
La fotopolimerizzazione è un processo innescato da luce U.V. o visibile per indurre la rapida trasformazione di monomeri fotosensibili, monofunzionali o multifunzionali reattivi, oligomeri o polimeri liquidi in sostanze solide. Grazie alle sue vaste applicazioni in campo industriale e all’enorme potenziale nella produzione semplice e veloce di materiali con proprietà speciali, la fotopolimerizzazione costituisce un’importante area della ricerca scientifica.
La fotopolimerizzazione offre vantaggio di poter ottenere materiali che possono essere polimerizzati con una velocità di reazione facilmente manipolabile attraverso la combinazione di varie condizioni di polimerizzazione come intensità e lunghezza d’onda, temperatura, struttura del monomero e concentrazione di fotoiniziatori, molecole che assorbono la luce e formano specie reattive, come radicali, cationi o anioni, che avviano reazioni successive.
Il vantaggio principale della fotopolimerizzazione è la capacità di polimerizzare formulazioni prive di solventi in frazione di secondi tramite un processo che è più rapido e più efficiente dal punto di vista energetico rispetto alla polimerizzazione indotta termicamente.
Rispetto alla polimerizzazione termica, le fotopolimerizzazioni raggiungono conversioni più elevate e il calore istantaneamente sviluppato dalla reazione esotermica determina un aumento della temperatura del campione e quindi contribuisce a un grado finale di conversione più elevato.
Un altro vantaggio della fotopolimerizzazione risiede nella possibilità di ottenere una polimerizzazione a temperatura ambiente evento particolarmente importante per i materiali sensibili al calore. Inoltre, l’aumento di temperatura risultante dalla natura esotermica della reazione può essere controllato modificando l’intensità di irradiazione e la lunghezza d’onda
Meccanismo della fotopolimerizzazione
Le resine fotopolimerizzabili possono essere divise in tre classi principali, che differiscono fondamentalmente per il loro meccanismo di polimerizzazione ovvero polimerizzazioni radicaliche fotoiniziate come le polimerizzazioni di acrilati, polimerizzazioni cationiche fotoiniziate come le polimerizzazioni di epossidi, lattoni ed eteri vinilici, che sono inattivi verso i radicali e polimerizzazioni anioniche come la polimerizzazione dell’etil-2-cianoacrilato (ECA) utilizzando nitruro di carbonio grafitico 2D (C3N4) come fotocatalizzatore attivo sensibile alla luce visibile.
A differenza della polimerizzazione radicalica e cationica, ci sono poche segnalazioni di applicazioni commerciali della polimerizzazione anionica. Tuttavia, a causa dei monomeri tipici impiegati nella polimerizzazione anionica e del controllo sull’entità della polimerizzazione offerta da questa tecnica, questa la rende molto attraente per applicazioni funzionali.
Un fattore decisivo nelle fotopolimerizzazioni è il grado di polimerizzazione raggiunto, poiché influenza significativamente le proprietà meccaniche dei polimeri. Il grado di polimerizzazione è zero all’inizio della reazione di crescita della catena o di reticolazione e aumenta con il tempo nel corso del processo di fotopolimerizzazione a causa della crescita delle catene polimeriche.
Fotoiniziatori
I fotoiniziatori sono molecole che assorbono fotoni quando vengono irradiate con la luce e formano specie reattive allo stato eccitato, che avviano reazioni consecutive. Le specie iniziali possono essere radicali, cationi o anioni.

I fotoiniziatori assorbono la luce nell’intervallo spettrale ultravioletto-visibile, generalmente 250-450 nm, e convertono questa energia luminosa in energia chimica sotto forma di intermedi reattivi, come radicali liberi e cationi reattivi, che successivamente avviano la fotopolimerizzazione.
Un fotoiniziatore deve presentare diverse proprietà, tra cui un elevato assorbimento alla lunghezza d’onda di esposizione e alto coefficiente di estinzione molare, elevata resa nella formazione delle specie iniziatrici e elevata reattività del radicale verso il monomero.
È necessario ottimizzare la concentrazione del fotoiniziatore infatti una quantità insufficiente di fotoiniziatore può causare una polimerizzazione lenta e incompleta, mentre una quantità eccessiva di fotoiniziatore blocca la luce UV e causa una polimerizzazione scarsa.
I due tipi più comuni di fotoiniziatori sono i radicali liberi e i fotoiniziatori cationici. I fotoiniziatori a radicali liberi possono essere suddivisi in due classi. Alla prima classe appartengono i fotoiniziatori che subiscono una scissione del legame unimolecolare per creare radicali liberi come benzoino, i suoi derivati, i dialcossi acetofenoni, gli amminoalchil fenoni e i bisacile fosfinossidi . Il principale svantaggio dei fotoiniziatori di tipo I è il loro consumo irreversibile durante la fotopolimerizzazione
I fotoiniziatori di tipo II come antrachinoni, benzile, canforochinone e benzofenoni/ammine subiscono una reazione bimolecolare per creare radicali liberi in combinazione con donatori di protoni. La scissione fotolitica di tali composti in presenza di un donatore di idrogeno produce un radicale chetilico e un radicale aggiuntivo dedotto dal donatore di idrogeno
I fotoiniziatori cationici sono spesso usati per formulazioni con alcune resine tra cui le resine epossidiche. Quando un fotoiniziatore cationico assorbe la luce U.V., viene convertito in un acido di Lewis così chiamati in onore del chimico fisico americano Gilbert N. Lewis o di Brønsted-Lowry da Johannes Nicolaus Brønsted e Thomas Martin Lowry che inizia la polimerizzazione.
I fotoiniziatori cationici possono continuare a polimerizzare dopo essere stati esposti alla luce e non sono influenzati dall’ossigeno. Ciò consente tempi di polimerizzazione altamente efficienti e può essere un vantaggio rispetto ai radicali liberi durante il processo di fotopolimerizzazione. L’uso di fotoiniziatori cationici per rivestimenti epossidici in genere fornisce una forte adesione, elevata lucentezza, chiarezza e resistenza a sostanze chimiche e abrasione.
I fotoiniziatori cationici sono ampiamente utilizzati nella stampa di inchiostri e vernici di sovrastampa come il rivestimento di lattine, il rivestimento di metalli industriali, il rivestimento di bobine, l’imballaggio, il rivestimento duro di vetro, il rivestimento di fibre ottiche, il rivestimento di unghie. I fotoiniziatori cationici sono ideali per questi rivestimenti grazie al loro basso restringimento dopo la polimerizzazione, all’adesione superiore, all’elevata resistenza chimica e all’assenza di inibizione dell’ossigeno.
Fotopolimerizzazione radicalica
In linea di principio, i fotoiniziatori radicalici sono composti che si decompongono in radicali durante l’esposizione a luce U.V. o a luce visibile. Assorbendo l’energia della radiazione, gli elettroni π del fotoiniziatore vengono eccitati a un livello superiore. Lo stato eccitato π* ha solo una breve durata di vita sufficiente, tuttavia, affinché la molecola si decomponga in radicali.

Acrilati o metacrilati sono una classe di composti che viene più comunemente polimerizzata utilizzando la tecnologia di polimerizzazione radicalica, costituendo una delle classi di polimeri più abbondantemente prodotte.
I metacrilati sono tra i monomeri più reattivi nelle reazioni di fotopolimerizzazione radicalica. Questa elevata reattività e diversità di strutture chimiche forniscono una varietà di proprietà meccaniche, fisiche, chimiche e ottiche; i polimeri e i copolimeri corrispondenti sono utilizzati in un’ampia gamma di applicazioni come rivestimenti e adesivi
La fotopolimerizzazione radicalica degli acrilati avviene in più stadi. Durante l’iniziazione avviene la decomposizione dell’iniziatore con formazione di radicali. Questo stadio inizia generalmente con la frammentazione di un fotoiniziatore o un monomero acrilato in seguito all’esposizione alle radiazioni.
Questi radicali sono in grado di legarsi al gruppo vinilico del metacrilato, portando al radicale di inizio e dando luogo alla fase di propagazione nel corso della quale viene prodotta una specie radicalica di peso molecolare maggiore, che può dare ulteriori reazioni di addizione.
Quando un radicale libero reagisce con un monomero, trasferisce il suo centro attivo al monomero e avvia un macroradicale, a cui vengono aggiunti successivamente monomeri. Nella fase di terminazione ai processi i centri radicali reattivi sulle molecole polimeriche, così come i radicali, vengono terminati tramite reazione con un radicale libero o con un radicale che si trova su una catena.
In presenza di ossigeno, le reazioni di propagazione e terminazione sono inibite poiché l’ossigeno agisce come uno scavenger di radicali, ovvero può reagire con i radicali e riduce la quantità dei radicali portando a una cinetica lenta o persino all’inibizione della polimerizzazione
Fotopolimerizzazione cationica
Le resine fotopolimerizzabili che vengono polimerizzate secondo un meccanismo di fotopolimerizzazione cationica si comportano in modo diverso rispetto a quelle polimerizzate secondo un meccanismo a radicali liberi. Nelle formulazioni di fotopolimerizzazione cationica vengono utilizzati diversi fotoiniziatori e materiali monomerici.
I fotoiniziatori cationici sono tipicamente sali di diazonio, sali di diariliodonio, sali di triarilsolfonio, sali di alchilsolfonio, sali di arene di ferro, sulfonilossichetoni e triarilsilossisilossani. I monomeri utilizzati per la fotopolimerizzazione cationica sono principalmente composti epossidici, eteri vinilici, lattoni, acetali e eteri ciclici.

La fotopolimerizzazione cationica ha avuto il suo progresso a partire dagli anni ’70 dello scorso secolo grazie alla scoperta dei generatori fotoacidi, che, una volta illuminati, subiscono reazioni o dissociazioni in cui i fotoprodotti finali formati includono specie acide, sia in soluzione che allo stato solido.
La forza dell’acido è la chiave per stabilire se la fotopolimerizzazione cationica può aver luogo infatti, se l’acido non è sufficientemente forte, la sua base coniugata è un forte nucleofilo e si combina facilmente con il centro cationico del carbonio impedendone la polimerizzazione.
Le reazioni di polimerizzazione cationica hanno luogo con la fase di inizio, durante la quale vengono prodotti centri attivi. La fase di fotoiniziazione è l’unica fase nella fotopolimerizzazione cationica che dipende dalla luce. Una volta prodotti i centri attivi, si propagano tramite reazioni di polimerizzazione senza ulteriori interazioni con la luce.

Il meccanismo di fotopolimerizzazione cationica è coerente con la polimerizzazione a catena con fasi di inizio, propagazione, terminazione e trasferimento di catena e avviene con il trasferimento di una carica da monomero a monomero durante la fase di propagazione della catena.
Il meccanismo di polimerizzazione cationica per l’ossido di etilene, comune a qualsiasi materiale a base di epossidi, inizia con la protonazione di un gruppo epossidico dall’acido fotogenerato. Nella fase successiva si verifica l’apertura dell’anello del gruppo epossidico protonato e il trasferimento della carica a un nuovo gruppo epossidico. Nella fase di propagazione avviene la continua crescita della catena fino a quando tutti i monomeri non vengono consumati, la carica viene trasferita a un’altra catena o la reazione viene terminata