in quanto risulta essere levogira avendo un potere ottico rotatorio di -19.5°.

Infatti il potere ottico rotatorio dell’alfa-D-glucosio e del beta-D- fruttosio è pari rispettivamente a + 52.5° e – 92°. Essendo una miscela equimolecolare il potere ottico rotatorio è dato da + 52.5 – 92/2 = 19.5°

Il saccarosio è utilizzato nei razzi che impiegano un propellente solido costituito da un carburante e un ossidante che, nella fattispecie, è il nitrato di potassio secondo la reazione:

C12H22O11 + 6 KNO3 → 9 CO + 3 N2 + 11 H2O + 3 K2CO3

In presenza di acido solforico che è un energico disidratante il saccarosio dà luogo a una reazione di disidratazione con formazione di carbonio secondo la reazione:

2 C12H22O11 + 2 H2SO4 + O2 → 22 C +2 CO2 + 24 H2O + 2 SO2

Il saccarosio è un alimento altamente energetico fornendo circa 4 kcal/g pur non apportando elementi nutritivi.

Il saccarosio viene ottenuto dalla canna da zucchero e dalla barbabietola da zucchero ma è contenuto nella frutta ed in particolare nel mango, nell’ananas e nelle albicocche e nelle verdure come il mais e in alcuni tipi di fagioli. Sono ricchi di saccarosio i dolci specie se di produzione artigianale in quanto quelli industriali contengono una maggiore quantità di fruttosio che tende meno a seccare il prodotto.

Sebbene i cereali siano caratterizzati da un’alta presenza di amido alcuni possono contenere saccarosio come, ad esempio, il riso integrale mentre il saccarosio è presente in molti prodotti da forno.

Il saccarosio è inoltre presenti in molti tipi di alimenti a cui viene aggiunto durante la lavorazione come, ad esempio, i datteri e la frutta secca.

Nell’organismo il saccarosio viene metabolizzato grazie all’invertasi, enzima che attraverso la reazione di idrolisi scompone il saccarosio in glucosio e fruttosio.

Sebbene l’intolleranza alimentare ai glucidi più comune è quella al lattosio in alcuni soggetti una carenza di invertasi può provocare un’intolleranza al saccarosio.

Il consumo eccessivo di saccarosio può portare a sovrappeso e obesità e può portare ad un aumento di glicemia, problemi cardiovascolari e diabete.

Applicazione delle miscele eutettiche

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Una miscela eutettica è definita come una miscela costituita da due o più componenti che non interagiscono tra loro per formare un composto che, in certi rapporti, inibisce il processo di cristallizzazione dando luogo a un sistema che ha una temperatura di fusione inferiore a quella di ciascuno dei suoi componenti.

Questo fenomeno si può spiegare considerando che la miscela di due polveri fa sì che venga reciprocamente ridotta la simmetria dei loro reticoli cristallini, con riduzione delle forze intermolecolari e conseguente abbassamento del punto di fusione.

La formazione di una miscela eutettica è disciplinata dai seguenti fattori: i componenti devono essere miscibili allo stato liquido e quasi sempre immiscibili allo stato solido; i componenti potrebbero presentare gruppi chimici che possono interagire per formare legami intramolecolari.

Lo studio delle miscele eutettiche trova largo impiego nell’industria farmaceutica nella formulazione di preparazioni soprattutto per quanto attiene la compatibilità tra il principio attivo e gli eccipienti.

Nella produzione del farmaco è infatti necessario anticipare la formazione dell’eutettico; ad esempio onde evitare che, durante il processo di compattazione delle compresse si possa verificare la fusione della polvere compatta, è necessario valutare i punti eutettici dei componenti della polvere.

Nell’ambito delle ricerche in campo chimico sono stati studiati i solventi a eutettico profondo detti DES costituiti da due o più componenti in grado di legarsi tra loro in genere tramite legame a idrogeno per formare una miscela eutettica.

Questo tipo di solventi hanno un ruolo importante nell’ambito della Green Chemistry essendo rispondenti ai criteri per essere inseriti nei composti utilizzabili nell’ambito della chimica sostenibile ovvero assenza di tossicità, disponibilità, possibilità di essere riciclati e basso costo.

Uno dei più diffusi componenti di solventi a eutettico profondo è il cloruro di colina, sale di ammonio quaternario, avente formula [(CH3)3N+(CH2)2OH] Cl, che è economico, biodegradabile e non tossico che viene unito a sostanze capaci di formare legami a idrogeno come urea, acido ossalico, acido citrico o glicerolo.

I DES sono costituiti in generale da due solidi in grado di formare una fase liquida caratterizzata da una temperatura di congelamento minore rispetto a quella dei componenti. Ad esempio quando vengono mescolati il cloruro di colina e l’urea in rapporto molare 1:2 la temperatura di congelamento dell’eutettico è di 12°C rispetto a quella del cloruro di colina che è di 302°C e dell’urea che è di 133°C.

L’elevato abbassamento del punto di fusione è dovuto all’interazione dello ione cloruro con l’urea.

I DES, particolarmente utilizzati nell’ambito delle sintesi organiche, non richiedono, rispetto ai solventi organici tradizionali operazioni di purificazione e sono riciclabili.

Le conoscenze della Chimica Fisica possono quindi essere sfruttate sia per ottimizzare processi produttivi che per minimizzare l’impatto ambientale di processi industriali.


Acidità del fenolo sostituito

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Contrariamente agli alcoli alifatici che hanno un valore di Kmolto basso, il fenolo è un acido cento milioni di volte più forte del cicloesanolo.

La maggiore acidità del fenolo è dovuta sia all’effetto induttivo essendo il benzene un gruppo elettronattrattore che al fatto che la sua base coniugata del fenolo ovvero l’anione fenossido C6H5O è stabilizzata per risonanza potendo delocalizzare la carica negativa all’interno dell’anello benzenico

risonanza

Come si può notare nelle strutture di risonanza dello ione fenossido la carica negativa è principalmente localizzata, oltre che sull’ossigeno, in posizione orto e in posizione para.

Eventuali sostituenti presenti nella molecola di fenolo e, in particolare, nelle posizioni orto e para possono modificare notevolmente l’acidità del fenolo.

I gruppi elettrondonatori rendono il composto meno acido del fenolo in quanto la base coniugata è meno stabilizzata per risonanza rispetto al fenossido.

Pertanto il p-metilfenolo noto come p-cresolo a causa dell’effetto induttivo + I del gruppo metilico è meno acido rispetto al fenolo.

Quindi mentre il fenolo ha un valore di pKa dell’ordine di 10 il pKa del p-anisolo è di 10.2, quello del p-cresolo di 10.2 e quello dell’anilina di 10.5.

I gruppi elettronattrattori rendono il composto più acido del fenolo in quanto la carica negativa può ulteriormente essere delocalizzata. Ad esempio, il p-nitrofenolo in cui il nitroguppo ha un effetto induttivo – I è più acido del fenolo e, come si può vedere dalle strutture limite di risonanza la carica negativa viene delocalizzata per la presenza del gruppo –NO2.

nitrofenolo

Infatti il valore di pKa del p-nitrofenolo è dell’ordine di 7.2. Analogamente la presenza di alogeni che sono gruppi elettronattrattori abbassa l’acidità del fenolo infatti il valore di pKa del p-bromofenolo è 9.3 e quello del p-clorofenolo è 9.2.

L’influenza del sostituente sull’acidità del fenolo dipende dalla sua posizione rispetto al gruppo –OH ad esempio il m-nitrofenolo ha un valore di pKa dell’ordine di 8.4 rispetto al valore di 7.2 del p-nitrofenolo.

Calcolo del pH di un acido di Lewis

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Secondo Lewis si definiscono basi quelle specie capaci di donare un doppietto elettronico mentre gli acidi sono quelle specie capaci di accettare un doppietto elettronico da una base.

Quando un sale contenente un metallo di transizione viene disciolto in acqua forma complessi spesso colorati in cui l’acqua agisce da legante.

Gli ioni dei metalli di transizione, che possono presentarsi come M2+ (Fe2+, Co2+ e Cu2+) o come M3+ (Al3+, V3+, Cr3+ e Fe3+) formano complessi del tipo [M(H2O)6]2+ e [M(H2O)6]3+ rispettivamente.

L’acquoione idrolizza in acqua cedendo uno ione H+ da una delle molecole di acqua a cui lo ione metallico è coordinato dando luogo alla formazione di [M(H2O)5 OH]2+ e di [M(H2O)5 OH]3+ rispettivamente e di H3O+.

Per comprendere come la presenza di un acido di Lewis influenzi il pH di una soluzione consideriamo, ad esempio, il cloruro di ferro (III) che in acqua si dissocia in Fe3+ e 3 Cl.

I cationi metallici degli elementi di transizione spesso si idratano dando luogo alla formazione di complessi e, nello specifico si ha la formazione dello ione esaacquoferro (III) [Fe(H2O)6]3+, in cui le sei molecole di acqua sono legate al ferro tramite un legame di coordinazione utilizzando il doppietto elettronico solitario dell’ossigeno.

La formazione del legame di coordinazione esplica un effetto sugli elettroni di legame tra ossigeno e idrogeno che si avvicinano all’ossigeno; gli atomi di idrogeno assumeranno quindi una parziale carica positiva maggiore rispetto a quella presente in un legame O-H.

Gli atomi di idrogeno risulteranno pertanto sufficientemente positivi e lo ione complesso agisce da acido donando un protone all’acqua secondo l’equilibrio:

[Fe(H2O)6]3+ + H2O ⇌ [Fe(H2O)5 OH]2+ + H3O+

regolato da una costante Ka dell’ordine di 10-4.

Lo ione esaacquoferro (III) si comporta pertanto da acido e, come per tutti gli acidi, il pH dipende dalla sua concentrazione.

Esempio

Determinare il pH di una soluzione in cui 24.0 g di FeCl3 vengono disciolti in acqua e la soluzione risultante ha un volume di 230 mL. (Ka di [Fe(H2O)6]3+ = 8.9 ∙ 10-4

Moli di FeCl3 = moli di Fe3+ = 24.0 g/162.2 g/mol=0.148
[Fe3+] = [Fe(H2O)6]3+ =0.148/0.230 L= 0.643 M 

All’equilibrio: [Fe(H2O)6]3+ = 0.643-x

[Fe(H2O)5 OH]2+= [H3O+] = x

Ka = 8.9 ∙ 10-4 =[Fe(H2O)5 OH]2+ [H3O+]/ [Fe(H2O)6]3+ = (x)(x)/ 0.643-x

Da cui x = [H3O+] = 0.024 M

pH = 1.6

Reazioni del cromo (III)

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Il cromo è un metallo di transizione avente configurazione elettronica [Ar] 3d5 4s1 che presenta numeri di ossidazione 6, 5, 4, 3, 2, 1, −1, −2, −4.

Tra gli stati di ossidazione che il cromo può presentare il più comune è il numero +3; lo ione Cr3+ in acqua dà luogo alla formazione di un complesso esacoordinato [Cr(H2O)6]3+ che si comporta da acido cedendo un idrogeno all’acqua secondo l’equilibrio:

[Cr(H2O)6]3+ + H2O ⇌ [Cr(H2O)OH]2+ + H3O+

Lo ione Cr3+ che impartisce alla soluzione una colorazione verde è quindi presente sotto forma dell’acquoione esaacquocromo (III).

Reazione con le basi

La presenza di una base porta all’allontanamento tre atomi di idrogeno presenti nell’acqua che funge da legante con formazione di un complesso neutro poco solubile in acqua che pertanto precipita:

[Cr(H2O)6]3+ + 3 OH → [Cr(H2O)3(OH)3] + 3 H2O

In presenza di un eccesso di base il complesso neutro reagisce ulteriormente secondo la reazione:

[Cr(H2O)3(OH)3] + 3 OH → [Cr(OH)6]3- + 3 H2O

Lo ione complesso esaidrossocromato (III) è solubile in acqua quindi si ha la dissoluzione del precipitato.

Ossidazione

[Cr(OH)6]3- viene ossidato a cromo (VI) a caldo in presenza di perossido di idrogeno con formazione di cromato di colore giallo:

2 [Cr(OH)6]3- + 3 H2O2 → 2 CrO42- + 2 OH + 8 H2O

Riduzione

Lo ione complesso esaidrossocromato (III) può essere ridotto in presenza di zinco con formazione del complesso meno stabile esaacquocromo (II) di colore blu:

2 [Cr(H2O)6]3+ + Zn →2 [Cr(H2O)6]2+ + Zn2+

Formazione dell’esaacquocromo (III)

Trattando lo ione complesso esaidrossocromato (III) con un acido si forma dapprima il complesso neutro [Cr(H2O)3(OH)3] secondo la reazione:

[Cr(OH)6]3- + 3 H+ → [Cr(H2O)3(OH)3]

che precipita. L’ulteriore reazione di quest’ultimo con lo ione H+ porta alla formazione dell’esaacquocromo (III) secondo la reazione:

[Cr(H2O)3(OH)3] + 3 H+ → [Cr(H2O)6]3+ 

Reazione con l’ammoniaca

In presenza di piccole quantità di ammoniaca avviene la reazione:

[Cr(H2O)6]3+ + 3 NH3 → [Cr(H2O)3(NH3)3] + 3 NH4+

con formazione del complesso triacquotriammonocromo poco solubile in acqua che dà luogo alla precipitazione

In presenza di un eccesso di ammoniaca tutta l’acqua viene sostituita dall’ammoniaca con formazione dello ione esaamminocromo (III) solubile in acqua:

[Cr(H2O)3(NH3)3] + 3 NH3 → [Cr(NH3)6]3+ + 6 H2O

Reazione con lo ione carbonato

Lo ione esaacquocromo (III) in presenza dello ione carbonato che allontana tre atomi di idrogeno presenti nell’acqua che funge da legante con formazione del complesso neutro poco solubile in acqua che pertanto precipita:

2 [Cr(H2O)6]3+ + 3 CO32- → 2 [Cr(H2O)3(OH)3] + 3 CO2 + 3 H2O

Polimeri termoplastici e termoindurenti a confronto

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I polimeri possono essere classificati in svariati modi tenendo conto, ad esempio, del tipo di processo di polimerizzazione attraverso il quale sono stati ottenuti e quindi si distinguono in polimeri di poliaddizione e di policondensazione, della loro struttura e quindi vengono classificati come lineari, ramificati o reticolati o in relazione alla loro proprietà quando vengono sottoposti a riscaldamento e quindi vengono classificati come termoplastici e termoindurenti.

Per poter visualizzare le differenze tra questi due tipi di polimeri vengono confrontate le diverse proprietà tra essi in una tabella.

Proprietà quando vengono sottoposti a riscaldamento

Polimeri termoindurenti Polimeri termoplastici
In opportune condizioni di temperatura e/o in presenza di particolari sostanze si trasformano in materiali rigidi, insolubili e infusibili. Questa trasformazione si verifica in seguito a reazioni di reticolazione (processo tramite il quale le catene polimeriche vanno incontro a una reazione che crea legami fra diverse catene a livello di gruppi funzionali reattivi) che avvengono fra le catene polimeriche con formazione di legami forti (covalenti o ionici).

 

Quando vengono riscaldati presentano forti decrementi di viscosità, e conservano la proprietà di scorrere a temperature elevate per un tempo relativamente lungo. Cessata l’azione del calore, per raffreddamento al di sotto del punto di rammollimento, riacquistano lo stato rigido e conservano la forma impartita: la trasformazione è reversibile anche se c’è sempre una certa degradazione che limita il numero di cicli possibili

Vantaggi

Polimeri termoindurenti Polimeri termoplastici
Hanno alta resistenza alle sostanze chimiche, elevata stabilità termica, elevata rigidità, resistenza allo scorrimento e alla deformazione sotto carico, basso peso, elevate proprietà di isolamento termico e elettrico Hanno elevata durezza, resistenza ai solventi, rapidi tempi di ottenimento, elevati volumi di produzione, possibilità di realizzare parti complesse, possibilità di essere riciclati e possono, in taluni casi sostituire i metalli

Svantaggi

Polimeri termoindurenti Polimeri termoplastici
Non possono essere riciclati ma, al più usati come riempitivi, hanno scarsa flessibilità, sono relativamente fragili e possono essere soggetti a crepe Possono degradarsi alla luce, sotto sforzo possono fratturarsi piuttosto che deformarsi e hanno un costo generalmente elevato

Esempi

Polimeri termoindurenti Polimeri termoplastici
poliesteri, resine epossidiche, resine melamminiche, poliuretani polietilene, polivinilcloruro, polipropilene, polietilentereftalato, politetrafluoroetilene

 

Esercizi sulla cinetica chimica

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Consideriamo la reazione fra le sostanze A e B che formano la sostanza C:
a A + b B = c C

A temperatura costante, la dipendenza della velocità di questa reazione dalla concentrazione dei reagenti è data dall’equazione:

v = K [A]m[B]n

che esprime matematicamente la legge della velocità della reazione.

v indica la velocità

[A] e [B] indicano le concentrazioni molari dei reagenti

m e n sono due esponenti interi o frazionari

K è una costante che prende il nome di costante specifica della velocità della reazione.

Sia K che m e n possono essere dedotti solo sperimentalmente per la specifica reazione.

I due esponenti m e n esprimono l’ordine della reazione, in quanto m rappresenta l’ordine della reazione rispetto ad A e n rappresenta l’ordine di reazione rispetto a B; la loro somma (m + n) esprime l’ordine di reazione globale della reazione.

Si noti che m e n non coincidono con i coefficienti stechiometrici a e b presenti nella reazione bilanciata.

Per determinare sperimentalmente l’ordine di reazione di ciascun reagente e per calcolare la costante specifica della velocità di reazione, si misura nel tempo, la variazione della concentrazione del reagente in esame partendo da quantità note iniziali del medesimo.

Se la sostanza che reagisce è una sola si misura la velocità di comparsa dei prodotti di reazione o la velocità di scomparsa del reagente.

Esercizi

  • Data la reazione R → P vi verifica che la concentrazione di R passa da 0.03 M a 0.02 M in 25 minuti. Calcolare la velocità della reazione in M/s

25 min = 25 min ∙ 60 s/min = 1500 s

V = – (C2 – C1/T) = – (0.02 – 0.03/1500 = 6.7 ∙ 10-6 M/s

  • In una reazione del primo ordine la costante è di 1.15 ∙ 10-3 s-1. Calcolare dopo quanto tempo un reagente passa da 5 a 3 g

Per le reazioni del primo ordine ln [A]= ln [Ao] – kt ovvero ln [A]- ln [Ao]  = – kt

ln 0.02 – ln 0.03 = – 1.15 ∙ 10-3 M/s ∙ t

t = 353 s

  • Il tempo necessario per decomporre SOCl2 alla metà della sua quantità iniziale è di 60 minuti. Calcolare la costante della reazione

Dalla relazione ln [A]- ln [Ao]  = – kt poiché ½ [Ao] = [A] si ha:

ln ½ = – kt

ovvero ln 2 = kt

Poiché = 60 min ∙ 60 s/min = 3600 s

k = ln 2/3600 = 1.93 ∙104 s-1

  • La costante di una reazione a 32 °C è pari a 0.055 s-1 e il fattore di frequenza A vale 1.2 ∙ 1013 s-1. Calcolare l’energia di attivazione

La dipendenza della velocità della reazione dalla temperatura viene formulata dall’equazione di Arrhenius:

k = A e-Ea/RT

Esprimendo l’equazione in forma logaritmica si ha:

ln k = ln A – Ea/RT

ln 0.055 = ln 1.2 ∙ 1013 – Ea/RT

Essendo T  = 32 + 273 = 305 K e R = 8.314 J/K∙ mol

– Ea/RT = ln 0.055 / ln 1.2 ∙ 1013 = – 33.0

Ea = 33.0 ∙ 305 ∙ 8.314 J/K∙ mol = 8.4 ∙ 104 J/mol = 84 kJ/mol

  • La costante di una reazione raddoppia se la temperatura aumenta da 298 a 308 K. Calcolare l’energia di attivazione

Schematizzando: detta k1 la costante a 298 K e detta k2 la costante a 308 K si ha che k2= 2 k1

Dall’equazione di Arrhenius scritta in forma logaritmica:

ln k1 = ln A – Ea/RT (1)

ln k2 = ln A – Ea/RT2   (2)

Sottraendo la (2) dalla (1) si ha:

ln k1 – ln k2 = – Ea/RT+ Ea/RT2   = Ea/R (1/T2 – 1/T1)

ovvero ln k1/k2 = Ea/R (1/T2 – 1/T1)

che può essere espressa anche come:

ln k2/k1= Ea/R( 1/T1 – 1/T2)

Sostituendo i valori noti si ha:

ln 2 k1/k1= Ea / 8.314 (1/298 – 1/308)

ln 2 = 0.693 = 0.000109 Ea/8.314

Ea = 0.693 ∙ 8.314/0.00109 = 5.29 ∙ 104 J = 52.9 kJ/mol

  • L’energia di attivazione di una reazione è pari a 125 kJ/mol. Utilizzando un opportuno catalizzatore, alla stessa temperatura di 298 K l’energia di attivazione scende a 55 kJ/mol. Calcolare il fattore per il quale aumenta la velocità della reazione

Utilizzando l’equazione di Arrhenius detta k1 la costante di velocità della prima reazione e detta k2 la costante di velocità della seconda reazione si ha:

k1 = A e– 125000/8.314 ∙ 298  = A ∙ 1.23 ∙ 10-22

k2 = A e– 55000/8.314 ∙ 298  = A ∙ 2.28 ∙ 10-10

k2/k1 = A ∙ 2.28 ∙ 10-10/ A ∙ 1.23 ∙ 10-22 = 1.86 ∙ 1012

Acido ossalico

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L’acido ossalico il cui nome I.U.P.A.C. è acido etandioico è il più semplice degli acidi bicarbossilici, ha formula HOOC-COOH in cui due carboni carbossilici sono legati tra loro e viene spesso indicato come (COOH)2.

L’acido ossalico si trova abitualmente sotto forma di acido ossalico biidrato H2C2O4 ∙ 2 H2O.

Alla temperatura di circa 100°C si allontana l’acqua di idratazione mentre a temperature di circa 157°C tende a sublimare e 189 °C l’acido ossalico che non è ancora sublimato tende a decomporsi in acido formico e biossido di carbonio secondo la reazione:

HOOC-COOH → HCOOH + CO2
Si presenta come un solido cristallino incolore che ha una solubilità in acqua a 25°C di 143 g/L e in etanolo di 240 g/L mentre è poco solubile in etere (18 g/L).

E’ un acido organico che presenta due costanti di dissociazione relative ai due equilibri:

HOOC-COOH + H2O ⇌ HOOC-COO + H3O+   Ka1= 0.0537

HOOC-COO + H2O ⇌ OOC-COO + H3O+  Ka2 = 5.37 ∙ 10-5

L’acido ossalico si trova nelle arachidi, noci pecan, spinaci, rabarbaro, barbabietole, bietole, patate dolci, tè nero, frutti di bosco e cioccolato a cui conferisce un retrogusto amaro.

L’acido ossalico fu sintetizzato per la prima volta dal chimico tedesco Friedrich Wöhler nel 1824 per idrolisi del cianogeno secondo la reazione

C2N2 + 4 H2O → H2C2O4 + 2 NH3

L’acido ossalico può essere ottenuto dall’ossidazione del saccarosio, del glucosio e del glicole etilenico con acido nitrico in presenza di pentossido di bivanadio che agisce da catalizzatore.

L’acido ossalico è un riducente e può utilizzato quale standard primario per standardizzare una soluzione di permanganato di potassio con cui reagisce, in ambiente acido, secondo la reazione:

2 KMnO4 + 3 H2SO4 + 5 H2C2O4 → K2SO4 + 2 MnSO4 + 10 CO2 + 8 H2O

Durante la titolazione la colorazione del permanganato a contatto con l’acido ossalico scompare e il punto equivalente viene evidenziato dalla colorazione rosa pallido della soluzione che è dovuta a un lieve eccesso di permanganato.

L’acido ossalico reagisce con il pentacloruro di fosforo a una temperatura di 80-90 °C per dare ossicloruro di fosforo, cloruro di idrogeno, biossido di carbonio e monossido di carbonio secondo la reazione:

PCl5 + H2C2O4 → POCl3 + 2 HCl + CO + CO2

L’acido ossalico viene utilizzato per la rimozione della ruggine; esso è infatti in grado di ossidare lo ione Fe3+ a Fe2+ solubile in acqua secondo la reazione:

2 Fe3+ + H2C2O4 + 2 H2O → 2 Fe2+ + 2 CO2 + 3 H3O+

L’acido ossalico insieme all’ossalato di potassio reagiscono con bicromato di potassio per dare il complesso triossalatocromato di potassio, biossido di carbonio e acqua secondo la reazione:

7 H2C2O4 + 2 K2C2O4 + K2Cr2O7 → 2 K3[Cr(C2O4)3] + 6 CO2 + 7 H2O

L’acido ossalico reagisce con il biossido di manganese per formare l’ossalato di manganese (II) e biossido di carbonio secondo la reazione:

2 H2C2O4 + MnO2 → MnC2O4 + 2 CO2 + 2 H2O

I sali dell’acido ossalico, ad eccezione di quelli costituiti da metalli alcalini e ferro (II) sono scarsamente solubili in acqua. L’ossalato di calcio, infatti, è un sale poco solubile e è uno dei principali responsabili dei calcoli renali.

Gli ossalati dei metalli alcalini e alcalino-terrosi ad elevate temperature possono decomporsi nei corrispondenti carbonati e monossido di carbonio:

Na2C2O4 → Na2CO3 + CO

Usi:

L’acido ossalico viene utilizzato come agente riducente e sbiancante, mordente nell’industria della tintura e della stampa e nella raffinazione di metalli rari, per la preparazione di prodotti disincrostanti per radiatori di automobili, nell’ industria delle materie coloranti come intermedio e per salificare coloranti basici, nella pulitura del marmo.

L’acido ossalico è uno dei migliori principi attivi per combattere la varroa, acaro parassita che attacca le api ed è particolarmente apprezzato perché non lascia residui nella cera.

Equilibrio di ripartizione tra fasi. Esercizi

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Si supponga che due liquidi immiscibili, uno dei quali contiene un soluto solubile in entrambi i liquidi, entrino in contatto tra loro.

Si potrebbe ritenere che parte del soluto migri da una parte all’altra fino a quando non sia equamente distribuito in entrambe le fasi.

Tuttavia, se è presente, come di norma accade, una differenza di solubilità del soluto tra i due liquidi, il soluto migrerà nella fase in cui è più solubile fino al raggiungimento di uno stato di equilibrio. ùDette a e b le due fasi questo equilibrio è regolato da una costante Ka,b data dal rapporto tra la solubilità S del soluto nel liquido a e nel liquido b:

Ka,b = [S]a/[S]b

essendo Ka,b il coefficiente di ripartizione, detto anche coefficiente di distribuzione.

Tale fenomeno assume una particolare importanza in molti campi come quello farmaceutico e quello ambientale. Poiché i due liquidi sono immiscibili, infatti, si può ritenere che uno abbia carattere idrofilo e l’altro carattere idrofobo e si può quindi studiare come e dove si distribuisce elettivamente un farmaco con conseguenti implicazioni farmacodinamiche.

Analogamente si può studiare il diverso coefficiente di ripartizione di una sostanza inquinante come, ad esempio, il residuo di pesticidi, abitualmente liposolubili, possano essere assorbiti da organismi quali i pesci piuttosto che dalle acque marine dando luogo al fenomeno della biomagnificazione, processo in cui si verifica l’accumulo di sostanza dannose negli esseri viventi.

Il coefficiente di ripartizione viene utilizzato nelle tecniche cromatografiche e costituisce un mezzo per poter prevedere i tempi di ritenzione sulla base dell’affinità degli analiti con la fase stazionaria e la fase mobile.

Le tecniche estrattive sfruttano il coefficiente di ripartizione di una specie in due solventi diversi per separarla da altre sostanze. In laboratorio si può usare un imbuto separatore.

L’efficienza di un’estrazione dipende dal coefficiente di ripartizione e dai volumi delle due fasi liquide. La percentuale di sostanza estratta E è data da:

E = 100K/[K+ (Vaq/Vorg)]

Essendo Vaq il volume della fase acquosa e Vorg il volume della fase organica. Per i soluti in cui K è piccolo una serie estrazioni multiple aumentano l’efficienza della separazione.

Esercizi

  • Il coefficiente di ripartizione dello iodio tra acqua e solfuro di carbonio vale 650. Calcolare la concentrazione dello iodio in acqua dopo che 50.0 mL di una soluzione acquosa di iodio 0.10 M viene mescolata a 10.0 mL di solfuro di carbonio.

Le moli di iodio presenti nella soluzione acquosa sono 0.0500 L ∙ 0.10 M = 0.00500

Dopo che lo iodio si è ripartito tra le due fasi il numero di moli di iodio rimarrà ovviamente immutato.

Lette m1 le moli  di iodio presenti in acqua e dette m2 le moli di iodio presenti in solfuro di carbonio si ha:

650 = m2/ 0.0100 L / m1/0.0500 L = m2/ 0.0100 L ∙ 0.0500 L/m1 = 5 m2/m1

Poiché m1 + m2 = 0.00500 si ha che m2 = 0.00500 – m1 si ottiene:

650 = 5 (0.00500 – m1)/m1

650 m1 = 0.0250 – 5 m1

655 m1 = 0.0250

m1 = 3.82 ∙ 10-5

La concentrazione dello iodio presente in acqua è quindi pari a 3.82 ∙ 10-5/ 0.0500 L = 0.000763 M

  • Un campione di acqua contiene 10 mg di un pesticida alogenato e 10 mg di un erbicida ionico che possono essere separati per estrazione del pesticida in toluene. Sapendo che il coefficiente di ripartizione tra toluene e acqua è pari a 50 calcolare l’efficienza dell’estrazione nel caso di un’estrazione con 20 mL di acqua e 10 mL di toluene e nel caso in cui si adoperino 20 mL di acqua e 30 mL di toluene.

Nel primo caso E = 100 ∙ 50/[50 + (20/10) = 96.2% 

Nel secondo caso E = 100 ∙ 50/[50 + (20/30) = 98.7 %


Diluizione e grado di dissociazione. Esercizi

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Si definisce grado di dissociazione di un elettrolita e si indica con il simbolo α la frazione di moli di elettrolita che ha subito la dissociazione ovvero il rapporto fra le moli dissociate nd e quelle iniziali no:

α = nd/no

Il grado di dissociazione percentuale o percentuale di dissociazione è dato da 100 ∙ α.

Nel caso di un equilibrio acido-base la percentuale di dissociazione può essere calcolata noti la costante acida (o basica) e il pH della soluzione.

Il grado di dissociazione, così come la dissociazione percentuale variano al variare della concentrazione di un acido o di una base: gli acidi (o le basi) diluiti infatti si dissociano in misura maggiore degli acidi concentrati.

Si consideri infatti un acido debole HA avente costante di equilibrio Ka per il quale l’equilibrio di dissociazione è

HA ⇌ H+ + A

Detta C la concentrazione iniziale dell’acido all’equilibrio:

[HA] = C – Cα = C(1-α); [H+] = Cα; [A] = Cα

Sostituendo questi valori nella legge di azione di massa si ha:
Ka = [H+][A]/[HA] = (Cα)(Cα) / C(1-α) = C2α2/C(1-α) = Cα2/1-α

Per gli elettroliti deboli il grado di dissociazione è trascurabile rispetto a 1 quindi si può scrivere:

Ka = Cα2

Ovvero α = √Ka/C

Quindi il grado di dissociazione è inversamente proporzionale alla radice quadrata della concentrazione ovvero il grado di dissociazione di un acido debole aumenta quando la concentrazione diminuisce e quindi aumenta con la diluizione

Esercizi

Calcolare il grado di dissociazione di un acido debole per il quale Ka vale 9.2 ∙ 10-7 quando la concentrazione dell’acido è:

  1. 10 M
  2. 010 M 

Concentrazione iniziale dell’acido = 0.10 M; all’equilibrio: [HA] = 0.10-x; [H+] = x; [A] = xSostituendo questi valori nell’espressione della costante di equilibrio si ha:
Ka = 9.2 ∙ 10-7 = [H+][A]/[HA] = (x)(x)/ 0.10-xTrascurando la x sottrattiva al denominatore si ottiene:

Ka = 9.2 ∙ 10-7 = x2/0.10

9.2 ∙ 10-8 = x2

Da cui x = √9.2 ∙ 10-8 = 3.0 ∙ 10-4 avendo escluso la radice negativa che implicherebbe una concentrazione negativa.

Il grado di dissociazione α è dato da: α = 3.0 ∙ 10-4/ 0.10 =3.0 ∙ 10-3

Concentrazione iniziale dell’acido = 0.010 M; all’equilibrio: [HA] = 0.010-x; [H+] = x; [A] = x

Sostituendo questi valori nell’espressione della costante di equilibrio si ha:
Ka = 9.2 ∙ 10-7 = [H+][A]/[HA] = (x)(x)/ 0.010-x

Trascurando la x sottrattiva al denominatore si ottiene:

Ka = 9.2 ∙ 10-7 = x2/0.010

9.2 ∙ 10-9 = x2

Da cui x = √9.2 ∙ 10-9 = 9.6 ∙ 10-5 avendo escluso la radice negativa che implicherebbe una concentrazione negativa.

Il grado di dissociazione α è dato da: α = 9.6 ∙ 10-5/ 0.010 = 9.6 ∙ 10-3

Si noti che il grado di dissociazione nel secondo caso, corrispondente alla soluzione più diluita è maggiore rispetto a quello calcolato per la soluzione più concentrata.

Legame σ e π a confronto

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Secondo la teoria dell’orbitale molecolare si ha la formazione di un orbitale molecolare dalla combinazione lineare tra gli orbitali atomici appartenenti agli atomi che si legano tramite gli elettroni del loro strato più esterno.

La formazione di un orbitale molecolare, che porta all’abbassamento dell’energia potenziale del sistema, è data dalla sovrapposizione degli orbitali atomici in cui si trovano due elettroni a spin opposti che vengono così condivisi tra i due atomi.

La sovrapposizione degli orbitali atomici può avvenire in modi diversi e, conseguentemente, si hanno diversi tipi di legame.

Il legame di tipo σ si verifica quando la sovrapposizione dei due orbitali atomici avviene lungo la congiungente dei due nuclei con simmetria di tipo cilindrico.

Ad esempio dalla sovrapposizione dei due orbitali atomici 1s dell’atomo di idrogeno si ottiene l’orbitale molecolare σ

molecola h2

Il legame σ può avvenire, oltre che per sovrapposizione di due orbitali s, anche da altri tipi di sovrapposizione come:

  • s-px come ad esempio nella molecola HCl
  • spn-spn ovvero tra due orbitali ibridi sp3 come nel caso del legame tra i due atomi di carbonio presenti nell’etano, tra due orbitali ibridi sp2 come nel caso dell’etene o di due orbitali ibridi sp come nell’etino
  • spn-s ovvero tra un orbitale ibrido e un orbitale s come nel caso del metano
  • tra due orbitali p come nel caso di Cl2

Il legame π si forma per sovrapposizione laterale di due orbitali atomici di opportuna simmetria e avviene perpendicolarmente all’asse che unisce i due nuclei, ovvero sopra e sotto i medesimi. Il legame π può avvenire per sovrapposizione laterale di due orbitali p.

orbitale pi

Vengono riassunti, in tabella, le principali differenza tra il legame σ e il legame π

Legame σ Legame π
La sovrapposizione dei due orbitali atomici avviene lungo la congiungente dei due nuclei La sovrapposizione dei due orbitali atomici avviene perpendicolarmente all’asse che unisce i due nuclei
Gli elettroni sono distribuiti nello spazio lungo l’asse che congiunge i due nuclei Gli elettroni sono distribuiti al di sopra e al di sotto l’asse che congiunge i due nuclei
Vi è libertà di rotazione intorno al legame Non vi è libertà di rotazione intorno al legame
Tra due atomi vi può essere un solo legame σ Tra due atomi può essere presente più di un legame π
Il legame σ è il primo a formarsi e ha bassa energia Il legame π si forma dopo che si è formato un legame σ e ha maggiore energia

 

Acido succinico

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L’acido 1,4-butandioico noto come acido succinico è un acido bicarbossilico avente formula HOOC-CH2-CH2-COOH che veniva detto  “spirito d’ambra” in quanto era estratto per distillazione dall’ambra dopo averla polverizzata.

L’acido succinico dà luogo a due equilibri di dissociazione in acqua:

HOOC-CH2-CH2-COOH + H2O ⇌ HOOC-CH2-CH2-COO + H3O+    pKa1= 4.3

HOOC-CH2-CH2-COO + H2O ⇌ OOC-CH2-CH2-COO + H3O+        pKa2= 5.6

La sintesi dell’acido succinico viene fatta con reagenti che utilizzano combustibili fossili, ma nell’ambito della Green Chemistry esso può essere ottenuto dalla fermentazione di biomasse commestibili come gli zuccheri ma desta maggior interesse la sintesi da biomasse non commestibili quali la cellulosa

1) per idrogenazione dell’acido maleico

sintesi acido succinico da acido maleico

2) per reazione con acqua dell’anidride succinica

sintesi acido succinico da anidride succinica

3) dalla fermentazione degli zuccheri

sintesi acido succinico da zuccheri

4) dall’acido 4-ossopentanoico noto come acido levulinico ottenuto a sua volta dalla cellulosa

sintesi da acido levulinico

Reazioni

L’acido succinico costituisce il composto di partenza per l’ottenimento di molti prodotti di interesse industriale.

Dalla condensazione dell’acido succinico con urea si ottiene la succinimmide utilizzata nella preparazione di derivati alogenati dotati di proprietà germicide.

Dall’ossidazione dell’acido succinico si ottiene l’acido fumarico utilizzato in campo farmaceutico nel trattamento della psoriasi, in campo alimentare come regolatore dell’acidità e nella fabbricazione di poliesteri e polialcoli.

Dall’acido succinico possono essere ottenuti, per esterificazione i diesteri. In particolare il dietilsuccinato può condensare secondo la condensazione di Stobbe con aldeidi o chetoni in presenza di una base forte come il t-butossido per dare itaconati ovvero sali dell’acido itaconico che è un acido bicarbossilico insaturo.

I succinati, sali derivanti dall’acido succinico, vengono utilizzati per ottenere l’1,4-butandiolo, l’anidride maleica, il 2-pirrolidone e il tetraidrofurano.

reazioni acido succinico

L’acido succinico trova largo utilizzo in ambito farmaceutico, alimentare e, grazie alla presenza di due gruppi funzionali, nella produzione di polimeri quali resine alchidiche oltre che dei poliesteri.

Oltre che come precursore di molte sintesi, l’acido succinico viene utilizzato per ottenere solventi, vernici, plastificanti, inchiostri, profumi e una vasta gamma di prodotti di consumo.

Equilibrio con due soluzioni positive

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Quando si risolve un esercizio sull’equilibrio chimico spesso ci si imbatte nella risoluzione di equazioni di secondo grado.

Spesso la loro soluzione può essere evitata facendo delle approssimazioni; ad esempio se si vuole trovare la concentrazione dello ione H+ derivante dalla dissociazione dell’acido acetico (Ka = 1.8 ∙ 10-5) presente in una soluzione 0.10 M sapendo che, all’equilibrio, [H+]=[CH3COO] = x e [CH3COOH] = 0.10 –x

Sostituendo questi valori nell’espressione della costante di equilibrio si ha:

Ka = 1.8 ∙ 10-5 = [H+][CH3COO]/[CH3COOH] = (x)(x)/0.10-x

che è un’equazione di 2°.

Tuttavia si può riscontrare che, trascurando la x sottrattiva presente al denominatore, l’equazione si riduce a 1.8 ∙ 10-5 = x2/0.10 ovvero 1.8 ∙ 10-6 = x2 ovvero di un’equazione di secondo grado mancante del termine di primo grado. Estraendo la radice si ottengono due radici: x1 = 0.0013 e x2 = – 0.0013. Quest’ultima radice va scartata in quanto non può esistere una radice negativa pertanto [H+]= 0.0013 M.

In altri casi si può procedere a semplificazioni di tipo matematico; ad esempio se si vogliono calcolare le concentrazioni delle specie all’equilibrio della reazione H2 + I2 ⇌ 2 HI nell’ipotesi che le concentrazioni iniziali di H2 e di I2 siano entrambe 0.200 M sapendo che Kc alla temperatura a cui avviene la reazione vale 64.0 si procede nella risoluzione sapendo che [H2]=[I2] = 0.200-x e che [HI]= 2x.

Sostituendo questi valori nell’espressione della Kc si ha:

Kc = 64.0 = [HI]2/[H2][I2] = (2x)2/(0.200-x)(0.200-x) = (2x)2/(0.200-x)2

Questa equazione di 2° può essere ricondotta a un’equazione di 1° estraendo la radice da ambo i membri:

8.0 = 2x/0.200-x

Ovvero 1.6 – 8.0x =2x da cui 1.6 = 10 x e quindi x = 0.16

Se si fosse risolta l’equazione di 2° si sarebbero ottenute due radici ovvero x1 =0.16 e x2 = – 0.16, ma, come prima la radice negativa va scartata.

Vi sono poi casi in cui non si può fare a meno di risolvere l’equazione di 2° e, nella maggior parte di essi una delle due radici è negativa e va scartata.

Si presentano anche casi in cui le radici sono entrambe positive quindi bisogna ragionare quale di esse va scartata.

Esercizi

  • Per la reazione A + B ⇌ C + D la costante Kc ad una certa temperatura vale 49.0. Calcolare le concentrazioni delle specie all’equilibrio se la concentrazione iniziale di A è 0.300 M e quella di B è 0.100 M.

All’equilibrio: [A] = 0.300-x; [B] = 0.100-x; [C]=[D] = x

Sostituendo questi valori nell’espressione di Kc si ha:

Kc = 49.0 = [C][D]/[A][B] = (x)(x)/ (0.300-x)(0.100-x)

Si deve quindi risolvere l’equazione non potendo fare alcuna approssimazione:

49.0 = x2/ x2 – 0.400x + 0.0300

Moltiplicando ambo i membri per il denominatore si ha:

49 x2 – 19.6 x + 1.47 = x2 ovvero:

48 x2 – 19.6 x + 1.47 = 0

x = 19.6 ±√(-19.6)2 – 4(48)(1.47)/ 96

Si ha: x1 = 0.309 e x2 = 0.0990 che sono entrambe positive.

Tra queste due soluzioni dell’equazione solo una ha un significato fisico infatti la radice 0.309 non può essere presa in considerazione in quanto sia 0.300- 0.309 che 0.100-0.309 sono valori inferiori a zero. Quindi l’unica radice che può essere considerata è 0.0990. Si ha pertanto:

[A] = 0.300-0.0909 = 0.209 M ; [B] = 0.100- 0.0909 = 0.0091 M; [C]=[D] = 0.0909 M

2)  Per la reazione COCl2 ⇌ CO + Cl2 la costante Kc ad una certa temperatura vale 0.680. Calcolare le concentrazioni delle specie all’equilibrio se la concentrazione iniziale di CO è 0.500 M e la concentrazione iniziale di Cl2 vale 1.00 M

Essendo presenti, all’inizio della reazione, solo i reagenti la reazione decorre verso sinistra e all’equilibrio:

[CO] = 0.500-x; [Cl2] = 1.00-x; [COCl2] = x

Sostituendo questi valori nell’espressione della costante di equilibrio si ha:

Kc = 0.680 = [CO] [Cl2]/[COCl2] = (0.500-x)(1.00-x)/x

Si deve quindi risolvere l’equazione non potendo fare alcuna approssimazione:

0.680 = x2– 1.5 x+0.5/x

Moltiplicando ambo i membri per x si ha:

0.680 x = x2-1.25 x+0.5

x2– 2.18 x+ 0.5 = 0

x = 2.18 ±√(2.18)2 – 4(0.5)/2

Si ha x1 = 1.92 e x2 = 0.260 che sono entrambe positive.

Tra queste due soluzioni dell’equazione solo una ha un significato fisico infatti la radice 1.92 non può essere presa in considerazione in quanto sia 0.500-1.92 che 1.00-1.92 sono valori inferiori a zero. Quindi l’unica radice che può essere considerata è 0.260.

[CO] = 0.500-0.260 = 0.240 M ; [Cl2] = 1.00-0.260 = 0.740 M; [COCl2] = 0.260 M

 

Smeraldo

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Lo smeraldo è una varietà di berillio di colore verde a cui fin dall’antichità venivano attribuiti poteri magici e portentose virtù. Le antiche civiltà scoprirono lo smeraldo in Africa, Asia e Sud America e apprezzarono le caratteristiche della pietra preziosa di colore verde prevalentemente di origine metamorfica.

Attualmente lo smeraldo, insieme al rubino e allo zaffiro costituisce la triade delle pietre di colore di maggior pregio. Lo smeraldo viene estratto negli Urali, Brasile, Zimbawe, Sud Africa, Austria, ma a migliore qualità di smeraldo viene estratta dalle miniere della Columbia.

Lo smeraldo che ha un grado di durezza nella scala di Mohs pari a 8 è un sale misto e precisamente un silicato di berillio e alluminio con formula [Be3Al2(SiO3)6] che cristallizza nel sistema cristallino esagonale.

Quando è puro il composto si presenta incolore ed è detto goshenite dalla città statunitense Goshen; piccole quantità di cromo o vanadio portano alla colorazione verde.

Tracce di ferro portano ad una colorazione verde-bluastro o giallo-verde a seconda del numero di ossidazione del ferro.

Nonostante l’elevato grado di durezza lo smeraldo tende ad avere problemi di durata in quanto nella gran parte dei casi contiene numerose inclusioni e fessure che raggiungono la sua superficie con conseguente indebolimento della pietra che è quindi soggetta a rottura.

Per migliorare l’aspetto, la maggior parte degli smeraldi tagliati sono trattati con oli, cere, polimeri, fondenti o altre sostanze che penetrano nelle fratture e le rendono meno evidenti.

Sebbene questi trattamenti possano migliorare l’aspetto, spesso non migliorano la durata della gemma e possono scolorirsi o deteriorarsi nel tempo. La scarsa uniformità della superficie dello smeraldo spinge i tagliatori di gemme a tagliarli nei cabochon ovvero privi di sfaccettature.

L’elevato costo dello smeraldo è dovuto, oltre che al suo fascino innegabile, alla sua rarità: essendo infatti un sale di berillio, elemento poco diffuso della crosta terrestre, i minerali che lo contengono sono rari.

Come la gran parte delle pietre preziose anche lo smeraldo è stato ottenuto tramite metodi sintetici sin dalla metà del XIX secolo ma fu solo nel 1930 che il chimico statunitense Carroll Chatham riuscì a produrlo in quantità elevate partendo da cristalli di berillio.

Attualmente lo smeraldo sintetico è prodotto principalmente con due tecniche: fusione con fondente e idrotermale.

Gli smeraldi ottenuti con il metodo di fusione con fondente, che presentano caratteristiche molto simili a quello naturale, vengono sintetizzati utilizzando ossido di berillio BeO, ossido di alluminio Al2O3 e tracce di ossido di cromo (III) Cr2O3 per conferire la colorazione verde; essi vengono posti in un crogiolo di platino e solubilizzati in un flusso di molibdato di litio Li2MoO4.

Viene aggiunta la silice che, essendo meno densa, tende a disporsi in superficie mano a mano che viene aggiunta. La silice pertanto si diffonde gradualmente incontrando e interagendo con gli ossidi di berillio e alluminio formando il sale.

Comunque la si veda non si può negare che lo smeraldo ottenuto sia in natura che in laboratorio è uno splendido esempio di come le specie chimiche reagiscono tra loro e si trasformino.

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