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Channel: Chimica – Chimicamo
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Polivinilcloruro

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Il polivinilcloruro noto come PVC è un polimero termoplastico tra i più versatili che trova largo uso nel settore delle costruzioni ad esempio in tubi, grondaie e pavimenti di vinile, nell’industria automobilistica, per i giocattoli, per gli imballaggi e nel campo medico: è infatti usato, tra l’altro, nei sistemi di drenaggio, nelle sacche di fluido, contenitori.  Il PVC ha infatti eccellenti proprietà di isolamento elettrico e buona resistenza agli urti e alle sostanze chimiche. E’ intrinsecamente ignifugo, ma ad esso possono essere comunque aggiunti, in casi particolari, ritardanti di fiamma.

La versatilità del PVC è dovuta al fatto che esso è compatibile con diversi tipi di additivi come i plastificanti che lo rendono flessibile; si distingue infatti il PVC-U ovvero quello non plastificato da quello plastificato che hanno caratteristiche e usi diversi.

Il monomero di partenza è il cloroetene più noto come vinilcloruro (VCM) o cloruro di vinile avente formula C2H3Cl, alchene con struttura:

vinilcloruro

L’etene o etilene viene ottenuto a livello industriale dal cracking termico del gas naturale, dell’etano e di altri idrocarburi ad alto peso molecolare e dal suo isolamento dai gasi ottenuti nei processi di cracking e reforming nell’ambito dell’industria petrolchimica.

Il cloroetene viene ottenuto in più stadi: nel primo stadio si ottiene l’1,2-dicloroetano.

Quest’ultimo può essere sintetizzato in due modi.

1)      Per clorurazione dell’etene che avviene secondo la reazione:

CH2=CH2 + Cl2 → ClCH2CH2Cl

La reazione è esotermica ed ha una variazione di entalpia pari a ΔH = – 218 kJ/mol

2)      Per ossiclorurazione dell’etene in presenza di acido cloridrico e ossigeno secondo la reazione:

CH2=CH2 +2 HCl +1/2  O2 → ClCH2CH2Cl + H2O

La reazione è esotermica ed ha una variazione di entalpia pari a ΔH = – 238 kJ/mol

Il vinilcloruro viene quindi ottenuto dal l’1,2-dicloroetano tramite cracking termico in cui alla temperatura di 500°C e alla pressione di 15-30 atm l’1,2-dicloroetano si decompone in cloruro di vinile e HCl secondo la reazione:

ClCH2CH2Cl → CH2=CHCl + HCl

La reazione è endotermica ed ha una variazione di entalpia pari a ΔH = + 71 kJ/mol

La polimerizzazione del cloruro di vinile avviene secondo un meccanismo radicalico che prevede una fase iniziale detta di iniziazione in cui si forma un radicale a partire, ad esempio, da un perossido per riscaldamento o in presenza di luce secondo la reazione:

R-O-O-R → 2 RO∙

Il radicale formatosi nella fase preliminare detta di iniziazione reagisce con il cloruro di vinile per dare un carbonio radicalico:

Il carbonio radicalico formatosi reagisce con un’altra molecola di cloruro di vinile per dare un altro radicale con maggior peso molecolare. Tale processo detto di propagazione si ripete n volte per dare una lunga catena polimerica.

PVC

Quando un radicale collide con un altro radicale sia esso RO∙ che un carbonio radicalico ha luogo la terminazione e si è formato il PVC che può essere rappresentato come:

PVC

La reazione di polimerizzazione è esotermica pertanto, per disperdere il calore prodotto dalla reazione, questa viene condotta in soluzione, in emulsione o in sospensione; in modo che il mezzo liquido,  evaporando, sottrae calore al sistema.

Al termine delle reazioni di polimerizzazione il PVC si presenta come polvere o come granulato bianco che viene poi sottoposto alla tecnologia più opportuna sulla base delle caratteristiche e delle forme richieste.

Oltre a tutte le applicazioni in cui il PVC viene utilizzato non possono essere dimenticati i dischi in vinile che hanno accompagnato con le loro note i momenti migliori dei giovani degli anni ’60. Solo negli anni ’80 furono soppiantati dalle musicassette che a loro volta, negli anni ’90 cedettero il passo ai CD.

La produzione di PVC ebbe inizio, in Italia, a Porto Marghera, agli inizi degli anni ’50 ma se da un lato ha portato indubbi benefici all’economia della nazione, dall’altro ha provocato un notevole impatto ambientale e soprattutto ha cagionato la morte a molti degli operai che avevano contatto con il VCM.

La letteratura scientifica già nel 1974 evidenziò che il VCM era responsabile dell’angiosarcoma nel fegato e successivamente fu dimostrata la sua cancerogenicità in altri organi quale cervello e polmone.

Attualmente vengono pertanto adottate misure di sicurezza atte a scongiurare qualunque pericolo per i lavoratori e per l’ambiente.


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