L’industria alimentare si occupa di lavorare prodotti provenienti da varie attività primarie come agricoltura, pesca e allevamento per trasformarli in prodotti da destinare al mercato.
Tramite diverse tecniche gli alimenti possono essere conservati per un tempo più o meno lungo mantenendo inalterate le loro proprietà chimiche, fisiche e nutrizionali.
Uno degli obiettivi dell’industria alimentare è quello di ottenere prodotti che abbiano una lunga data di scadenza ovvero che abbiano un lungo tempo di conservazione prima che intervengano le cause naturali di deperimento.
I lipidi sono contenuti in molti prodotti dell’industria alimentare o perché presenti naturalmente nei cibi o perché vengono aggiunti ad essi in quanto conferiscono sapore migliorando ed esaltando le proprietà organolettiche degli alimenti.
Tuttavia i lipidi sono tra le sostanze chimiche più altamente instabili in quanto possono dar luogo a molte reazioni con formazione di sostanze che compromettono il sapore del cibo ma soprattutto sono dannose alla salute.
I lipidi infatti sono suscettibili di processi ossidativi dovuti a luce, calore, enzimi, metalli, metalloproteine e microrganismi con conseguente alterazione del sapore, perdita di amminoacidi essenziali e di vitamine liposolubili.
Il processo più comune di ossidazione è dovuto alla degradazione ossidativa di acidi grassi a diverso grado di saturazione nota come perossidazione lipidica dovuta alle specie reattive contenenti ossigeno come perossidi o radicali.
La degradazione ossidativa è di tipo radicalico; nella fase di iniziazione il radicale idrossile ∙OH formato nella reazione di Fenton estrae un atomo di idrogeno in posizione α rispetto a un doppio legame con formazione di un radicale altamente instabile.
Nella fase di propagazione il radicale reagisce con l’ossigeno per dare un radicale perossidico che nella fase di terminazione dà luogo alla formazione di vari composti tra cui aldeidi, chetoni, alcoli, lipidi polimerici e prodotti tossici.
Per prevenire l’irrancidimento dei lipidi vengono usati antiossidanti che inibiscono o ritardano tali processi come tocoferoli, acido ascorbico, lattato o citrato di sodio e fosfati.
Uno dei metodi particolarmente usati dall’industria alimentare consiste nella parziale saturazione dei doppi legami che intervengono nell’ossidazione dei lipidi tramite l’idrogenazione ottenendo prodotti in cui fra l’altro la percentuale della forma trans è molto alta rispetto ai lipidi naturali che si trovano abitualmente nella forma cis.
Studi risalenti già a oltre venticinque anni fa hanno dimostrato che i gassi trans aumentano il livello di colesterolo LDL e diminuiscono quello di HDL con conseguenti rischi di patologie cardiovascolari.
I grassi trans vengono utilizzati in molti alimenti quali biscotti, patatine, torte, cracker, snack per conferire oltre che un tempo più lungo di scadenza anche una maggiore consistenza dal momento che i grassi idrogenati sono semisolidi rispetto a quelli non idrogenati che sono liquidi.
I prodotti ottenuti quindi tramite il processo di idrogenazione se da un lato presentano il vantaggio di degradarsi in tempi più lunghi con un abbattimento enorme dei costi dall’altro costituiscono un serio rischio per la salute.
Si tenga presente che in Italia, contrariamente agli USA dove dal 2006 è obbligatorio mettere in etichetta la quantità di grassi idrogenati, in Italia non vi è nessuna legge specifica che obbliga il produttore ad indicare la loro presenza in etichetta.
Inoltre poiché il processo di idrogenazione avviene in presenza di un catalizzatore ed in particolare il Nichel Raney i prodotti contenenti grassi idrogenati contengono tracce di nichel che costituisce un serio problema per le persone che manifestano allergia a questo metallo.